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Liberazione: Invalsi, la ricerca è co.co.co

All’istituto di valutazione del sistema d’istruzione, 71 dei 110 dipendenti sono irregolari. A luglio scadono 51 contratti

09/04/2006
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Liberazione

Andrea Milluzzi
Rischia grosso un altro protagonista della ricerca italiana: l’Invalsi (istituto nazionale di valutazione del sistema d’istruzione) è il territorio dell’ennesima protesta dei ricercatori, sempre più precari e con l’acqua alla gola. Nato come Cede (centro europeo di educazione) l’Invalsi è il centro di ricerca del ministero dell’istruzione che si occupa di indagare nel campo dell’educazione, valutando e comparando a livello internazionale i metodi educativi, le competenze ecc. in collaborazione con istituti internazionali come l’Ocse e la Iea. Il problema è che dei 110 dipendenti ben 72 sono co. co. co. e 51 di questi hanno il contratto in scadenza a fine giugno e vanno incontro alla mannaia dei tagli del 4% alla spesa della pubblica amministrazione, contenuti nella finanziaria 2003.
Dalla dirigenza non è stata spesa una parola sul loro futuro, anzi «da quando c’è la nuova presidenza, quindi dal dicembre scorso, non abbiamo mai avuto il piacere di incontrarla» racconta Margherita, una delle ricercatrici Invalsi. In realtà quella dell’Invalsi è una situazione quasi paradossale, essendo l’istituto tecnicamente vuoto: quelli che non sono collaboratori sono tutti in posizione di comando e vengono dal Miur e dalla scuola, gli altri sono gioco forza collaboratori (visto che non sono mai stati banditi concorsi per quest’ente) provenienti dalle Università. Prima avevano contratti di prestazione d’opera, poi sono diventati collaboratori stagionali, quindi, dopo una vertenza sindacale nel 2001, hanno strappato alcuni diritti quali le ferie, la maternità e la durata annuale dei contratti (ridotta a 6 mesi con la nuovo presidenza).

Età media 35 anni, assunti da 5 anni, ma qualcuno anche da 9, i precari dell’Invalsi adesso temono che il mancato rinnovo dei 51 contratti sia solo l’avanguardia di soluzioni ben più drastiche: «Le attività che fanno i nostri 51 colleghi, l’istituto dovrà garantirle anche senza di loro: e chi le farà? - si chiede Margherita - La nostra paura è che le intenzioni del ministero siano quelle di esternalizzare il lavoro dell’Invalsi, già lo hanno fatto con il reparto informatico e il web che sono strumenti indispensabili per il nostro lavoro. Cercano partneriati con l’università, ma noi dovremmo lavorare autonomamente da tutti. Questo la dice lunga sulla volontà di tenere vivo l’Invalsi».

Adesso i lavoratori sono in stato di agitazione, con assemblee quotidiane che sono l’unico strumento che possono utilizzare visto che il diritto di sciopero non è dato ai collaboratori, stretti fra la necessità di protestare e quella di evitare i ricatti: «Se noi fermiamo la produzione, essendo collaboratori ci possono dare la colpa. E’ questo il ricatto che fa la proprietà. Pensa che per contratto noi potremmo essere sottoposti a valutazioni individuali da parte dei responsabili di settore, ma non ce l’hanno mai chiesta. E’ successo per la prima volta adesso, con l’inizio dello stato d’agitazione». La settimana prossima è in programma un’iniziativa a Frascati, per legare la lotta dell’Invalsi al territorio. E’ partito anche un ricorso per far risalire al 2004 (quando il ministero emanò un decreto che secondo i sindacati sarebbe anch’esso istitutivo) la fondazione dell’Invalsi, in modo da eludere i tagli della finanziaria. Ma nel frattempo i rappresentanti sindacali aspettano sempre una convocazione.


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