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Legge Stabilità, gli studenti: «Tagli per 220 milioni di euro»

Studenti e sindacati contro la Finanziaria: sotto accusa la riduzione dei fondi universitari e l’aumento irrisorio per contratti docenti e Ata: 8 euro lordi al mese. Emendamenti pd in favore del diritto allo studio e del personale amministrativo

10/11/2015
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

La premessa è d’obbligo: niente è ancora definitivo, visto che le opinioni sulla legge di stabilità da parte dell’Europa sono attese per il 16 novembre, quando la legge di Stabilità arriverà in Aula, e dato che sono stati presentati 3536 emendamenti da parte di maggioranza e opposizioni, senza contare le proposte di modifica in arrivo da parte del governo. Ma per ora a fare i conti in tasca al Miur ci pensano sindacati e associazioni di studenti, e il grido d’allarme è unanime: «Troppi tagli per l’istruzione».

Studenti sul lastrico

A fare i conti in tasca al settore è l’associazione Link coordinamento universitario, che nota che «l’ennesima accetta del governo prevede venti milioni annuali in meno sul Fondo di finanziamento ordinario, per un periodo di tre anni, e 14 milioni in meno sul Fondo Enti di ricerca». A questi si aggiungono i tagli sulle voci di spesa del Miur, che secondo le stime ammontano a 220 milioni solo per il 2016. «La legge di Stabilità ha costituito l’ennesima occasione persa per questo Governo - sottolinea Alberto Campailla, portavoce di Link - dopo gli annunci ripetuti sulla necessità di dare nuova linfa al nostro sistema universitario, non solo non si investono risorse, ma anzi si rafforza e persegue in prospettiva per i prossimi anni la politica dei tagli. Una contraddizione che mette a nudo la continuità del Governo Renzi con i precedenti e che dimostra come il Ministero faccia finta di non vedere la situazione drammatica che gli studenti continuano a denunciare».

Le proteste

I fondi per gli studi universitari sono sicuramente la spina nel fianco delle risorse per l’istruzione: e lo dimostrano le proteste della scorsa settimana di Udu e Rete studenti, che hanno messo in campo un flash mob per il diritto allo studio: «Mediamente, una famiglia spende 1525 euro per sostenere i costi di un figlio iscritto a una scuola superiore. Gli universitari italiani pagano tra le tasse più alte in europa e il diritto allo studio coinvolge solo l’8% degli studenti, una quota irrisoria. Gli studenti si trovano di fronte ad un sistema che fa di tutto per tenerli fuori dalle università, e il calo delle iscrizioni (-4% nell’ultimo anno) ne è la dimostrazione» , sostengono. E altre proteste sono in arrivo: quello del 13 novembre, convocato dai Cobas, non è solo uno sciopero contro la legge 107, ma è soprattutto una manifestazione «per esprimere l’indignazione dei docenti e Ata per la grottesca proposta di contratto (inserita nella Legge di (in)stabilità, con un aumento medio di 8 euro lorde al mese) e per esigere un consistente recupero salariale», come sottolinea Piero Bernocchi, leader dei Cobas. Gli altri sindacati per ora non aderiscono allo sciopero, ma non tacciono: «Il governo non intende rinnovare i contratti pubblici, ai quali destina una cifra risibile, ed è intenzionato quindi solo ad aprire la trattativa per introdurre le vessatorie norme della cosiddetta legge Brunetta», nota la Flc Cgil.

Gli emendamenti in casa Pd

Tutte emergenze - sia quella delle borse di studio universitarie sempre più contingentate, sia quella del personale amministrativo e ausiliario - che i componenti dem della Commissione Cultura hanno ben chiare. Per questo hanno presentato una serie di emendamenti in cui, come spiega la senatrice Francesca Puglisi, «si chiede all’esecutivo un ulteriore passo in avanti per garantire il diritto allo studio per gli studenti meritevoli e privi di mezzi. C’ è anche l’ esigenza di porre fine al blocco del turn over dell’università e degli enti pubblici di ricerca». «Richieste di modifica riguardano inoltre - aggiunge Puglisi - il settore dell’infanzia (per l’attuazione della delega contenuta nella legge 107) e il personale ATA».

Le contraddizioni

Ed è proprio la Cgil a fare le pulci agli articoli della Finanziaria che mettono a rischio la vita delle istituzioni scolastiche: dalla riduzione dei fondi per i collaboratori a al taglio di 30 milioni di fondi per l’edilizia universitaria non spesi, dalle risorse dei progetti dell’Indire non realizzati (un milione di euro che al posto di tornare all’Indire per realizzare altri progetti verrà stornato all’erario) alla riduzione di 2 milioni per le istituzioni scolastiche all’estero. Fino alle somme assegnate alle istituzioni scolastiche per le supplenze, i 60 milioni che, secondo la Finanziaria in questa prima versione, dovranno essere acquisite dall’erario perché a fare da supplenti saranno i professori dell’organico funzionale. Che però non sono ancora stati assunti.


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