FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3941537
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Lo smartphone in classe

Lo smartphone in classe

Una direttiva del 2007 lo bandiva dalle aule. Ora diventerà uno strumento didattico. "Divieto datato, in autunno nuove regole"

30/07/2017
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

«Uso consapevole e in ilinea on le esigenze didattiche»: eccole le parole chiave che riporteranno ufficialmente smartphone e tablet nelle classi. A pronunciarle è stata la ministra Valeria Fedeli, che ha anticipato la creazione di un gruppo di lavoro, che inizierà a lavorare il 15 settembre, e che avrà 45 giorni di tempo per «chiarire l’uso dei dispositivi personali delle studentesse e degli studenti in classe, intervenendo sulle attuali circolari, risalenti a un periodo troppo lontano da oggi».

Le disposizioni a cui si riferisce sono quelle emanate dal ministro Beppe Fioroni nel 2007, quando il telefonino veniva bollato come «elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente». E quindi veniva suggerito a docenti e dirigenti di adottare regolamenti severi, in modo da bandirlo il più possibile dalla vita scolastica.

Ma i tempi sono cambiati, appunto. E «gli smartphone sono parte della vita quotidiana dei ragazzi: lo usano per la metà del tempo che stanno in classe, di nascosto, è un’illusione pensare che lo tengano spento», avvisa Dianora Bardi, presidente del centro studi Impara digitale ed ex professoressa di latino e italiano al liceo scientifico Lussana di Bergamo. «Tanto vale quindi spingere gli studenti a un uso propositivo», spiega Bardi. In pratica? «Usarlo per scopi didattici, dando indicazioni a studenti, genitori, e docenti, perché sappiano come regolarsi per stringere dei veri e propri contratti educativi». In sostanza, il cellulare o il tablet potranno essere usati in classe per fare ricerche, lavori di gruppo, condividere discussioni e documenti: «Un po’ come andare nel laboratorio informatico tutti i giorni», spiega Bardi.

Ma questo significherà anche cambiare la didattica: «Lo smartphone è solo uno strumento, deve essere il professore a direzionarne l’uso, stabilendo i tempi e dando i compiti, strutturando la lezione. È ovvio che il rischio che vadano su Facebook o WhatsApp è pesantissimo, ma siano noi insegnanti a doverli coinvolgere ed evitarlo».

Un’utopia? Niente affatto, a sentire i racconti di chi già da tempo sperimenta l’uso dei device in classe, con successo: «Ben vengano i dispositivi che permettono di promuovere l’apprendimento — dice Salvatore Giuliano, preside dell’istituto ipertecnologico Majorana di Brindisi, che ha appena finito di spacchettare i tablet per i suoi studenti —. Ma non bisogna farsi trovare impreparati: non possiamo puntare tutto sul fatto che gli studenti ormai siano nativi digitali. Noi dobbiamo fornire loro un’educazione digitale, per evitare che usino i dispositivi in maniera impropria: il che non significa solo usarli per distrarsi. In fondo le distrazioni sono sempre esistite, noi giocavamo all’impiccato e loro chattano. Ma significa anche insegnare a selezionare audio, foto, video, a rispettare i copyright e la privacy, a far parlare tra loro piattaforme differenti».

Roba da studenti delle scuole superiori? «No, niente affatto — dice Daniela Di Donato, prof super-digitale di una scuola media, la Belli-Ic Parco della Vittoria di Roma, dove lei usa lo smartphone anche per fare test online in diretta agli studenti —. Il cellulare è uno strumento utilissimo». Regole per un uso «consapevole»? «Gli studenti devono accenderlo o spegnerlo solo su indicazione dell’insegnante; chiedere l’autorizzazione alle famiglie che devono assumersi la responsabilità dell’uso; il docente deve sentirsi libero di sequestrare un telefonino usato in maniera impropria». Così anche nelle scuole primarie i bambini possono usare gli smartphone senza incidenti di percorso: ad esempio, due maestre, Rita Faustinella della Tosi di Roma e Francesca Muraca della Gentilino di Milano, si sono gemellate e hanno organizzato cacce al tesoro virtuali per far conoscere ai propri studenti un’altra città. E se qualcuno si distrae? «Non è un problema di telefonino: non bisogna mai dimenticarsi di stimolare la curiosità».

Valentina Santarpia @ValentinaSant18