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Le tre cose che mancano alla scuola

Andrea Gavosto

24/06/2020
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La Stampa

La lunga attesa è finita. Il ministero dell'Istruzione ha infine partorito le linee guida per la riapertura della scuola. Riapertura che avverrà il 1° settembre per chi avrà bisogno di recuperare le lacune di quest'anno, accentuate dal lockdown.
Sulla carta, dunque, non solo gli studenti con debiti formali: è una piccola novità importante. Dal 14 per tutti. Il testo sarà discusso giovedì con le Regioni: aspettiamoci modifiche, ma l'impianto generale appare ormai definito. Il principio ispiratore è quello di un doppio livello di responsabilità. Il ministero propone solo indicazioni generali, che rimandano a quelle del Comitato tecnico scientifico per le misure di sicurezza sanitaria, rivedibili di qui a settembre. Le indicazioni andranno poi articolate a livello territoriale, con tavoli regionali e conferenze di servizi degli enti locali, che coinvolgono tutti gli attori. Il loro compito sarà, ad esempio, coordinare le nuove esigenze delle scuole con il sistema dei trasporti locali e, se necessario, individuare nuovi spazi, fuori dalla scuola, dove svolgere la didattica. La declinazione territoriale è interessante e inedita: finora l'azione del governo si era ispirata a regole omogenee per tutto il Paese. Il secondo livello è quello dei singoli istituti, secondo il principio dell'autonomia scolastica. Di fatto, spetterà agli organi della scuola, dirigenti in primis, scegliere le soluzioni più appropriate dal ventaglio di quelle proposte dal ministero: scomposizione della classe in gruppi più piccoli; turni e modifiche dell'orario; la possibilità della tanto vituperata didattica a distanza nel caso delle superiori (con un apposito piano di formazione dei docenti); l'estensione della scuola al sabato. Ogni scuola ha identità e caratteristiche proprie: giustamente, le scelte vanno fatte per la realtà specifica.
Pur generico, il documento è chiaro e ragionevole; rispecchia la complessa, quanto confusa, interazione dei livelli di governo che caratterizza la scuola italiana. La vera domanda è quindi: perché adesso? Un documento come questo si sarebbe potuto far uscire almeno un mese fa, dando alle scuole maggior tempo per prepararsi a una ripresa ormai molto vicina. Che cosa manca? A prima vista, tre cose. In primo luogo, il documento carica il dirigente scolastico di grandi responsabilità, in parte nuove. Perché non sia uno scaricabarile e affinché il preside le assuma senza paura e con lungimiranza, è necessario che si senta tutelato per quanto riguarda le conseguenze civili e penali delle proprie decisioni. Si aspetta da tempo un provvedimento normativo in questo senso; stupisce che nel documento il tema non sia praticamente affrontato. Secondo, il dirigente scolastico e il suo staff non avranno sempre tutte le competenze – in alcuni casi molto tecniche – che servono in una situazione del tutto anomala. Ma, ci chiediamo: quali figure tecniche, oltre al medico competente, aiuteranno a risolvere lo specifico problema di una data scuola, ad esempio, nei piccoli ma importanti interventi di adattamento degli spazi e di gestione dei flussi?
Infine, le linee guida prevedono sostanzialmente due scenari: uno di "quasi" normalità e l'altro con una ripresa del contagio così grave da richiedere un nuovo lockdown. Manca lo scenario intermedio: sarebbe stato previdente inserire nel documento indicazioni per definire situazioni in cui, a fronte di riprese moderate o locali del virus, le scuole potessero "modulare" le proprie risposte di sicurezza e organizzative. Un cauto ottimismo è accettabile, ma è utile sempre avere un piano B, se poi le cose non andassero sempre così bene, senza volgere al peggio. Siamo infatti convinti che – salvo casi davvero gravissimi – la scuola non può più permettersi di chiudere di nuovo.
*Direttore Fondazione Agnelli —


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