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Le mille scuole del futuro, aule di giorno e agorà la sera

Nel Recovery Fund un progetto di Indire per finanziare attraverso Cassa depositi e prestiti istituti scolastici pensati per una nuova didattica. "Saranno centri civici aperti il pomeriggio alla popolazione". Gli esempi di Firenze e Scandicci

21/12/2020
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la Repubblica

Mille scuole per il futuro. Non più corridoi e classi, spostamento e lezione. Scuole diverse, da costruire – o rifare - dal 2021 al 2050. Immaginate per servire una “nuova classe” di studenti, che si fonde con le altre, spesso lavora in laboratorio, cresce per competenze che non possono più stare dentro la sola lezione frontale. Immaginate per servire il quartiere intorno. Civic center, o agorà. La scuola, ecco, finalmente al centro della vita civile di città e paesi.
 
Il cambiamento educativo sta avvenendo in tutti i Paesi occidentali e l’Italia lo interpreta con un progetto firmato da Indire, l'ufficio studi del ministero dell’Istruzione, appoggiato dalla Cassa depositi e prestiti e inserito in questi giorni nella grande greppia del Recovery Fund europeo. Alla voce “Green economy” (dove ci sono 74,3 miliardi di risorse), piuttosto che a quella, più adatta, "Istruzione" (19,2 miliardi divisi tra scuola, università e ricerca).
 

L’idea nasce dieci anni fa, ministro Francesco Profumo, convegno “Quando lo spazio insegna”. La fotografia dell’edilizia scolastica di quel presente (che è molto simile al presente del 2020) è avvilente. Tra i trentanovemila edifici su cui poggia l’istruzione italiana ce ne sono duemilaottocento realizzati tra la fine dell’Ottocento e i primi venti anni del Novecento. Il sei per cento del patrimonio edilizio – altri duemila e duecento istituti, quindi - sono prefabbricati, degni di rottamazione. Solo il 40 per cento del totale ha una mensa interna e mille edifici sono, approfondendo, appartamenti presi in affitto: la prima A fa lezione in tinello, la seconda B in salotto. Anche il famoso Majorana di Brindisi guidato dal preside Salvatore Giuliano è un residenziale riattato a scuola. Quel convegno, sì, aveva l’ambizione di riscrivere norme di edilizia scolastica ferme agli Anni ’70 in tempi di “scuola capovolta” e “dibattito in classe” e, affrontando un percorso che coinvolgerà l’Ocse e la stessa Fiera Didacta, si è arrivati al Recovery Fund contemporaneo.
 
“Il progetto ha già carne e ossa”, spiega Giovanni Biondi, già direttore generale del ministero dell’Istruzione e adesso presidente dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca innovativa. “Diverse scuole hanno prodotto progetti esecutivi e potranno diventare pioniere di un’innovazione che vuole essere duratura e prolifica". Milano e Palermo hanno già un loro istituto all’interno del progetto “Mille scuole”. Il Comune di Firenze lo ha abbracciato con convinzione e un prefabbricato che a Scandicci ospita una scuola media sarà così demolito mentre un istituto "accogliente e civico" nascerà, con 12 milioni di euro, su un campo sportivo in disuso. Due superiori di Firenze – l’Istituto tecnico industriale Meucci e l’Istituto di istruzione superiore Galilei, edifici con oltre duemila studenti ospiti – hanno già fatto gara per la progettazione: saranno buttati giù e ricostruiti secondo i bisogni di una istruzione rinnovata. Ci sono 43 milioni da spendere, qui.
  
“Nuovi istituti consentono di immaginare nuovi arredi, nuovi orari e una nuova vita dello stesso complesso dopo il suono della campanella". La formazione continua di docenti e personale, una città che si riappropria di questi spazi. “I prefabbricati dovrebbero uscire dalla geografia del Paese, le scuole di fine Ottocento e primi Novecento diventare musei, quelle che non hanno vincoli particolari essere trasformate”, conclude Biondi. Rifare il cappotto esterno o portare l’energia fotovoltaica su uno scheletro inadatto, spesso con problemi strutturali, potrebbe non servire. “A Bologna, per esempio, sono riusciti a costruire scuole innovative e utili dando i palazzi dei vecchi edfici a un Fondo immobiliare, trovando così i soldi per realizzare il nuovo a costo zero e lasciando che strutture non più utilizzabili diventassero alberghi o luoghi per mostre”.