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Le nuove sfide dell’insegnare medicina

Dopo la pandemia

05/05/2020
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Corriere della sera

di Marco Montorsi

La pandemia di Covid-19 ha pesantemente influito sulla vita e l’organizzazione delle università in tutte le articolazioni, dalla didattica alla ricerca alla vita lavorativa di tutto il suo personale. Per le Università con Scuola di medicina l’impatto è stato ancora più significativo per lo stress a cui sono state sottoposte le strutture ospedaliere sede dell’ insegnamento pratico e delle attività di tirocinio per i futuri medici e per gli specializzandi.

In un paio di settimane a inizio marzo la chiusura degli atenei ha richiesto la trasformazione della totalità dei corsi e delle lezioni in modalità a distanza — definito come «emergency remote teaching» — con un grandissimo sforzo organizzativo per un sistema certamente non preparato a una transizione così vasta e repentina, anche per una cultura digitale non uniformemente diffusa nella classe docente, ma consentendo tuttavia alla stragrande maggioranza dei nostri studenti di continuare a ricevere una formazione adeguata e continuativa.

La digitalizzazione delle attività didattiche (dalla simulazione alle diverse forme di comunicazione scientifica) sarà ora la parola chiave che ci consentirà di affrontare con più sicurezza l’inizio del prossimo anno accademico. E proprio poiché dai momenti di maggior crisi nascono anche le grandi opportunità, dobbiamo fare tesoro di queste potenzialità informatiche per preparare al meglio l’inizio del prossimo anno accademico.

Stante infatti le perduranti necessità del distanziamento sociale e le difficoltà agli spostamenti, specie per gli studenti internazionali che sono e potrebbero essere ancora al loro domicilio, la didattica a distanza o una sua versione mista o blended continuerà a giocare un ruolo importante. Questo significa che si riprenderà appena possibile anche la forma tradizionale in presenza, pur se percentualmente ridotta, fondamentale per l’insegnamento delle scienze della vita. L’esperienza di questi mesi ci ha insegnato che la didattica da remoto non può consistere nella semplice trasmissione online della lezione in presenza, propria invece di alcune modalità telematiche. Per questa nuova fase è necessario infatti l’affinamento delle tecniche didattiche per ottenere un buon livello di interazione con gli studenti mantenendone viva l’attenzione, obiettivo senz’altro più difficile senza il contatto diretto e la capacità empatica e gestuale dell’aula: ma gli strumenti per farlo sono già disponibili nelle piattaforme online in uso e vanno senz’altro utilizzati appieno (piccoli gruppi interattivi, assegnazione di compiti preventivi, quiz intercalati). La figura di un educational manager diventerà sempre più centrale per la alfabetizzazione digitale dei nostri docenti. E per migliorare l’efficacia didattica sarà molto importante disporre di valutazioni degli studenti su questi primi mesi di esperienza, quando la transizione è avvenuta con tempi e modalità così rapide. Nel nostro ateneo, le risposte a un primo questionario ci hanno molto aiutato a aumentare il gradimento degli studenti e a ingaggiarli positivamente.

La scelta della didattica a distanza comporta anche l’affrontare il problema del digital divide cioè della disponibilità e qualità dei supporti digitali e delle reti di connessione ancora non omogenee nel Paese e rese più evidenti dall'emergenza. Manovre e aiuti specifici sono stati programmati dal governo e si spera siano resi rapidamente disponibili. E nell’attesa che negli ospedali di insegnamento si riducano le pressioni assistenziali e si possa prevedere di riaccogliere in sicurezza gli studenti per il tirocinio pratico, cosa possiamo fare ? Una grande opportunità ce la offre la didattica simulata, cioè quel complesso di tecniche e tecnologie digitali che consentono di effettuare e apprendere in un ambiente protetto tutte le manovre (o skills) pratiche necessarie al futuro medico.

Le attività simulate stanno entrando sempre più stabilmente nella formazione del medico: grazie a manichini e tecnologie, studenti, specializzandi e professionisti possono esercitarsi in sicurezza. Come per i piloti, la simulazione è uno strumento molto utile: ci sono manovre che si possono imparare solo ripetendole molte volte e, soprattutto in un momento in cui è fondamentale garantire il distanziamento sociale, i simulatori consentono di imparare e perfezionarsi in totale sicurezza. Senza contare che con le manovre o le tecniche in questo modo si possono apprendere in forma standardizzata, garantendo ai discenti una formazione adeguata ed efficace nell’essere pronti a far fronte in qualunque parte del mondo a qualsiasi situazione di emergenza. Inoltre abbiamo la possibilità di monitorare con rilevazioni scientifiche le capacità di apprendimento e di dare feedback, andando a correggere o integrare gli esercizi.

Una forma di didattica da potenziare specie per i medici in formazione specialistica : in Humanitas University è possibile accedere in piccoli gruppi a un centro di simulazione specifico, il Cube, aperto ogni giorno 24 ore su 24, in modo da consentire agli specializzandi una maggior libertà di frequenza compatibile con i loro orari di lavoro che in questi ultimi mesi sono stati molto impegnativi. Specializzandi che hanno dimostrato in questa emergenza tutta la loro disponibilità e vocazione al lavoro affiancando il personale sanitario anche nelle aree più colpite dalla pandemia.

Una sfida importante che impegnerà tutti noi con la consapevolezza di poter governare un nuovo scenario destinato tuttavia a durare nel tempo.