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Le aule senza distanze spaventano la scuola "C’è rischio contagio"

Dopo la rivolta di prof e genitori, il Comitato tecnico convoca una riunione d’urgenza: "La deroga vale solo per le vere emergenze, non siamo la stampella della politica"

15/08/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

E adesso, che gli scienziati pubblici hanno violato il tabù del metro di distanza, i docenti e i presidi, le stesse famiglie, hanno paura del ritorno a scuola. Il Comitato tecnico scientifico, «per aiutare un’istituzione in difficoltà», mercoledì scorso aveva messo a verbale che «in eventuali situazioni in cui non sia possibile garantire nello svolgimento delle attività scolastiche il distanziamento fisico prescritto, sarà necessario assicurare la disponibilità e l’uso della mascherina». A scuola si potrà scendere sotto il metro di distanza, sì, dopo che su quel metro si sono costruiti cinque mesi di politiche di difesa dal Covid.

Il mondo della scuola, che significa trenta milioni di persone con l’indotto familiare, ha reagito con veemenza. Teresa Verde, insegnante romana e precaria dell’infanzia, dice preoccupata: «Non c’è sicurezza, la scuola così non può e non deve ripartire. Per docenti e alunni bisogna avere più rispetto». Maria Elena Marcenò Sanfilippo, infanzia di Caltanissetta: «Non ci salverà una mascherina, bisogna ridurre il numero dei bimbi per sezione. Io non sono di ruolo e la questione dei supplenti Covid mi inquieta. Magari accetto un incarico, rischio in prima persona il contagio e se arriva il secondo lockdown mi licenziano». Michela Paganotto, che si definisce una maestra invisibile, fa un rapido conto: «Il rapporto insegnante-alunni resta 1 a 29, non sono stati ripristinati i certificati medici, non ci sono indicazioni certe. Al primo caso di infezione, si richiude tutto e buona notte». Elvira De Santis, docente di Sulmona: «Nessuno ha chiarito chi sarà responsabile in caso di contagio, pur di dire che la scuola inizierà il 14 settembre il ministero carica di responsabilità dirigenti e insegnanti. Per la prima volta sono terrorizzata».

I presidi nutrono gli stessi timori. Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, già contrario agli esami di Maturità dal vivo, ai suoi adesso dice: «Non è servito lavorare tutta l’estate, andate in ferie». Il rappresentante dell’Associazione per il Lazio, Mario Rusconi, certifica: «L’avvio dell’anno scolastico non può essere predisposto sulla base di incertezze e contraddizioni».

Basta un breve viaggio tra i lettori di Repubblica per comprendere lo stato d’animo diffuso del corpo docente e delle famiglie italiane: «In questo momento, più che mai, sento che i miei ragazzi e io siamo carne da macello». Ancora: «Così è una roulette russa». E, «siamo esattamente dove eravamo a marzo 2020. In quel caso ha prevalso la prudenza, ora si accetta il rischio. Nel chiuso delle classi pollaio si può stare serenamente con le mascherine». Il sindacato Snals-Confsal raccoglie questo sentiment e scrive: «Le nuove raccomandazioni del Cts ci sembrano, più che l’espressione di un’evoluzione della letteratura scientifica, un modo per sostenere la ripresa della scuola a qualsiasi condizione».

La reazione del Paese e della sua politica di opposizione e di maggioranza — Valentina Aprea, Forza Italia: «La sicurezza non è negoziabile e il Cts non può cambiare direttive date a giugno»; Gabriele Toccafondi, Italia Viva: «Questa novità lascia inalterati i problemi, resta la previsione che almeno 500 mila ragazzi non torneranno nelle loro classi» — ha colpito e agitato il Comitato tecnico scientifico. Una riunione, urgente, è stata fissata per mercoledì 19. «Torniamo a ridiscutere del problema perché non siamo la stampella della politica», dice un suo membro, «abbiamo voluto aiutare la scuola perché ne conosciamo l’importanza e il bisogno di ripartire. Il premier Conte e la ministra Azzolina ci avevano parlato di un numero limitato di istituti senza classi sufficienti, stiamo scoprendo che il problema degli spazi è diffuso in tutto il Paese e ha un rapporto stretto con il ritardo dell’arrivo dei banchi monoposto. Mercoledì ribadiremo che questa deroga alla distanza di un metro sarà consentita solo per le situazioni di emergenza e sarà obbligatorio trovare soluzioni in tempi rapidi». Soluzioni come le tensostrutture esterne, per esempio. Già, in tutto il Paese ci sono edifici scolastici senza aule sufficienti a garantire il distanziamento degli studenti. A Roma si stima un deficit di 400 classi. A Mantova si contano ventidue istituti con problemi di spazio irrisolti. Non è solo un’emergenza, come inizialmente compreso dal Cts, della Campania e della Calabria: i presidi sono a corto di metri in tutte le grandi città e nelle province del Centro-Nord. Il 5-6 per cento degli studenti, ad oggi, è fuori. La ministra Lucia Azzolina ripete, però: «Ogni cosa sta andando a posto, pezzo dopo pezzo».


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