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Liberazione-Letizia contro Moratti

Letizia contro Moratti Centomila studenti accerchiano, pacificamente, la zona rossa intorno agli Stati Generali del governo. La scuola pubblica boccia la mercificazione del sapere Angela Nocioni, ...

21/12/2001
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Liberazione

Letizia contro Moratti
Centomila studenti accerchiano, pacificamente, la zona rossa intorno agli Stati Generali del governo. La scuola pubblica boccia la mercificazione del sapere
Angela Nocioni, Checchino Antonini
Quattro erano di serie A - avevano la giacca, la cravatta, l'aria soddisfatta - altri, molti di più, erano dimessi e avvolti da un sacco nero di quelli per la spazzatura, marchiati da un codice a barre, merci tra le merci. Studenti. Ma di serie B. Invece che dietro a uno striscione, il movimento ha scelto ieri di marciare dietro questo quadro vivente per mostrare come sarà la scuola in tempi di riforma Moratti. In centomila, almeno, hanno invaso le strade dell'Eur con tutta l'irruenza di una generazione che scopre la voglia di battersi per un altro futuro. Non certo quello di precarietà endemica scritto nelle riforme che il governo sta varando ma qualcosa che somiglia molto all'"altro mondo possibile" di cui parla la "rete delle reti" contro la globalizzazione liberista. La manifestazione inizia già nella metropolitana, affollata di giovanissimi arrivati da ogni città, dalle province, dagli istituti occupati. Leggono Liberazione, Carta, il manifesto, provano i bonghi, non sembrano più di tanto preoccupati dalla campagna terroristica condotta da alcuni organi di stampa sulla pericolosità sociale dei contestatori. Belli ma duri Un'agenzia della Deutsche bank proprio all'inizio del percorso. Il corteo le sfila davanti tranquillo. Sound, cori, sorrisi free smoking. "Né uno sputo, né un sasso" osserva perplesso il tipo con due metri di spalle messo a guardia del portone blindato. "Solo questa". Indica una A anarchica tracciata in fretta con lo spray nero. Poi ci pensa su e commenta: "Ma so' bravi 'sti ragazzini, so' tanti ma tranquilli". Non è il solo estraneo a essere incuriosito da questo fiume variopinto di quindicenni con i piercing in faccia che canta "Bella ciao" a squarciagola. Impiegati sorridenti sbirciano dietro ai vetri. Poi si assiepano alle finestre. Se ne apre una. Un colletto bianco saluta a pugno chiuso il furgone che invoca "disobbedienza sonora". Sull'aria di Guantanamera la ministra è avvertita: "Stiamo arrivando, Moratti, stiamo arrivando!...". Così, l'immenso corteo si snoda sotto edifici progettati da Piacentini pensando alla "Terza Roma" e che, invece, sono circondati dal "Quarto stato": il movimento studentesco che ama la scuola pubblica e odia la guerra e per questo sommerge di fischi Pietro Folena, numero due della Quercia (partito che ha votato per l'intervento armato ma che ha anche voluto autonomia, parità e privatizzazione dell'istruzione), che aveva tentato di conquistare la testa del corteo. Sono scesi a Roma, in massa, gli umbri - Comitato studentesco della regione, Giovani comunisti, i liceali di Foligno - che erano pronti a ospitare i loro colleghi di tutta Italia prima della ritirata strategica degli Stati generali. Tantissimi gli spezzoni dei napoletani, tra gli ultimi ad abbandonare la piazza, e poi i toscani, il centro sociale Godzilla di Livorno - per la terza volta a Roma in meno di un mese - Pescara, Teramo, Como, il movimento autonomo di Cosenza, emiliani e romagnoli a reggere uno striscione dedicato al "S@pere sociale, tra la via Emilia e il West", poi ancora tante scuole romane specie di periferia e gli universitari dei collettivi: "E' bello vedere tanta gente che si dà da fare per il tuo stesso obiettivo", dicono a Liberazione gli studenti dello scientifico occupato Croce del Tiburtino. Molti sono giovani comunisti (ormai in partenza per l'assemblea nazionale di Foligno), altri fanno parte di collettivi autorganizzati, sempre più spesso in rete con esperienze analoghe nel resto d'Italia, in coda Uds e sinistra giovanile ma tantissimi ragazzi non hanno appartenenza. C'è chi non resiste alla tentazione: si copre il volto e si scopre le natiche da mostrare al cordone di "guardie", lontane dietro certe transenne ma bardate di tutto punto. La ferita di Genova è tutt'altro che sanata. Sigarette Emme-elle Ma la più gettonata nei canti e nelle scritte è senz'altro la ministra che non avrebbe mai immaginato un così basso indice di gradimento. Moratti e Berlusconi vengono disegnati come grotteschi personaggi di cartoni animati, donna Letizia diventa addirittura, nelle fantasie degli studenti di Brindisi, il marchio di un pacchetto di sigarette, le Ml, appunto, con l'avvertenza: "Nuoce gravemente all'istruzione". Dal II Commerciale di Oristano e dall'Agrario Pacinotti di Cagliari hanno viaggiato 14 ore per venire fino qui: "Siamo convinti che la riforma si possa bloccare", spiegano in gruppo