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La vita quotidiana nel miglior dipartimento universitario d’Italia

L’ANVUR ha stabilito che il mio dipartimento è il migliore d’Italia per la ricerca nelle Scienze della Terra. E allora voglio raccontare un po’ della vita che ci si fa.

23/03/2017
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ROARS

Nicola Casagli

L’ANVUR ha stabilito che il mio dipartimento è il migliore d’Italia per la ricerca nelle Scienze della Terra. E allora voglio raccontare un po’ della vita che ci si fa. Il miglior dipartimento d’Italia ha rischiato di chiudere, perché la legge Gelmini obbligava a essere 40 professori e ricercatori dello stesso settore disciplinare per costituire un dipartimento. Il miglior dipartimento d’Italia non ha più un dottorato di ricerca, perché anche l’ANVUR dà i numeri. Nel miglior dipartimento d’Italia solo il 5% dei fondi di ricerca provengono dal MIUR, perché per il MIUR  non c’è bisogno di far ricerca sul dissesto idrogeologico, sul rischio sismico, sulla difesa del suolo, dell’ambiente e del paesaggio. Nel migliore dipartimento d’Italia per comprare un apparecchio scientifico da pochi euro si deve passare sotto il giogo di una burocrazia bizantina fatta di: CONSIP MEPA CUP CIG UGOV CINECA RUP DURC RSPP DUVRI DVR PERLAPA SUA VQR AVA PEC TSA IPA SDI RPCT SIMOG AVCpass XML GGAP. Il migliore dipartimento d’Italia è, nonostante tutto, un ambiente vivace e stimolante. Per questo motivo qualche professore si è messo a scrivere qualcosa di diverso dalle solite pubblicazioni scientifiche, nell’auspicio che qualcuno ascolti e capisca che è il momento di cambiare verso per davvero (e che il verso giusto era quello di prima).

L’ANVUR ha stabilito che il mio dipartimento è il migliore d’Italia per la ricerca nelle Scienze della Terra. E allora voglio raccontare un po’ della vita che ci si fa.

Il miglior dipartimento d’Italia per la ricerca ha rischiato di chiudere, perché la legge Gelmini (240/2010) dava i numeri: obbligava a essere 40 professori e ricercatori dello stesso settore disciplinare per costituire un dipartimento. Una missione impossibile per le Scienze della Terra e, infatti, i dipartimenti sono stati decimati. Gian Antonio Stella ne ha scritto sul Corriere. E’ stata necessaria una nuova legge e tre anni di iter parlamentare per correggere un’ovvia sciocchezza e permetterci di restare in vita.

Nel miglior dipartimento d’Italia per la ricerca il professore ordinario più giovane sono io che ho 51 anni, mentre sotto i 40 anni i ricercatori sono solo precari inquadrati in una delle molteplici e incomprensibili forme di contratto. Da più di dieci anni tutti i Governi fanno proclami sulla necessità di ringiovanire il corpo docente, ma poi bloccano il turnover e lo ingabbiano in un’assurda programmazione di stampo sovietico basata su una nuova valuta, che si chiama punto-organico, con la quale le persone diventano numeri e i numeri persone.

Il miglior dipartimento d’Italia per la ricerca non ha più un dottorato di ricerca, perché non solo la Gelmini, ma anche l’ANVUR dà i numeri, e le borse di studio non sono mai sufficienti per un dottorato di Scienze della Terra. Abbiamo dovuto ripiegare su un dottorato regionale – sovvenzionato appunto dalla Regione – che mette insieme le Università di Firenze, Pisa e Siena, con un’operazione tanto illogica e burocratica quanto anacronistica e antistorica. Ci riuscì solo Cosimo de’ Medici, molti anni fa, con l’aiuto determinante dell’esercito imperiale. Infatti le tre sedi si sono messe subito a litigare per la sede amministrativa e per la spartizione delle borse, così che alla fine è stato deciso di far girare il coordinamento in rigorosa turnazione, innescando una reazione a catena di caos burocratico-regolamentare, in cui i primi a rimetterci sono proprio gli studenti.

Nel miglior dipartimento d’Italia per la ricerca solo il 5% dei fondi di ricerca provengono dal MIUR, perché nel Piano Nazionale per la Ricerca 2015-2020 non c’è niente – ma proprio niente – sulle Scienze della Terra. Le 12 aree di specializzazione della ricerca applicata del PNR sono state fotocopiate pari pari dal programma europeo della ricerca, senza considerare minimamente le specificità nazionali. Per il MIUR evidentemente non c’è alcun bisogno di far ricerca sul dissesto idrogeologico, sul rischio sismico, sulle faglie attive, sulla difesa del suolo, sulle ricerche d’acqua e delle risorse naturali, sui nuovi minerali, sulla salvaguardia del territorio, dell’ambiente e del paesaggio. Per fare ricerca, nel miglior dipartimento d’Italia per la ricerca, ci si arrangia e i finanziamenti ce li troviamo qua e là.

