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La Stampa-Mattia, studente qualunque oggi dirà "no" alla Moratti

Mattia, studente qualunque oggi dirà "no" alla Moratti ROMA MIRACOLO, la sinistra studentesca ha un leader (ino) simpatico, sorridente, non spocchioso, non ricco, nato cresciuto e residente i...

19/12/2001
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La Stampa

Mattia, studente qualunque oggi dirà "no" alla Moratti

ROMA MIRACOLO, la sinistra studentesca ha un leader (ino) simpatico, sorridente, non spocchioso, non ricco, nato cresciuto e residente in borgata, Torpignattara; mamma insegnante delle medie a San Basilio, papà impiegato al ministero delle Poste, entrambi rigorosamente non sessantottini. L'acne non gli è ancora passata. Inoltre dice di leggere Bobbio (e dev'essere vero visto che non cita come tutti Destra e sinistra ma Stato, governo, società), non ha testi sacri se non appunto la Bibbia ("l'ho appena finita, c'ho messo un anno e mezzo"), ha amato molto Il Gabbiano Jonathan Livingstone ("l'ho pure regalato a Veltroni quand'è venuto in borgata per la campagna elettorale, chissà se l'ha letto"), scorre un po' tutti i giornali anche se la Consulta degli studenti romani di cui è presidente "è abbonata soltanto al Sole 24 Ore". Biondo, occhi azzurri, maglione arancio, Mattia Stella ha 19 anni e non è molto contento che si parli solo del Tasso e del Mamiani, perché "i licei occupati ci sono anche qui in borgata, ma non gliene frega niente a nessuno". Ha percorso tutte le tappe iniziatiche della generazione che si va affacciando alla politica, le occupazioni, Genova - "per curiosità, con mia mamma: avevamo le mani alzate ma ci hanno caricato lo stesso" -, la Perugia-Assisi - "per convinzione" -, e oggi sarà l'unico studente, insieme con un rappresentante di Milano (e della destra), a parlare agli Stati generali. "E pensare che non sarebbe mai successo, se non mi fosse caduta addosso quella fotocopiatrice...". Una fotocopiatrice? "Avevo smesso di studiare dopo un anno e mezzo di ginnasio al Kant. Non mi andava più. Avevo trovato un lavoro, in una società che vende materiali per ufficio. Facchino. In nero. Un giorno, erano tutti davanti alla tv per una partita di Francia `98, Italia-Austria 2 a 0, la fotocopiatrice che trasportavo mi scivolò di mano. Mi feci male, mi fece male la loro reazione, insomma mi resi conto che non contavo niente, e che se non fossi tornato a scuola non avrei mai contato niente". Al Kant, questo liceo classico in fondo alla Casilina che pare fatto di plastica, linoleum dappertutto, Mattia è tornato solo per le occupazioni, e per la fidanzata. Lui studia in un istituto professionale per ottici, da un mese ha pure messo gli occhiali, a giugno ha la maturità. In comune con i leader della sinistra, quelli veri, ha una certa moderazione. Non parla mai davvero male di nessuno, e se lo fa è pieno di riguardi, come dovesse scusarsi. Sono molto educati e prudenti anche i ragazzi che lo ascoltano, anche quelli con la felpa con cappuccio tipo rapper a Harlem; stanotte loro dormono qui, sacchi a pelo e termosifoni spenti, Mattia no ha una riunione con gli altri leaderini all'hotel Summit, lo stesso di uno dei congressi del nuovo Psi. Non ci sono tazebao nel liceo occupato, in bacheca solo poster del derby del cuore e delle olimpiadi di matematica, sui muri cartelli scritti a mano: si prega di chiudere la porta; ricordatevi di tenere pulito; si prega cortesemente di pulirsi le scarpe prima di entrare; neanche un insulto, appena un "Moratti non scherzare" scritto su un lenzuolo. Perché, "diciamo la verità, la Moratti è una bella donna. Aristocratica, anche troppo. Elegante, anche troppo. E poi l'altra volta è stata ad ascoltare gli studenti per tre ore. Certo, Berlinguer era meglio, si prendeva anche i fischi". Mattia, ma oggi non dovresti sbranarla? "Be', le consegnerò i documenti che abbiamo raccolto in questi giorni. Poi le dirò: non parlo a nome di altri, parlo da semplice studente, molto preoccupato di quel che lei vuol fare della scuola italiana". "Vonno fa' de `a scola `n industria" sintetizza Vanessa, intenta alla stesura di uno dei documenti che Mattia deve portare alla Moratti. I liceali trovano inquietante sia l'introduzione del consulente tecnico-gestionale e in genere di figure e lessici aziendali, sia la presenza agli Stati generali di Andrea Muccioli. Mattia no: "Invitare Muccioli è una buona idea, rappresenta un certo modo di impostare la lotta alla dipendenza. Berlusconi? Grande comunicatore. Però mi fa paura, trovo che rappresenti l'istinto viscerale degli italiani, farsi gli affari propri. D'Alema? Bravo e cinico; alla fine si è fatto infinocchiare lui. Amato? Peccato che l'abbiano fatto fuori dalla presidenza della Convenzione europea, grave perdita. Fini? Bravo, ma neanche a lui le cose vanno molto bene. A destra mi piace Tremaglia, per come si è battuto per gli italiani all'estero, e qualche volta Pera. Sì, solo qualche volta. Trovo interessante Panebianco". Bertinotti invece non gli piace, Mattia non ha tessere di partito ma si capisce che ha votato Ds, e anche questa è un'anomalia. Ha ottimi rapporti con i suoi insegnanti, "e non vi dovete stupire perché non è vero che siamo una generazione di lotta, non è vero che siamo antagonisti. Siamo preoccupati. E se proprio devo parlare male di qualcuno, lo farei dei sociologi che ci consideravano enigmatici e muti, mentre eravamo semmai angosciati. Ci definivano la generazione silenziosa. Poi ci sono state Genova e Assisi. Alla Moratti dirò che potremo sbagliare i toni, qualcuno sarà pure disinformato, ma nessuno è un estraneo, neanche quelli che faranno la catena umana fuori dall'Eur. E ora mi scusi, sa, le riunioni...". Che siano brevi e poche, che non ce lo rovinino, perché forse, tanto tempo fa, anche i leader quelli veri erano così.


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