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Matricole, addio Sud uno su tre si diploma e va a studiare al Nord

In cinque anni i ragazzi del Meridione che hanno scelto di trasferirsi passati da 10 a 13mila

20/06/2016
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la Repubblica

Salvo Intravaia

PIAZZAMENTI migliori nei ranking internazionali e speranze di maggiori chance lavorative dopo la laurea spingono sempre più di diplomati meridionali verso gli atenei del Nord. È tempo di scelte per migliaia di studenti alle prese con la maturità. Cosa è meglio fare dopo? Iscriversi all’università nella propria regione o proseguire gli studi altrove, magari in un ateneo più prestigioso? Questo il dilemma di un numero sempre crescente di ragazzi italiani in questi giorni. Negli ultimi cinque anni, in alcune regioni del Sud il fenomeno ha assunto le dimensioni di una vera e propria fuga. A testimoniarlo sono gli ultimi dati sugli immatricolati nel 2015/16 forniti dal ministero. In Sicilia, Calabria e Puglia la quota di studenti iscritti fuori della propria regione oscilla tra il 30 e il 40 per cento, una specie di esodo: migliaia di ragazzi che preferiscono fare le valigie per un ateneo lombardo o della capitale.
In tutto sono quasi 13mila i residenti al Sud che quest’anno si sono immatricolati in un ateneo al Nord, 2mila e 500 in più di cinque anni fa. Un fenomeno che contribuisce a svuotare le università meridionali più di quanto non faccia il calo degli iscritti. Discorso a parte per la Campania, quasi un’anomalia per il Sud, visto che gli studenti che emigrano sono appena il 13%. Ma altrove le cifre sono molto più alte. Il record spetta ai giovani nati in Calabria, il 40% dei quali si è iscritto fuori dalla propria regione. Segue la Puglia, con il 37% degli studenti con la valigia. Ma perché sempre più ragazzi vengono inviati dalle famiglie in atenei a migliaia di chilometri di distanza da casa? Quello dei siciliani è un drappello nutrito: 6.860 su 23mila, quasi uno su tre. Mariagrazia Soresi, diplomata a Palermo nel 2015, oggi studia al Politecnico di Torino: «Secondo le statistiche, finito il corso di studi al Politecnico ci sono più possibilità di trovare lavoro rispetto a un ragazzo uscito dalla facoltà di architettura a Palermo. Non vedo caso come la mia città possa garantirmi un futuro lavorativo». Parole dure che trovano sponda tra i suoi conterranei. Come Marco Elici iscritto al Politecnico di Milano: «Mi hanno spinto a Milano qualità e ranking dell’università, possibilità lavorative ad ampio raggio, voglia di fare nuove esperienze e anche di staccarsi un po’ dalla famiglia». Telegrafico Mario Piepoli, da quest’anno alla Luiss di Roma. La sua scelta è stata dettata da «migliori strutture, maggiori motivazioni e migliori opportunità». Ad indirizzare Enrico Gulluni, di Mammola, in provincia di Reggio Calabria, verso la facoltà di Economia di Parma è stata la voglia di «uscire fuori dalla Calabria per fare nuove esperienze ». Ma riconosce che in Emilia «potrebbero esserci anche più opportunità lavorative». Non solo. «Qui — racconta Gulluni — ci sono un sacco di meridionali, molti dei quali percepiscono una borsa di studio. Molti colleghi sono al Nord anche per quello».
Nel meridione, pur rientrando tra gli idonei, il 42 per cento degli studenti — quasi 30mila nel 2014/2015 — non è riuscita a beneficiare della borsa di studio per mancanza di fondi. Nelle regioni settentrionali invece la copertura è quasi totale: il 96%. Gaetano Manfredi, presidente della Crui, si dice «preoccupatissimo di questo fenomeno». «Stiamo approfondendo l’analisi perché vogliamo avere le idee chiare prima di avanzare proposte in merito. La fuga dal Sud, anche se la Campania fa storia a parte, è legato — spiega il presidente dei rettori italiani — a tre fenomeni che si intrecciano: la percezione di una migliore reputazione degli atenei settentrionali; il diritto allo studio che al Sud non è sempre garantito e le prospettive lavorative ». Ma, ammette Manfredi, «i ragazzi lamentano anche meno servizi e organizzazione al Sud e su questo occorre fermarsi a fare una riflessione».

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