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Metà in classe, metà a casa così si ripartirà a settembre `

A settembre tutti a scuola ma la didattica a distanza resta e sarà fondamentale nella vita della classe, che potrebbe dividersi: metà tra i banchi e metà a casa

03/05/2020
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Il Messaggero

A settembre tutti a scuola ma la didattica a distanza resta e sarà fondamentale nella vita della classe, che potrebbe dividersi: metà tra i banchi e metà a casa. Quindi gli alunni, a turno, resteranno a casa e le famiglie dovranno organizzarsi: sia per i giorni in cui i ragazzi non andranno a scuola sia per poter contare sulla disponibilità di tablet e computer. Altrimenti troppi ragazzi resteranno disconnessi dalla lezione.
LE TUTELELe intenzioni del ministero dell'istruzione sono chiare: la campanella, a settembre, deve tornare a suonare, sempre con le tutele previste. Come potranno allora i dirigenti scolastici garantire la sicurezza dei ragazzi e dei docenti in classi sovraffollate dove il distanziamento di un metro o due è improponibile? Il problema è serio, visto che l'età media dei docenti italiani supera i 50 anni e che gli studenti sono circa 8 milioni e hanno alle spalle altrettante famiglie o poco meno.
Per tornare in aula, sempre che il Covid-19 lo permetta, si potrebbe entrare a targhe alterne vale a dire che le classi pollaio sono bandite e dovranno dividersi in gruppi da 10 alunni, al massimo 12: chi in presenza tra i banchi e chi a casa, a seguire le lezioni online. I turni potranno essere di una settimana o anche di due o tre giorni, per far sì che tutti abbiano il contatto diretto con la scuola. La fase 2 della scuola, quindi, passa da didattica a distanza a didattica mista. Lo ha ribadito ieri anche la ministra Lucia Azzolina che in un'intervista a Skytg24 ha assicurato che torneranno tra i banchi anche i più piccoli: «Si deve tornare a scuola, gli studenti hanno diritto di tornare a scuola e questo vale anche per le scuole elementari. L'ipotesi è quella di dividere le classi: una metà degli studenti per metà settimana andrebbe a scuola, poi l'altra metà. Gli studenti che sono a distanza restano collegati, così la socialità resta».
Per restare collegati servono tablet o computer per tutti. Nei prossimi 4 mesi, quindi, la scuola deve risolvere il problema del digital device che in questo periodo di chiusura delle scuole ha rimarcato la distanza tra famiglie che posseggono strumenti digitali per la didattica online e altre che ne restano totalmente fuori. Il ministero di viale Trastevere ha stanziato fondi per l'acquisto di pc o tablet che le scuole devono dare in comodato d'uso alle famiglie in difficoltà. I fondi stanno arrivando ma i problemi sono tanti, dalle famiglie disagiate a quelle con più figli a cui fornire un tablet. Parte ora una corsa contro il tempo per permettere alle scuole di riaprire, il 1 settembre, senza lasciare indietro nessuno. E allora il mondo della scuola lancia un appello agli uffici pubblici e privati: «Gli istituti scolastici stanno fornendo ai ragazzi i computer dei laboratori e delle segreterie, ormai non ce ne sono più spiega la maestra Barbara Riccardi, ambasciatrice del Global Teacher Prize premio nobel per l'insegnamento chiediamo a tutte le aziende, gli uffici, i Ministeri, gli enti privati che devono dismettere computer, pc, cellulari, ormai obsoleti, di donarli alle scuole. A noi andranno benissimo».
LA MATURITÀMa le scuole si stanno preparando per riaprire le porte ai ragazzi anche prima, in occasione della maturità che partirà il 17 giugno quando mezzo milione di studenti e migliaia di docenti svolgeranno l'esame di Stato in presenza, probabilmente senza mascherina in aule ampie da garantire il distanziamento. Non solo, le scuole potrebbero accogliere i bambini con i centri estivi, organizzati nei cortili degli istituti: «Se dal 4 maggio torniamo a lavorare - ha spiegato Azzolina - dovremmo dare delle risposte alle famiglie subito. Per questo insieme alla ministra Bonetti e altri ministri del governo stiamo lavorando a un protocollo che sottoporremo anche al Comitato tecnico scientifico per far sì che piccoli gruppi di bambini possano essere seguiti».
Lorena Loiacono


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