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Le bocciature costano quasi un miliardo. Ma servono?

Dibattito- dilagano in europa i dubbi sui benefici delle ripetenze: diffuse dove le performance sono peggiori

30/09/2014
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ItaliaOggi

Giovanni Scancarello

Un miliardo. A tanto ammonta il risparmio che potrebbe essere subito investito sulla scuola, abolendo le ripetenze. In disarmo quasi dappertutto, i dati Miur evidenziano la tendenza degli ultimi anni alla diminuzione delle non ammissioni alle classi successive e all'aumento degli ammessi agli esami di Stato. All'estero non si contano quasi più i Paesi che non vi ricorrono, se non in casi eccezionali, ed è significativo come anche in Francia, Paese che ha fatto della ripetenza una bandiera, si stia tendando di abolirla. Quest'estate ha fatto discutere la proposta di decreto del Consiglio superiore dell'educazione francese che prevedrebbe che la ripetenza non possa essere disposta se non con il consenso delle famiglie, oltre che per il superamento del monte ore massimo di assenza. A Parigi calcolano che con la fine delle bocciature si risparmierebbero circa 2 mld di euro all'anno. Sulla questione è già intervenuto lo Snalc-Fgaf, uno dei principali sindacati dei docenti francesi, che contesta l'illegittimità della proposta ritenuta invasiva dei poteri del consiglio di classe, anche se non la pensano allo stesso modo altri sindacati, come Sgen Cfdt. Najat Vallaud-Belkacem, ministro dell'educazione francese, è tornata anche in questi giorni a sostenere la proposta di abolizione. Se non sarà facile che passi subito, di sicuro c'è che la rottamazione della redoublement in Francia è già iniziata. La bocciatura, che nel confronto internazionale, studiato soprattutto dall'Ocse, è correlata statisticamente con i Paesi con tassi di equità educativa più bassi e con le performance di apprendimento peggiori, rischia di rappresentare un costo economico ed umano non più sostenibile di questi tempi.

Della sua inefficacia pedagogica si sa già da tempo. Se ne sono occupati tra gli altri Holmes e Matthews (1984), Jimerson (2001), Roderick e Nagaoka (2005). Secondo uno studio dello statunitense National Center for Education Statistics (2006) gli studenti respinti rischiano 5 volte di più degli studenti promossi di finire nel girone dei drop out. Dato confermato anche da Jacob e Lefgren nel 2007. In Finlandia, ad esempio, premiare il merito non significa accontentarsi di sanzionare chi non studia, mentre la deterrenza educativa rappresentata dalla ripetenza è stata tradotta in positivo attraverso la didattica modulare, per cui uno studente non rischia di finire fuori corso di un anno, ma, se carente, ripete il modulo che ha durata più limitata, circa sette settimane. Nei Paesi Ocse il numero di studenti che ha ripetuto una classe è diminuito, specie nei Paesi che finora hanno registrato livelli molto alti di ripetenti. Per esempio, nel 2003, la Francia registrava un'incidenza della bocciatura del 39%, diminuito tra il 2003 e il 2012 al 28%. In Italia il 17% degli studenti quindicenni ha ripetuto almeno un anno scolastico, rispetto a una media Ocse del 12%. Tra il 2003 e il 2012, la percentuale di studenti che ha dichiarato di aver ripetuto almeno un anno scolastico è aumentata di 2 punti percentuali, anche se negli ultimi due anni abbiamo invertito la tendenza. Anche se di poco. Da noi il costo delle bocciature rappresenta il 6,7% della spesa annua nazionale per l'istruzione primaria e secondaria. Secondo il rapporto scuola in cifre 2009 – 2010 del Miur, un anno di ripetenza costa l'8,4% in più nella scuola media, il 7,2% ai professonali.

Secondo l'Istat la ripetenza si concentra soprattutto tra prima e seconda superiore (19,1% del totale degli studenti). Se proviamo a fare un conto incrociando dati Miur, Istat e Ocse, considerato che i giovani che ripetono l'anno nelle scuole secondarie di secondo grado sono mediamente il 6,3% degli iscritti (di cui il 7,9% sono maschi, il 4,5% femmine – fonte: Annuario Istat 2013), considerata una popolazione scolastica di 1.787.467 unità (a.s. 2010/11), che la media è di 20,9 alunni per classe, azzerando le ripetenze si genererebbe un risparmio di 5.388 classi all'anno. Se poi si calcola che secondo i dati Ocse il costo di un alunno delle secondarie è di circa 8.500 dollari l'anno, si potrebbe risparmiare qualcosa come 957.188.578,50 dollari all'anno. Siamo comunque nell'ordine di potenziali risparmi a nove zeri, tanto che nel 2007 fu calcolato dal Miur che la sola riduzione del 10% delle ripetenze nel primo biennio delle superiori avrebbe prodotto un risparmio intorno ai 56 milioni di euro all'anno. Da allora sono già passati sette anni, ma siamo ancora qui a contare i caduti. I soldi per salvarli potrebbero arrivare proprio dalla fine delle ripetenze. Per altro l'Istat fa presente che siamo di fronte ad un periodo caratterizzato da calo demografico delle femmine e aumento dei maschi, «il cui numero di iscritti, avverte, viene incrementato annualmente da ripetenze più frequenti rispetto a quelle che si registrano tra le studentesse». C'è da chiedersi, dunque, per quanto tempo ancora potrà tenersi in piedi questo stato di cose, soprattutto se pensiamo ai benchmark di Europa 2020 e ai traguardi del successo formativo e della riduzione della dispersione che, per l'Italia, sembrano sempre più lontani.


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