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«Meritavo la bocciatura». Melissa e lo scandalo diplomi facili a NY

Una ragazza del Queens rivela al giornale di Murdoch: ci promuovono per nascondere il fallimento delle scuole pubbliche. Imbarazzo del sindaco democratico Bill de Blasio

08/08/2015
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Corriere della sera

di Massimo Gaggi, inviato a New York

Promozioni di massa a New York per studenti che ottengono il diploma dell’«high school», il corrispettivo americano della nostra licenza liceale, ma non sono pronti ad andare all’università, né a entrare nel mercato del lavoro. «Gli diamo un titolo di studio che non vale nulla, è una truffa!», inveisce da giorni il New York Post che ha denunciato scandali scolastici a raffica. Melissa Mejia, 18 anni, iscritta alla William Cullen Bryant High School di Long Island City, nel Queens, è finita addirittura in prima pagina con il titolo: «Fail me», ovvero «Dovevate bocciarmi». Il quotidiano conservatore di proprietà di Rupert Murdoch è un nemico giurato del sindaco progressista Bill de Blasio, ma stavolta la sensazione è che il giornale abbia colto nel segno: uno dopo l’altro sono emersi casi di studenti che si sono autodenunciati ammettendo di aver ottenuto un diploma che non meritavano. E che, in qualche caso, nemmeno chiedevano, avendo smesso da tempo di frequentare le lezioni.

Ma i professori, sotto la pressione delle autorità scolastiche e di quelle politiche, desiderose di presentare all’opinione pubblica un miglioramento dei risultati accademici, hanno concesso diplomi con una larghezza mai vista prima. Un caso di promozioni a sfondo ideologico come il «sei politico» che veniva concesso un tempo anche da tante scuole italiane. Per l’America, terra di meritocrazia e di titoli di studio che hanno un valore sul mercato, lo scandalo è molto più grosso. I numeri dicono che sotto questa pressione le scuole hanno fatto salire il numero delle promozioni da poco più della metà al 68 per cento degli studenti presentatisi all’esame. Ma poi solo il 40 per cento di questi diplomati si è dimostrato in grado di frequentare un «college» o di competere per un lavoro. E anche le polemiche sono enormi soprattutto dopo che, davanti al moltiplicarsi delle denunce circostanziate sulle maturità fasulle, la «chancellor» Carmen Farina, praticamente il ministro della pubblica istruzione di una città che ha un milione e 100 mila studenti, è stata costretta a nominare una commissione d’inchiesta. Polemiche roventi perché, secondo molti, è stata la stessa Farina a spingere le scuole sulla strada delle promozioni facili. Portata in municipio da de Blasio, la Farina ha capovolto le scelte meritocratiche del sindaco precedente, Michael Bloomberg, ridando spazio ai sindacati degli insegnanti e rinunciando a licenziare i docenti incapaci. E, infatti, notano i critici, la Farina ha riempito la commissione d’inchiesta di suoi fedelissimi, lasciando un solo posto per un analista indipendente della società di consulenza Ernst & Young (con la quale, peraltro, la «chancellor» ha collaborato strettamente negli ultimi anni).

La battaglia del sindaco De Blasio contro le scuole private

Nei mesi scorsi, del resto, anche il progressista New York Times aveva denunciato l’opera di sistematico smantellamento del lavoro di Bloomberg fatto dalla nuova amministrazione democratica. L’ex sindaco aveva introdotto premi per gli insegnanti migliori e la penalizzazione fino al licenziamento di quelli incapaci di ottenere un rendimento minimo dagli studenti, al netto delle specifiche situazioni di disagio sociale. Aveva anche disposto la chiusura degli istituti scolastici considerati irrecuperabili, incentivando la diffusione delle «charter school»: scuole che seguono il programma accademico pubblico e sono pagate con fondi municipali, ma sono gestite da organizzazioni private.

«I tre porcellini» come libro di testo in quarta liceo

In poco più di un anno la Farina ha congelato le «charter school», ha revocato la chiusura delle scuole più disastrate e, accusano i suoi critici, ha chiesto ai presidi, di offrire possibilità di recupero agli studenti che restavano indietro. Niente di male, in linea di principio. Ma la creatività nell’offrire queste agevolazioni è andata oltre ogni aspettativa: volti alzati in modo truffaldino durante l’anno scolastico abbassando l’asticella della difficoltà dei test. Alla Landmark High Schoool, ad esempio, agli studenti dell’11th grade, il penultimo anno del liceo, è stato dato da leggere The Three Little Pigs, la favola dei tre porcellini, per mascherare il bassissimo livello di conoscenza della lingua inglese. E in estate molte scuole hanno organizzato corsi di «recupero crediti» che sono arrivati a offrire a ogni studente fino a nove crediti, in violazione delle norme che ne consentono al massimo tre in un anno. Corsi di recupero spesso svolti direttamente online, copiando le risposte da Google al di fuori di ogni controllo. «E’ come se questi ragazzi problematici fossero riusciti a svolgere in appena sei settimane il lavoro di un intero anno scolastico», hanno denunciato alcuni professori testimoni della vicenda che hanno scelto l’anonimato per il timore di rappresaglie.


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