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Manifesto: Ricordiamo cos'è la scuola

Simonetta Salacone

16/02/2010
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il manifesto

CULTURA DI GOVERNO

Nella scuola che dirigo la «giornata del ricordo» non è stata celebrata. Il fatto ha suscitato polemiche. Ne approfitto per dare alcuni chiarimenti a chi non non fa il mestiere dell'insegnante. Primo: la scuola non è luogo di celebrazioni, ma di educazione attraverso lo studio e l'approfondimento culturale dei fatti. Secondo: i contenuti della programmazione sono scelti dai docenti all'interno di «indicazioni programmatiche» e vengono adeguati alle età e alle capacità degli alunni, alle situazioni e ai contesti. Terzo: la storia non si legge con l'ottica dei "buoni-cattivi", la scienza non si affronta secondo le categorie del "vero-falso", i prodotti dell'arte non si giudicano con lo sguardo del "bello-brutto" e del "conforme alla morale corrente" e così via. Per questo una buona scuola mette a confronto idee diverse, pone dubbi e domande, insegna ai bambini, sin dalla più tenera età, e poi ad adolescenti e giovani ad affrontare problemi,cercando risposte nei fatti, nei documenti, nelle ricerche già effettuate da studiosi, nella cultura socialmente consolidata e raccolta nei corpi disciplinari. Sapendo però che nessuna risposta è mai definitiva, che i prodotti della ricerca non sono mai acquisiti in maniera definitiva, che ogni contenuto disciplinare è rivedibile. Solo così si dà spazio al pensiero critico e si aiutano bambini e giovani a non avere paura delle proprie idee, anzi a saperle esprimere liberamente, a saper accettare il confronto, senza presunzione, ma anche senza timidezza e ad essere pronti a recedere dalle proprie certezze a fronte di nuove conoscenze e scoperte.
Quarto: l'educazione di bambini e adolescenti deve sviluppare le intelligenze di diversa natura e saper far ricorso anche all'emotività, senza che questa sopravanzi alla riflessione. Nel caso specifico di eventi bellici o drammatici, ricordo quanta delicatezza essi pongono se riportati a bambini di età infantile (ai bambini si deve parlare degli eventi drammatici, ma con messaggi di vita e di speranza, non di morte o di violenza non dominabile, come benissimo ha indicato Benigni nel suo film "La vita è bella").
Quinto: chi pretende di dettare alle scuole i contenuti della didattica, le modalità di utilizzo del personale, strumenti rigidi per la programmazione- verifica-valutazione, chi pretende di stabilire dall'esterno per i docenti regole minuziose di comportamento, non solo viola l'autonomia di pensiero e la libertà di insegnamento, ma punta a fare delle scuole luoghi di educazione autoritaria e di costruzione del consenso (per arrivare ad una scuola di regime ci vuole poco).
Sesto: nessun dirigente o docente pretende di insegnare a politici ed amministratori il loro mestiere. Altrettanto rispetto pretendiamo nei confronti del nostro lavoro di docenti e dirigenti scolastici: sappiamo noi quanto sia delicato il compito di educare che la società ci affida.
Pretendiamo, come i nostri politici ed amministratori, di essere giudicati, con onestà intellettuale, con sguardo attento ai contesti e non general-generico sui risultati che otteniamo. I nostri risultati venite a vederli nella scuole che criticate. La scuola primaria è scuola complessivamente di eccellenza, come riconosciuto a livello internazionale. La Iqbal Masih, nello specifico, esprime un'offerta formativa di qualità riconosciuta anche da tanti soggetti esterni e sarebbe proprio strano che qualcuno intendesse punirla nelle persone della sottoscritta e dei docenti. I vostri risultati, amministratori e politici, li valutiamo quotidianamente quando, di fronte ai nuovi bisogni educativi della società, ci proponete solo tagli al personale, agli orari, ai curricula scolastici, all'obbligo scolastico, ai finanziamenti, ai servizi di pulizia, di trasporto, di assistenza, e ci private dei tempi della ricerca, del confronto fra adulti, della relazione con gli studenti, della didattica operativa, dell'aggiornamento professionale.
* Dirigente scolastica della scuola "Iqbal Masih" di Roma