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Lezioni in strada, la resistenza dei prof “Così sfidiamo le epurazioni di Erdogan”

Ankara. Tra i docenti universitari licenziati perché accusati di opporsi al Sultano. “Con gli studenti in parchi e piazze. La nostra lotta per la libertà”

02/04/2017
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la Repubblica

MArco Ansaldo

Prima lezione: «Egemonia e contro egemonia». Professore: Yasin Durak. Ore 10. Kugulu Park, Ankara. Dice l’accademico, a un certo punto del suo discorso, con un riferimento chiaro all’attualità: «Vedete, a volte il potere pensa di arrivare a restringere le potenzialità della scienza. Comunque, com’è evidente, noi siamo pronti a portarla pure per le strade». Seconda lezione: «Resistere attraverso la Storia». A cura dei docenti dell’accademia. Terza lezione: «La crisi dell’istruzione». Dottoressa Nejla Kurul. E nell’arena del parco la professoressa Kurul, di fronte a un pubblico eterogeneo, composto da studenti ma anche da passanti e curiosi, per accompagnare le sue parole disegna con le mani gesti ampi, quasi fosse a teatro. Oppure nell’aula magna della sua università, da cui invece è stata cacciata.

Ankara, Kugulu Park, pieno centro della capitale turca. Che cada ancora la neve come avvenuto poche settimane fa o faccia capolino il sole, come in queste prime giornate di primavera, un gruppo agguerrito di professori universitari intabarrati nei loro cappotti e cappelli prende la mattina i fogli della lezione, una lavagna nera sotto braccio, e si avvia nell’arena del parco. Sulla lavagna portatile hanno scritto con il gesso “Sokak Akademisi”. Accademia di strada. Il titolo della lezione. Il docente incaricato. Ora e luogo.

Si sono ribattezzati, in inglese, “Street Academy”, o “Ankara Solidarity Academy”. Più chiaro di così... Sono i 300 docenti licenziati dall’università della capitale durante la repressione seguita al fallito golpe del 15 luglio scorso. Per lo più laici, lontani dal verbo ufficiale del partito conservatore di ispirazione religiosa al potere, sono stati accusati di legami con l’imam considerato la mente del putsch, Fethullah Gulen, in autoesilio in Pennsylvania dal 1999, o di opporsi al prossimo referendum su tutti i poteri al capo dello Stato. E, quindi, licenziati in tronco. Un colpo durissimo, per ognuno di loro, e per le loro famiglie. Ma in molti hanno saputo reagire. Si sono riuniti, parlati, e hanno scelto un’iniziativa tanto semplice quanto dirompente: continuare i loro corsi, ma per strada, per i loro studenti, a dispetto di tutto.

Nessuno finora li ha fermati. Anzi, gli altri 300 loro colleghi cacciati a Istanbul e nelle altre università turche hanno marciato per loro e ora preparano iniziative analoghe un po’ dappertutto. Gli studenti sono entusiasti. Dice Aylin, studentessa di Scienze Politiche: «Questa decisione dei professori non solo ci permette di non perdere un anno prezioso di studio. Ma in questo modo manteniamo i contatti e, anzi, assistiamo a lezioni ancora più interessanti sia per le modalità con cui si svolgono sia per la forza messa negli argomenti proposti». Spesso a concludere le lezioni sono gli applausi. Lezioni di democrazia.

Nella Turchia post golpe il decreto numero 686 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 7 febbraio ha portato il numero di accademici licenziati a 330. Dentro ci sono nomi pesanti, come quello del costituzionalista Ibrahim Kaboglu, alfiere dei diritti civili e docente anche alla Sorbona. Tre giorni dopo, docenti e studenti uniti a braccetto sono scesi in piazza contro le purghe di Stato. Dieci arrestati, uno con la gamba rotta dalla polizia, gli agenti sopra le toghe dei giuristi con gli scarponi. I campus turchi si sono infiammati. Solidarietà è stata espressa dall’Università del Bosforo e da quella di Kadikoy a Istanbul. Canti e slogan: «Basta con l’autocrazia, lunga vita alla libertà», «Non potete nascondere la verità», «Noi non ce ne andiamo». Ma le porte delle aule sono comunque rimaste chiuse per i docenti incriminati, e poco inclini sia ai compromessi sia nel piegarsi davanti al potere costituito. Però, i docenti della Street Academy hanno fatto propria la citazione di Theodor Adorno: «La scienza ha bisogno di quelli che disobbediscono».

Ed eccoli per strada, adesso. Dice Sureyya Karacabey, espulsa dalla sua Università di Ankara, dalla facoltà di Lingue, storia e geografia dove insegnava: «Abbiamo portato l’accademia in mezzo alla vita. Abbiamo cominciato a fare corsi andando nei posti dove la gente vive, come nei parchi ». Aggiunge Mehmet Mutlu, uno dei fondatori dell’iniziativa, assistente ricercatore al dipartimento di Scienze Politiche all’Università tecnica del Medio Oriente: «Le università sono istituzioni universali. Se la produzione di conoscenza e di idee arriva a essere sotto attacco in qualche parte del mondo, la gente che sta altrove dovrebbe cominciare a preoccuparsi e a reagire. Noi vorremmo che i nostri colleghi all’estero fossero sensibili all’oppressione cui siamo soggetti oggi qui, e agiscano di conseguenza. Grazie, allora, per la vostra solidarietà». Grazie per la lezione.