Maturità 2018, il successo di uno studente dipende dalla scuola che frequenta
La ricerca del Politecnico di Milano: la concentrazione di studenti provenienti da famiglie povere abbassa di molto i risultati scolastici. La sfida per ministero e politic
Come ha ricordato nei giorni scorsi Carlo Cottarelli l’ uguaglianza delle opportunità significa anche «una scuola pubblica che consenta la formazione di un capitale umano a tutti, anche a chi proviene da ambienti svantaggiati, una scuola che funzioni bene al Sud, al Centro, al Nord, una scuola che porti via i ragazzi dalle strade per avviarli a una vita professionale proficua». Come stanno dunque le cose nel sistema educativo italiano? C’è l’aspirazione a questa uguaglianza oppure siamo lontani dal garantire a tutti l’educazione che vorremmo? Il nuovo studio del Politecnico di Milano con la Lancaster University (curato da Chiara Masci, Geraint Johnes e Tommaso Agasisti) ha il merito proprio di fare il punto proprio su questo aspetto del nostro sistema scolastico.
iLa concentrazione degli studenti
La risposta degli autori - ricavata partendo dai dati dell’Ocse-Pisa 2015 elaborati con un nuovo algoritmo - è che in Italia quasi la metà delle chance di successo di un ragazzo o di una ragazza dipendono dalla scuola che frequenta. Più nel dettaglio, chi frequenta una scuola dove ci sono molti ragazzi che provengono da situazioni socio-economiche svantaggiate ha molte meno possibilità di fare una buona riuscita a scuola dei suoi coetanei che studiano in scuole con poche situazioni critiche.Per quanto riguarda il valore aggiunto dalla scuola, la ricerca indica che in Italia il 41% della variabilità del rendimento scolastico degli studenti è spiegata dal loro raggruppamento nelle diverse scuole. E’ una delle più elevate dei 9 Paesi presi in considerazione dalla ricerca (vicino a noi ci sono Francia e Germania) e significa che le scuole italiane preparano gli studenti in modo molto diverso tra loro. Questo effetto è molto più accentuato che in altri Paesi, come la Spagna, per esempio, dove le differenze tra scuole sono quasi nulle (solo l’8% della variabilità tra studenti) e, di conseguenza, la scelta della scuola è meno rilevante.
A chi dare delle chances
Un tema che ritorna e che pone problemi istituzionali e politici di organizzazione del sistema scolastico: se i ragazzini poveri o provenienti da famiglie nei quali i genitori non hanno studiato sono inseriti in contesti e scuole con compagni provenienti da situazioni familiari migliori il livello dell’apprendimento complessivo non ne risente. E dunque anche chi parte da una condizione familiare meno propizia può beneficiare di un ambiente che lo aiuta a crescere. Un risultato che si conferma anche se studenti con bisogni speciali si trovano nelle stesse classi non c’è alcun impatto.
Il titolo di studio dei genitori
Non è dunque la condizione familiare del singolo studente - è la conclusione dei tre studiosi - a fare la differenza anche se il grado di istruzione dei genitori influisce (specie se mamma e papà hanno solo la licenza media, soprattutto per i compiti) ma la concentrazione di studenti con maggiori difficoltà nella stessa classe.
La giostra dei supplenti
Del resto proprio poche settimane fa l’Ocse aveva segnalato per il nostro Paese una tendenza preoccupante: gli insegnanti migliori, in quanto più preparati, motivati e con maggiore esperienza, finiscono per scegliere le scuole dove ci sono meno problemi, studenti più omogenei e in generale quelle con risultati migliori. Con il paradosso che dove ci sarebbe più bisogno di super-insegnanti troppo spesso ci si ritrova con supplenti che ruotano spesso e professori senza esperienza.