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Liceo breve: La pezza è peggiore del buco

Pino Patroncini

21/11/2013
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Su Italia Oggi del 5 Novembre u.s. Mauro Ghisellini, direttore degli Istituti “Olga Fiorini”, che, se non sbaglio, costituiscono la scuola privata autorizzata dal Ministro Carrozza ad avviare la sperimentazione della conclusione del liceo a 18 anni anziché a 19 ( 4 anni anziché 5) attacca i sindacati e tutti coloro che criticano l’abbassamento a 18 anni ,perché, a suo dire, l’unica preoccupazione di questi sarebbe il fatto che sparirebbero 46.000 posti di lavoro (più o meno quanto corrisponde in termini di organico al cumulo orario annuale dell’anno scolastico che scompare). Premetto che questa non è la sola preoccupazione, né dovrebbe essere la principale, in una Italia dove ancora gli ultimi dati Piaac dimostrano che si va avanti poco negli studi, tanto che solo circa il 72% dei giovani arriva al traguardo di quella che una volta si chiamava maturità (contro l’85% che ci viene richiesto dall’Europa), solo un 45% prosegue all’università (un 45% che è già in calo con la crisi e che già l’anno successivo si riduce al 36% per via degli abbandoni), solo un 20% si laurea (contro una media europea del 35%,una media OCSE del 34% e una richiesta dell’UE di arrivare nel 2020 al 40%) e dove i famosi ITS, alternativi all’università, accolgono all’incirca 2.500 alunni quando altrove analoghi percorsi in altri paesi europei viaggiano nell’ordine delle centinaia di migliaia di alunni (in Francia sono 300.000!). Riducendo di un anno il percorso senza compensazioni si rischia solo di ridurre di circa un migliaio di ore la formazione di almeno il 27% dei nostri diciannovenni! E’ questo un problema che dovrebbero avere ben presente tutti i fautori delle riforme, a meno che non si voglia continuare sulla via delle riforme a capocchia, quelle a cui ci hanno abituati tanti ministeri precedenti che hanno introdotto misure senza tenere conto dei contesti, delle premesse e delle conseguenze. Ma, tanto per stare all’argomentazione del nostro Ghisellini, costui dice che i sindacati hanno fatto male i conti perché non ci sarebbe riduzione in quanto a compensazione dell’anno perduto ci sarebbe un aumento delle ore del primo biennio del liceo da 27 a 34 e del secondo da 30 a 35, questo almeno nel modello dell’”Olga Fiorini”, che non è detto debba essere il modello nazionale. E’ comunque una pezza peggiore del buco per svariati motivi. Primo: l’aumento delle ore per anno aumenta la pesantezza degli studi in un paese dove a detta di molti gli studi (vista anche la mai perduta tradizione contenutistica e nozionistica) sono già più pesanti che altrove in termini di orari, nozioni e parcellizzazioni del sapere. Mi piacerebbe sapere dove era e cosa pensava il dott. Ghisellini quando la Gelmini riduceva gli orari della secondaria superiore accampando la motivazione della pesantezza per accattivarsi le simpatie degli studenti e dell’opinione pubblica, in realtà col solo scopo di ridurre organici e cattedre. Secondo: l’operazione viene fatta su un liceo, che, guarda caso, è il percorso scolastico con gli orari più bassi. Negli istituti tecnici e nei professionali che si fa? Si riportano le ore a 36 e 40 settimanali? Si spera così, con queste intensità di lavoro, di risolvere la mole di bocciature e di abbandoni che proprio in questi due ordini scolastici sono per lo più localizzati? Inoltre il liceo è il percorso scolastico in cui il problema della lunghezza degli studi si pone meno (e tanto più in un liceo privato dove comunque vanno i più abbienti), perché quasi tutti i diplomati proseguono negli studi universitari. Ma non è la stessa cosa negli istituti professionali e tecnici. Terzo: Siccome l’operazione dovrebbe essere avviata gradualmente e ci metterebbe quattro anni ad andare a regime noi avremmo per questi anni un doppio organico: quello ordinario comprensivo del quinto anno e la maggiorazione crescente di anno in anno corrispondente ai nuovi orari. Un conto è sperimentare ciò su una scuola, un conto è proiettarlo su un intero sistema nell’ordine delle decine di migliaia di insegnanti da assumere e poi ad un certo punto da liquidare di punto in bianco. Do you remember l’onda anomala? Qualcosa di simile! Tra l’altro i sindacati, se fossero quel coacervo di interessi corporativi con cui ultimamente ci si diverte a descriverli (e che anche il Ghisellini sembra adombrare riferendo la loro ostilità solo a mere questioni di organico), dovrebbero esserne al contrario ben contenti, perché, si sa, i docenti funzionano all’inverso del dentifricio che una volta uscito dal tubetto non si può più rimettere dentro: loro una volta entrati è più difficile buttarli fuori. Ma questo nelle scuole private, dove i gestori fanno i loro comodi, non lo sanno.

da Lettera di Ecole 19 11 2013   


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