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Meno poteri ai presidi e un bonus da 500 euro ecco com’è cambiata la riforma della scuola

Esclusa la donazione sul “730”, confermati i benefici fiscali per chi contribuisce. E poi: nuovi criteri per le valutazioni e l’inserimento dei docenti. Così, punto per punto, si modifica il Ddl sull’istruzione

21/05/2015
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la Repubblica

Corrado Zunino

La “Buona scuola” ha già sedici mesi di vita e non è ancora una legge. Nel frattempo però, ha fatto scioperare il 67 per cento dei docenti italiani e monopolizzato il dibattito sulle politiche di Matteo Renzi. Il premier l’annunciò il 22 febbraio 2014, nel giorno dell’insediamento: la priorità del Paese, insieme al contrasto del dissesto idrogeologico, è l’istruzione, disse. Partì con un piano sull’edilizia scolastica (oggi ci sono a bilancio 3,9 miliardi) e il suo sottosegretario Roberto Reggi, a inizio luglio, delineò con Repubblica le prime ipotesi di riforma: più ore per tutti i docenti, 36 a settimana, e aumenti di stipendio a chi si prende responsabilità e offre competenze. L’idea era quella: più soldi ai migliori, ma Renzi non gradì che si annunciasse una questione contrattuale, lui con i sindacati avrebbe voluto parlare più tardi possibile. Così fece fuori Reggi, chiamò Davide Faraone e gli uffici ministeriali passarono l’estate a produrre un nuovo piano per la scuola.

Il 3 settembre scorso, anticipati dai giornali, arrivarono gli annunci ufficiali.
«Assumeremo 148mila insegnanti, chiuderemo le graduatorie a esaurimento, basta con la “supplentite” e la didattica a singhiozzo». Via gli scatti d’anzianità, sostituiti da premi in denaro a due terzi degli insegnanti più impegnati. Dal 15 settembre al 15 novembre, la consultazione via internet, e il Pd, ascoltati i prof, tolse dal librone l’abolizione degli scatti fissi. Poi i ripensamenti invernali e a ridosso del disegno di legge (avrebbe dovuto essere un decreto, inizialmente) Renzi tira fuori i 500 euro di bonus culturali e trasformò i premi agli insegnanti: 200 milioni al 5 per cento migliore, scelto dai presidi.
Monta la protesta e la maggioranza dopo lo sciopero del 5 maggio deve usare la commissione Cultura per ammorbidire i temi più contestati: i presidi non saranno più uomini soli al comando, consiglio d’istituto e organi collegiali rimontano posizioni e prerogative, i bacini territoriali si restringono, i docenti possono autocandidarsi. La riforma è spessa, ma, per ora, le graduatorie di prima fascia non potranno essere chiuse: 101.701 assunti contro 125mila presenti. E per i 335mila precari della terza fascia dopo la Camera restano solo le supplenze brevi.

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