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Medicina, il bando fantasma

nei prossimi dieci anni mancheranno circa 40mila medici nell’Italia della disoccupazione. Tuttavia, per accedere ai pochi posti disponibili delle scuole di specializzazione un giovane medico deve aspettare quasi due anni

15/08/2017
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la Repubblica

Valeria Guglielmino Garfì

Caro direttore, nei prossimi dieci anni mancheranno circa 40mila medici nell’Italia della disoccupazione. Tuttavia, per accedere ai pochi posti disponibili delle scuole di specializzazione un giovane medico deve aspettare quasi due anni, intramezzati da tirocini non pagati dai medici di famiglia, esami di Stato, volontariato negli ospedali, spesso solo per compilare cartelle cliniche. Il mio caso è simile a quello di tanti giovani professionisti. Mi sono laureata a pieni voti in medicina e chirurgia a luglio dello scorso anno alla prima sessione, premiata anche come “laureata eccellente” della Sapienza per il mio curriculum. Poi mi sono abilitata dopo qualche mese all’esercizio della professione medica ed a luglio di quest’anno avrei dovuto partecipare al concorso per entrare in Specializzazione. Parlo al condizionale perché il bando è tuttora avvolto nelle nebbie della burocrazia, con rimpalli di responsabilità tra il ministero dell’Università e quello della Salute.

Un concorso fantasma, di cui si sa solo che diventeranno specialisti settemila su sedicimila medici. Tutti gli altri rimarranno fuori, perché in Italia non vengono stanziate abbastanza borse per tutti gli aspiranti specializzandi. Una assurdità perché nel nostro paese c’è carenza di medici specialisti, li cerchiamo addirittura all’estero. Un danno enorme per l’assistenza sanitaria: perché quei medici che mancano, chirurghi, anestesisti, pediatri, internisti, si traducono in servizi più scadenti, in particolare per le fasce più deboli della popolazione che non possono permettersi il lusso dell’assistenza sanitaria privata.

Tutto è cominciato nel 2014, quando il ministro dell’Università Carrozza aveva cambiato la modalità di accesso alle scuole di specializzazione, istituendo un concorso nazionale al posto dei vecchi concorsi, banditi localmente dalle singole università, sicuramente meno meritocratici e riservati “ai figli di” o a chi, dopo qualche anno di attesa passato a fare il tirapiedi del primario, riusciva ad accaparrarsi un posto in ospedale.

Nel 2017 la ministra dell’Università Fedeli ha accettato la petizione firmata da migliaia di medici aspiranti specializzandi, nella quale si chiedeva di rendere ancora più meritocratico il concorso attuale con una sola ed unica graduatoria e premiando solo coloro che raggiungono i punteggi più elevati. Tutto molto bello e molto giusto, verrebbe da dire. Ma siamo in Italia e le cose non vanno mai nei tempi e nei modi previsti.

Negli anni passati il concorso si svolgeva a luglio con un bando emanato canonicamente nei sessanta giorni precedenti, quindi a maggio. Quest’anno invece siamo a metà agosto e del bando non si è vista nemmeno l’ombra. Solo un silenzio assordante da parte del ministero dell’Istruzione e di quello della Salute. L’ultima comunicazione del Miur di qualche giorno fa scarica nuovamente la palla al ministero della Salute sui ritardi della procedura di accreditamento delle scuole di specializzazione. Che cosa nasconde questo ping-pong di responsabilità che dura da mesi? Si sa solo che il Consiglio di Stato ha per due volte espresso parere negativo all’emanazione del bando: insomma l’ennesimo pastrocchio italiano. E si paventano nuovi ricorsi. Risultato: tanti giovani medici bravi e preparati andranno a specializzarsi all’estero dove si entra nelle scuole con più facilità, si guadagna bene e si fa carriera senza “baronaggi”. I più sfortunati lavoreranno in Italia sottopagati e spesso in nero, reclutati via internet da cooperative “fantasma” del 118 con turni anche di dodici ore, per meno di settanta euro al giorno, 6 euro all’ora.

È così. Conosco tanti miei colleghi bravissimi che il sabato fanno turni assurdi di guardie mediche in giro per Roma e poi la domenica vendono bibite allo stadio guadagnando il doppio. Questo è oggi il destino dei giovani medici. Frustrati, delusi, amareggiati. Ci riempiamo la bocca sulla necessità che è meglio laurearsi presto e bene, di non sprecare il capitale umano del nostro paese. Poi, ancora una volta, costringiamo molti giovani a scappare in altri paesi, mentre chi rimane si condanna ad un futuro incerto e precario dopo tanti anni di sacrifici.


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