al cronista e poi raccontano di autogestioni a macchia d'olio, "come un virus", e dei presidenti delle consulte provinciali sarde schedati da emissari della ministra. Quando uno di loro ha provato a spiegarlo alla kermesse è stato zittito bruscamente: "Il lavoro più grande - continuano - è per sensibilizzare la gente, c'è molta disinformazione". "Da quanto tempo non vedevi un movimento così grande?", chiede un liceale romano a un quarantenne no-global. Il Roma social forum è tra gli studenti, così anche i disobbedienti, confusi nel movimento insieme ai volti più noti, Casarini, Caruso, Agnoletto che sottolinea come uno degli argomenti del Wto sia l'attacco a scuola e sanità pubbliche. In piazza ci sono parecchi docenti, certi spezzoni sembrano gite scolastiche anche se la maggior parte degli insegnanti è rimasta inchiodata al posto di lavoro visto che nessuno ha proclamato uno sciopero. Ma finalmente alle bandiere di Cobas e Cub, frequentatrici abituali di questi cortei, si sono aggiunte quelle della Cgil scuola portate dalle Rsu che fanno riferimento alla minoranza di sinistra. Molti insegnanti sono precari, "generazione esclusa per colpa di graduatorie bloccate", spiega Marco Natalini del Comicon. "Due giorni che hanno delegittimato Moratti e il suo progetto che non ha convinto neppure il circo Barnum degli invitati", è la chiosa di Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola quando arrivano in piazza gli studenti invitati al PalaCongressi ma cacciati per aver osato contestare lo show della ministra e di Berlusconi. Entusiasta Erri De Luca che osserva la coda dello sfilamento: "Genova prima, e la guerra dopo hanno reso non ciclico ma inestirpabile questo movimento". Poliziotti esagerati A Piazzale dell'Industria, la testa del corteo basta da sola a riempire l'enorme spiazzo. Gli altri sono dietro, lungo la Colombo, fino all'orlo dell'accesso al blindatissimo piazzale Kennedy. Il palazzo dei Congressi è accerchiato. Una fila di agenti schierati in assetto antisommossa impedisce ai manifestanti di accedere all'ultima porzione di Piazzale dell'Industria. Non c'è ragione, visto che l'autorizzazione al corteo comprende l'intera piazza. Proteste, civilissime proteste, rivendicano il diritto ad occupare tutto lo spazio consentito. Qualche tensione, infine l'ordine agli agenti: arretrate. Al loro posto un cordone di manifestanti, a garantire che il margine di sicurezza non si assottigli troppo. Nella terra di nessuno tra gli studenti e i poliziotti rimane una Moratti- Befana in cartapesta. Sale il sound. Il volume è da festa di piazza. Le teste di tutti si voltano verso destra. La musica arriva da un furgoncino fermo davanti all'ampio varco che collega piazzale dell'Industria con l'area del palazzo. Lì sopra, in magico equilibrio, un ragazzino esile esile balla da solo. Soltanto ora la maggioranza della piazza si accorge della grate che chiudono il passaggio alla zona rossa. Grate identiche a quelle usate per il G8. "Genova" "Genova" "Ci chiudono fuori come a Genova". "Assassini, Assassini" "Carlo è vivo. Carlo è con noi". Davanti alle grate un folto schieramento di polizia. Davanti allo schieramento di polizia gli studenti genovesi. Spunta un cartello "20 luglio, 20 dicembre. Cinque mesi. Il movimento non dimentica". Seduta a terra c'è Valeria. Un'amica di Carlo. Ne parla con pudore. Tutt'intorno si fa silenzio. Lei esita, poi cominicia, quasi sussurra: "Gli sarebbe piaciuta questa giornata. Noi siamo qui, anche per lui. Nonostante l'arroganza di chi pretende di sapere chi fosse Carlo noi non ne faremo mai un martire. Preferiamo ricordarlo così, in piazza. E ricordare a tutti come l'hanno ucciso". Si guarda dietro le spalle. Non c'è un metro quadro vuoto. "Non speravo di vedere ancora tante persone alle manifestazioni. Io ho avuto paura di tornare in strada. Invece siamo qui". Dalla città di Carlo sono arrivati in cento, gli altri sono rimasti a difenedere le 23 autogestioni ancora in corso. La kermesse è finita. Moratti contestata dentro e fuori dal Palazzo, giornalisti spintonati sotto l'occhio delle telecamere, Berlusconi sparito da una porta sul retro. Nella zona rossa rimangono solo i 3500 (tremilacinquecento) agenti chiamati a vegliare sullo show della ministra e ciò che resta del passaggio della polizia a cavallo. Proprio lì, davanti al candido gazebo ai piedi della scalinata. Un surreale schieramento di poliziotti protegge il palazzo vuoto ormai da un'ora. Visiere del casco abbassate, scudi alti, manganelli impugnati chiudono il viale della Civiltà del lavoro rinominato dai manifestanti "Viale dell'Inciviltà del lavoro precario". Ragazzini premono sulle transenne, qualcuno le scavalca, attimi di tensione. "Non cascate nelle trappole, andatevene a casa, questo è uno specchietto per le allodole" si sgola Francesco Caruso del Laboratorio della Disobbedienza sociale. I ragazzini residui alla fine capiscono e se ne vanno.


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