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Matteo a un passo dall’accordo con la minoranza “Ora avanti tutta”

Sbloccata la partita dei centomila precari, nuove regole per i premi ai docenti e per le carriere dei presidi

20/06/2015
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la Repubblica
GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA. . Le 100 mila assunzioni in bilico hanno il potere di far siglare a Renzi e alla sinistra del Pd un patto di non belligeranza. Così il premier può dire che «ha funzionato» la minaccia di far saltare, insieme con la riforma della scuola, l’ingresso stabilizzato dei precari nelle aule. E la minoranza ottiene alcune modifiche al testo richieste fin dall’inizio. Un modo per blindare la maggioranza di governo, superare i problemi di numeri a Palazzo Madama e andare avanti.
Da giorni il maxiemenamento per la fiducia (scontata) al Senato gira per gli uffici dei senatori dissidenti e dei dirigenti a loro vicini. «Abbiamo avuto contatti continui con i ribelli e con le opposizioni », raccontano a Palazzo Chigi. Alla fine sono rimasti in piedi gli emendamenti di Sel e dei 5stelle, ma il premier vede lo spazio per tenere unita la maggioranza di governo. E per giocare sul filo del tempo la partita finale sulla scuola.
Nella lunga riunione di ieri mattina con i vertici del Pd e i parlamentari che hanno seguito la materia, Renzi trova quelo che cercava: gli elementi per cambiare linea, per non rimandare tutto. Chiede al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini di indicare una data precisa come limite per far scattare le assunzioni già dal prossimo anno scolastico. «Altrimenti è inutile correre. E ancora più inutile sfidare un certo mondo mettendo la fiducia», dice. «Lavorando ad agosto, basta anche votare la legge entro il 15 luglio», risponde al ministro. Certo che si lavora ad agosto. «Ci sono 100 mila persone che trovano un lavoro stabile e ci sono norme che noi consideriamo giuste per l’educazione dei nostri ragazzi — spiega l’ex sindaco — . Allora andiamo avanti e non ci facciamo spaventare dalle contestazioni». Del resto, «prima ci criticavano perché assumevamo i precari ora perché non li assumiamo più. È difficile stare dietro a chi protesta sempre». Così come è difficile stare dietro ai talk show televisivi. «Mi fanno una guerra aperta», si è lasciato sfuggire il premier durante l’incontro.
Nel maxiemendamento troveranno nuove regole per l’uso delle risorse destinate a premiare i professori più meritevoli e il fondo di perequazione che servirà a redistribuire in parte i soldi dei privati a scuole e territori più svantaggiati in modo da evitare quello che i critici hanno definito il sistema delle scuole di serie A e di serie B. Nel dettaglio, niente stop ai presidi e via i due mandati in una sola scuola anche perché esiste già una legge che sancisce che possono lavorare al massimo 7 anni. E sulla valutazione degli insegnanti, la nuova norma che sblocca gli aumenti premiali, salgono da 2 da 4 i docenti in commissione di valutazione. I genitori e gli studenti saranno convocati solo quando si parla di temi generali. Ma alo stesso tempo potrebbe essere introdotto un livello di controllo esterno sui docenti.
Sono modifiche sufficienti ad avere i voti sufficienti per strappare il sì di Palazzo Madama? La minoranza Pd, decisiva visto che si balla su 7-8 voti di margine, sembra escludere le barricate. «Conosco bene il testo del maxiemendamento — dice Miguel Gotor, bersaniano, uno dei senatori dissidenti — e non ho difficoltà ad ammettere che ci sono dei passi in avanti». Resta, secondo Gotor, un problema politico e non riguarda solo gli effetti della riforma sul brutto risultato delle regionali. «Renzi aveva capito che c’era qualcosa che non andava nel provvedimento, anche prima del voto — spiega — . Il problema è la rottura con quel mondo, la ragione profonda per cui gli stessi 100 mila assunti sono contrari alla riforma e non la vogliono». Insomma, lo strappo con la scuola non sarà ricucito tanto facilmente. «E la conferenza convocata a luglio rischia di diventare un appuntamento ridicolo».
Eppure la strada scelta da Renzi è proprio questa: varare la riforma in tempo per il nuovo anno scolastico e e riaprire il confronto con il mondo degli insegnanti. «C’è stato il timore di non arrivare in fondo, di veder sfumare il traguardo. Così si spiega la forzatura di Renzi», spiega Anna Ascani. «L’assemblea di luglio era in programma da tempo, anche prima dei dubbi sui tempi — la deputata Pd che fa parte della task force della riforma — . Vanno ancora discusse le deleghe, gli obiettivi e altri temi per rendere la scuola italiana davvero efficiente». Servirà a pacificare il campo o sarà un nuovo elemento di scontro con sindacati e opposizioni?
La conferenza arriverà dopo la fiducia in Senato e il voto definitivo della Camera. Con 100 mila assunti in più e questo è un argomento destinato a pesare, secondo Renzi. E con le modifiche che verranno introdotte soprattutto intorno al punto chiave delle contestazioni: l’autonomia scolastica. «Non possiamo perdere questa occasione — sottolinea il ministro delle Inastrutture Graziano Delrio — . Mi sembra che la riforma, però, non sia stata capita dal mondo della scuola e con molta umiltà dobbiamo rimetterci all’ascolto». Adesso però è il momento di chiudere. Con la fiducia al Senato praticamente già deciso nella riunione di ieri mattina. Il provvedimento giungerà in aula a Palazzo Madama giovedì e il voto di fiducia avverrà venerdì prima del passaggio definitivo a Montecitorio in terza lettura. Con un passaggio lampo, garantiscono al Pd.

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