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«Le lezioni possono ripartire lo stesso in ogni caso i controlli vanno ripetuti»

Pregliasco: Il test sierologico ha una utilità soprattutto epidemiologica, è un elemento complementare a tante altre iniziative

05/09/2020
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Il Messaggero

Non completare lo screening sierologico degli insegnanti prima dell'inizio delle attività scolastiche porta con sé un pericolo che va subito scongiurato: senza il test non sarà possibile, infatti, «individuare soggetti a rischio per il Sars Cov 2 che possano essere allontanati», come mette in guardia Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore di igiene dell'Università degli Studi di Milano. Ma la questione, in ogni caso, non finisce qui. Visto che il test sierologico «non dà una patente di sicurezza», è auspicabile che si pensi ad «un altro round più avanti».
Perché è importante la campagna di prevenzione sierologica ora prevista per gli insegnanti?
«L'anno scolastico può iniziare anche se non tutti i docenti hanno fatto l'analisi. Il test sierologico ha una utilità soprattutto epidemiologica, è un elemento complementare a tante altre iniziative. È utile per capire qual è la situazione pregressa di ognuno di noi e ci racconta la storia del passato, cioè fino a 14 giorni prima del prelievo. Va però ricordato che è un dato storico, e non sappiamo inoltre fino a che punto utile, perché alcuni soggetti che sono stati positivi e sono stati malati poi si negativizzano. C'è dunque un range di possibilità di avvenuta infezione dai tre mesi prima del test ai 14 giorni».
Nel caso di positività, quindi, si deve fare subito il tampone per avere la conferma? 
«Certo. Per questo è importante sottoporsi al test: per i positivi si prevede ovviamente l'esecuzione del tampone per capire se la malattia è in corso, e quindi si stabilisce l'isolamento e la quarantena».
Eppure, in questi giorni si fanno ancora i conti con diverse reticenze da parte di alcuni insegnanti, e con un certo disorientamento generale visto il rifiuto di aderire all'iniziativa su base volontaria da parte di alcuni medici di famiglia.
«Ribadisco, il test sierologico è un elemento complementare, ma è sicuramente un'occasione utile anche per certi versi a tutela del singolo, dà un'informazione sulla propria salute e sulla eventuale pregressa infezione. Chi vi si sottopone si rende responsabile e tutela la salute anche degli altri, perché la positività va poi confermata con il tampone. E quindi c'è un rasserenamento anche rispetto a un potenziale rischio, innanzitutto per se stessi, per la propria famiglia e per la comunità in cui si vive».
Ma una volta fatto il test si può stare finalmente tranquilli?
«Il test sierologico non dà una patente di sicurezza, quindi bisogna continuare a mantenere tutte le attenzioni e le misure di precauzione per evitare il rischio di contagio. Questo screening è importante per capire come è la situazione dei vari territori nella prevalenza della malattia, cioè della quota di casi, in modo che così si sa dove e come reagire, e avviare quindi un'azione di prevenzione». 
Quindi sta dicendo che per essere sicuri sarebbe meglio comunque fare il tampone?
«Il tampone certamente è più affidabile. Ma come si fa a fare uno screening con il tampone su due milioni di insegnanti? Anche i test rapidi, inoltre, hanno un margine di errore. Anche se alcune regioni si sono già attrezzate, si aspetta ancora la loro validazione. In ogni caso, la situazione non cambia: perché se oggi fai il tampone e sei negativo, domani magari lo rifai e sei positivo». 
Per una maggiore tranquillità, potrebbe essere utile ripetere lo screening sierologico?
«Certo, in alcune situazioni lo si fa di nuovo. Però, ripeterlo dopo 14 giorni diventerebbe impegnativo. Diciamo che è prevedibile che si possa immaginare un altro round più avanti».
Quali altre misure allora possono essere adottate per il rientro a scuola in sicurezza?
«Quello che serve è la continuità di una serie di procedure che possono essere di buon senso. Non eccediamo, per esempio, nell'uso della mascherina tutto il tempo ai bambini di sei anni. A mio avviso è fondamentale piuttosto che sia avviata una sistematicità e un'azione di sicurezza e, appunto, di buon senso. È chiaro che il rischio zero è impossibile, ma bisogna accettarlo».
Graziella Melina


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