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“Ma i saperi necessari cambiano troppo in fretta”

JERRY KAPLAN, UNIVERSITÀ DI STANFORD Saremo licenziati dalle macchine E forse avremo una vita migliore

17/01/2017
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la Repubblica

Il titolo lascia poche speranze: Le persone non servono. Lavoro e ricchezza nell’epoca dell’intelligenza artificiale, appena pubblicato in Italia dalla Luiss. Jerry Kaplan, nato nel 1952 nei pressi di New York, oggi ilavora alla Stanford University, dove insegna Filosofia e Intelligenza artificiale. È uno dei pionieri della scienza dei computer e le aziende che ha fondato sono alla base di rivoluzioni importanti come quella del commercio elettronico.

«Intendiamoci: non sono contro la tecnologia. Ma ci sono degli effetti collaterali ai quali dovremmo prestare molta attenzione».

Lei ha scritto che il luddismo almeno poteva prendersela con le macchine, noi perdendo il lavoro avremo a che fare con una app.

«Il problema non è tanto che ci saranno delle professioni che non serviranno più perché è successo anche in passato. Quando ero un ragazzo negli Stati Uniti c’erano circa un milione di centralinisti. Oggi non ci sono più. E domani è probabile che gli autisti scompariranno soppiantati dai veicoli a guida autonoma. Che il mercato del lavoro sia dinamico non è una novità né un dramma. Ma bisogna fare attenzione al costo sociale e soprattutto al fatto i saperi necessari per trovare lavoro cambiano così rapidamente da rendere sempre più difficile il reinventarsi per stare al passo con i tempi. E non vale solo per gli autisti ».

Lei ne cita diversi.

«I radiologi ad esempio, ci sono delle intelligenze artificiali che svolgono bene quel compito. Lo stesso vale per alcuni aspetti del mestiere dell’avvocato. L’automazione si sta allargando a macchia d’olio ed è una automazione capace di apprendere».

C’è il rischio che l’economia che conosciamo oggi, difficile da gestire quanto vogliamo, si metta in moto da sola, lasciandoci via via cadere fuoribordo. L’ultimo umano licenziato spenga la luce, per favore.

Anzi, non è necessario: si spegne da sola. Sono parole sue.

«Appunto: c’è il rischio. Ma potrebbe anche finire in altro modo se stiamo attenti. L’umanizzazione delle macchine potrebbe liberarci da tanti lavori faticosi e regalarci in realtà una vita migliore». ( j. d’a.)


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