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Le pensioni dei giovani? Se ci saranno i soldi

Le pensioni dei giovani? Se ci saranno i soldi Il ministro Maroni ammette che ci potrebbero essere dei tagli alle prestazioni. Due milioni di iscritti ai Fondi pensione PAOLO ANDRUCCIOLI ROMA Il g...

22/05/2002
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Le pensioni dei giovani? Se ci saranno i soldi
Il ministro Maroni ammette che ci potrebbero essere dei tagli alle prestazioni. Due milioni di iscritti ai Fondi pensione
PAOLO ANDRUCCIOLI
ROMA
Il governo Berlusconi si prepara a tagliare le pensioni prossime future. Il fatto non avverrà certo tra pochi giorni e non viene neppure dichiarato esplicitamente (a poche ore dalle elezioni amministrative). Ma ieri il ministro del welfare e del lavoro, Roberto Maroni, ha rilasciato una prima importante dichiarazione in tal senso. Parlando all'assemblea annuale della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, il ministro Maroni ha per prima cosa ripetuto ciò che sostiene la sua delega previdenziale. Ovvero che il taglio di 5 punti dei contributi dei nuovi assunti non avrà effetti sulle pensioni future. "La decontribuzione - ha spiegato il ministro - avviene (dovrebbe avvenire) senza effetti negativi sulla determinazione dell'importo pensionistico del lavoratore". Ma è anche ovvio che essendo il sistema "a ripartizione", riducendo le entrate degli enti pubblici, diminuiranno le capacità finanziarie per pagare le pensioni. In sostanza, il ministro ammette che la pensione "non sarà garantita dalle norme, ma dalle concrete possibilità esistenti in quel momento (al momento di andare in pensione, ndr) in termini di finanza pubblica". Maroni ha anche aggiunto che ai giovani dovranno essere garantire risorse reali, non solo promesse. Si tratta dunque di una vera notizia. E' la prima volta che un esponente del governo di centro destra - che ha vinto le elezioni promettendo l'abbassamento delle tasse e l'innalzamento delle pensioni - ammette che le pensioni future potranno essere tagliate. "Il discorso che ha pronuciato il ministro Maroni alla Covip - spiega il professor Roberto Pizzuti dell'Università La Sapienza - non è sorprendente. Caso mai erano sorprendenti il testo e la relazione della legge delega che escludevano effetti sulle prestazioni dovuti alla decontribuzione". Secondo Pizzuti - che è uno dei massimi esperti di sistemi previdenziali e di welfare - il ministro ha chiarito così un punto evidente: "essendo il sistema a ripartizione, le prestazioni devono essere in equilibrio con le contribuzioni contemporaneamente versate dai lavoratori. Se quindi oggi riduciamo per i nuovi assunti le aliquote delle contribuzioni, le entrate contributive si ridurranno progressivamente: l'equilibrio imporrà un abbassamento corrispondente delle prestazioni, ovvero delle pensioni".

Sempre Pizzuti spiega che una delle alternative potrebbe essere quella di scaricare sulla fiscalità generale "gli effetti della decontribuzione", cosa che un altro esperto di pensioni, come Giuliano Cazzola, esclude nettamente. Ma se non si farà questo, allora si rischia di provocare - è la tesi di Pizzuti - "un incremento del debito pubblico dell'ordine di quasi un punto di Pil all'anno". "Detto in termini schematici - conclude il professore - la decontribuzione che oggi il governo propone comporterà per i nuovi assunti una ulteriore riduzione delle pensioni pari a circa il 17% rispetto ai livelli che le pensioni raggiungeranno tra qualche anno quando la riforma Dini sarà a regime". E tutti sanno che la Dini (quando sarà a regime) ridurrà i "tassi di sostituzione" delle pensioni rispetto all'ultima retribuzione di 10 punti per i lavoratori privati e di 20 punti per i pubblici. La riforma Maroni aggiungerà quindi un "taglio" ulteriore delle pensioni pubbliche del 17%. Saremo ormai a meno della metà dell'ultima retribuzione.

Un sistema del genere non fa che spin gere tutti verso la cosiddetta previdenza complementare che il governo di destra vorrebbe far diventare la principale. L'obiettivo finale è ridurre al minimo la pensione pubblica per lanciare anche in Italia i Fondi pensione. Ieri la Covip ha parlato di un leggero rallentamento nel 2001 dei Fondi che però hanno raggiunto complessivamente quasi 2 milioni di iscritti. L'attivo netto è stato pari a 3.199 milioni di euro, con una crescita dell'83,6% rispetto al 2000. In totale i Fondi pensione italiani sono ora 718, mentre i Fondi di nuova istituzione sono 143 (41 negoziali e 102 aperti). Il fondo pensione chiuso (o contrattuale) più consistente per numero di iscritti è quello dei metalmeccanici, Cometa, con 368 mila aderenti, con un aumento di circa il 9 per cento. Per quanto riguarda invece i Fondi aperti (ovvero quelli che non sono di categoria o contrattuali), la fanno da padrone le Sgr (società di gestione del risparmio) e le assicurazioni.


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