Il miglior dipartimento d’Italia per la ricerca produce in media 300 pubblicazioni scientifiche all’anno su riviste o libri internazionali, che sono circa 7 per professore/ricercatore per anno. Ciascuna di esse contiene risultati di ricerca originali, viene mandata a una rivista internazionale ed è esaminata da un comitato editoriale, poi sottoposta alla revisione fra pari di almeno due esperti esterni e anonimi, viene restituita agli autori con le richieste di correzione/integrazione e viene infine pubblicata online e poi su carta. In seguito la pubblicazione deve essere inserita a mano dagli autori in un macchinoso database che si chiama IRIS per essere sottoposta continuamente alle burocratiche valutazioni dell’ANVUR. Il bello è che quasi nessuno legge le pubblicazioni, le produce e basta. Nel miglior dipartimento d’Italia per la ricerca non c’è più tempo per fare ricerca, perché si pensa solo a pubblicare e a farsi valutare.

Nel miglior dipartimento d’Italia per la ricerca, non si parla mai di ricerca. Si parla di soldi e basta, nella doppia valuta dell’euro e dei punti-organico. I Consigli di Dipartimento e le innumerevoli commissioni si riducono a estenuanti e insopportabili discussioni sulla programmazione della distribuzione delle risorse, oppure sulla distribuzione della programmazione delle risorse, oppure sulle risorse per la programmazione della distribuzione, che tanto è la stessa cosa. Si spacca il punto-organico in quattro – e non per l’analogia col capello – ma perché quattro sono i settori concorsuali del CUN. Si istituiscono pompose Commissioni di Indirizzo e Autovalutazione, perché l’indirizzo e l’autovalutazione sono proprio le ultime cose di cui la Ricerca ha bisogno.

Il miglior dipartimento d’Italia per la ricerca è disperso su 9 sedi dislocate un po’ su tutto il comune di Firenze: in centro e in periferia, in pianura e in collina, di qua d’Arno e di là d’Arno, con ricercatori e studenti che si muovono continuamente in motorino fra l’una e l’altra cercando di capirci qualcosa. Nel nuovissimo Campus Scientifico di Sesto Fiorentino – ubicato tra l’altro in zona alluvionale – non si è mai trovato posto per le Scienze della Terra. C’era da sistemare prima la Chimica, che anch’essa è miglior dipartimento d’Italia per la ricerca, la Fisica e la Biologia che sono terze nelle rispettive classifiche, l’incubatore d’impresa, il CNR, i centri di eccellenza, i centri di competenza regionali, il centro di divulgazione scientifica di Ateneo, i servizi tecnici di polo, gli impianti sportivi, la piscina, il Faculty Club, la stalla per le pecore per tenere rasato il prato. Si è trovato posto per tutto tranne che per il Dipartimento di Scienze della Terra. Poi un giorno un Sindaco, diventato in seguito presidente del Consiglio, ha deciso di farci passare attraverso un aeroporto internazionale, e allora forse è stato meglio così.

Nel migliore dipartimento d’Italia per la ricerca – purtroppo come in tutti gli altri in tutta la Nazione – per comprare un apparecchio scientifico da pochi euro si deve passare sotto il giogo di una burocrazia bizantina fatta di centrali acquisti, evidenza pubblica, mercati elettronici, tracciabilità dei flussi finanziari, procedure antimafia e anticorruzione, portali digitali, firme digitali, fatture digitali, imprecazioni digitali, posta elettronica certificata. Nelle segreterie amministrative si parla uno strano linguaggio fatto di: CONSIP MEPA CUP CIG UGOV CINECA RUP DURC RSPP DUVRI DVR PERLAPA SUA VQR AVA PEC TSA IPA SDI RPCT SIMOG AVCpass XML GGAP GULP … Fumetti in TV, Fumetti in TV!

Il migliore dipartimento d’Italia per la ricerca è, nonostante tutto, un ambiente vivace e stimolante, ricco di tradizione e pieno di giovani entusiasti. Per questo motivo qualche professore si è messo a riflettere sull’assurdità della situazione, sugli eccessi della valutazione finalizzata solo ai tagli e al saccheggio, sull’incredibile spreco di talento e di intelligenza, sull’ingiustizia di un sistema che preclude il futuro ai giovani capaci e meritevoli. E per questo si è messo a scrivere qualcosa di diverso dalle solite pubblicazioni scientifiche, nell’auspicio che qualcuno ascolti e capisca che è il momento di cambiare verso per davvero (e che il verso giusto era quello di prima).


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