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“Mandate gli insegnanti a casa dai nostri bambini Senza scuola non vivono”

 I nostri figli disabili sono stati dimenticati dallo Stato. I nostri bambini che regrediscono ogni giorno. Senza scuola, senza terapie, senza assistenza domiciliare.

23/04/2020
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la Repubblica

Maria Novella De Luca

 «I nostri figli disabili sono stati dimenticati dallo Stato. I nostri bambini che regrediscono ogni giorno. Senza scuola, senza terapie, senza assistenza domiciliare. Gianluca, in classe, mangiava la merenda da solo, in casa, adesso, dobbiamo imboccarlo. Sembrerà nulla, un’inezia a chi non abita il pianeta della disabilità, per noi, invece, era un’enormità. Cosa pensate che possa apprendere mio figlio dalla didattica a distanza? ». Antonella Perini, impiegata, di Spinea, in Veneto, è una mamma indomita che da 11 anni, da quando è nato Gianluca, affetto dalla sindrome di “Sturge weber”, rara e grave malattia genetica, lotta per i diritti del suo bambino speciale.

Gianluca, come Matteo, Emma, Pablo è uno degli oltre 260 mila allievi con diversi gradi di disabilità che frequentano la scuola italiana. Per loro, però, nei giorni del lockdown, a differenza dei compagni “normodotati” non è stata prevista dal ministero dell’Istruzione, dicono le famiglie, alcuna didattica speciale. “Bambini fantasma” come scrive in una lettera a Repubblica , la mamma di Carlo, in risposta a Daniela, mamma di Nicolò, 13 anni, che ieri ha raccontato al nostro giornale, la sua solitudine di questi giorni. «Per gli autistici come Carlo, cosi come tutti gli altri bambini in difficoltà, non è stata spesa nemmeno una parola. C’è solo la disperazione delle famiglie».

E’ il senso della petizione lanciata su “Change.org” da Antonella Perini. «Gianluca non parla, non cammina, ma sente e sorride, andava a scuola dalle nove alle sedici, faceva equitazione, aveva i suoi amici. Adesso il nulla. Non guarda neppure la tv. Quello che chiedo al Miur è di trasformare le ore di lezione di Gianluca in assistenza didattica domiciliare. Fateci i testi sierologici, a noi e all’insegnante, e poi, per favore, lasciate che la scuola entri in casa nostra». Nervosismo, insonnia, paura, rabbia. Il ritorno di ossessioni e fobie. Genitori spezzati dalla stanchezza. «Il lockdown dei nostri ragazzi è un contenitore di angosce », raccontano le madri e i padri. E la questione disabili sta diventando scontro politico, ultima bandiera populista della Lega, che accusa il governo di aver discriminato, dall’accesso al bonus dei 600 euro, le famiglie con portatori di handicap. Ma il cuore della questione oggi è l’isola che non c’è. La scuola. Garantita per alcuni, negata ad altri, ai bimbi fantasma della disabilità. E poi le terapie cognitive, i centri diurni chiusi. Marco Sabatini, giornalista, romano, è il papà di Matteo, 12 anni, ragazzo autistico allegro e integrato. «Senza amici, senza stimolazioni, senza il contatto con gli insegnanti, senza lo sport, i nostri figli perdono, ogni giorno, quei granelli di autonomia che con spaventosa fatica hanno conquistato passo dopo passo. Anni di lavoro e di sacrifici si sgretolano sotto i nostri occhi. Come si può pensare che ragazzi con queste difficoltà cognitive possano apprendere attraverso uno schermo? In Matteo ho visto subito una regressione e il ritorno delle sue fissazioni. Dall’insegnante di sostegno abbiamo ricevuto qualche video e nulla di più». Ma c’è un elemento ancora più grave, che racconta la dimenticanza dello Stato. «Nella task force del Miur, nominata per gestire la ripartenza della scuola, non c’è nemmeno un esperto o un’esperta sulla disabilità ».

Anche Martina Fuga, milanese, mamma di Emma, 15 anni, con sindrome di Down, parla di “alunni dimenticati”. «I più deboli stanno pagando le debolezze del sistema scolastico italiano. Come si può pensare che ragazzi con disabilità intellettuale possano apprendere attraverso una lezione frontale in video?». Martina Fuga è responsabile della comunicazione dell’associazione “CoorDown”. A Emma, la più piccola dei suoi tre figli, ha dedicato un libro, “Lo zaino di Emma”. «Le persone Down devono affrontare l’esistenza come se avessero sempre, sulle spalle, uno zaino di dieci chili. Emma non riceve nulla da questa didattica a distanza, nonostante sia lì, diligente, con le cuffiette nelle orecchie. Il Miur non ha pensato ai nostri figli. Come mai non c’è alcun esperto di disabilità tra i nomi incaricati di gestir e la famosa fase2 della scuola? ».

Alessia Condò, romana, è la mamma di Pablo, 18 anni, autistico, tenacissima sostenitrice della sua autonomia, vulcanica ideatrice di progetti di inclusione. A cominciare dalla famosa mappatura, «quando Pablo iniziò a uscire da solo» dei negozi “friendly” verso le persone con autismo, indicate con un post-it sulla giacca e la scritta “Io sono Pablo e qui sto bene”. «Pablo quest’anno farà la maturità classica, un traguardo incredibile, ma avrebbe bisogno di essere stimolato, coinvolto, invece è solo, la scuola è remota, lontana, così gli amici. La comunicazione a distanza per lui non funziona e vedo già dei passi indietro... Per fortuna ci siamo noi, sua sorella ed io, è faticoso ma lo sosteniamo, siamo una famiglia allegra e strana. Non esiste una didattica per le persone fragili, questa è la verità. E nell’emergenza il prezzo più alto lo pagano i ragazzi come Pablo».