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La siciliana Anita a Torino: "Non siamo usurpatori"

Una supplenza a sorpresa subito dopo le nozze

16/09/2014
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La Stampa

Maria Teresa Martinengo

Per Anita il 30 agosto scorso è stato «il giorno del destino». Con basi gettate tempo prima, certo, ma quel sabato che per molti è stato solo il rientro dalle vacanze, a lei ha segnato la vita. «Erano le 12,30, ero in pieni preparativi perché alle 17 mi sarei sposata, quando le mie colleghe, le mie compagne di studi e di abilitazione, mi hanno telefonato da Torino dicendo che avevo avuto un incarico annuale e che dovevo scegliere la scuola. Si può immaginare? A meno di 48 ore dalla fine della festa ero a qui, a prendere servizio ». Al tavolino di un caffè del centro, non lontano dalla casa che ha preso in affitto con due amiche, di Ragusa come lei - le stesse della telefonata -, la professoressa di francese Anita Licitra, arabista, diplomata in pianoforte, racconta perché il 2014 è stato l’anno dell’emigrazione degli insegnanti precari dal Sud al Nord. Perché «ci si sposa e si parte, perché si lasciano bambini di tre-quattro anni con il marito, perché si saluta la moglie che sta per partorire e si corre su». Come ha fatto lei. La sera dopo il matrimonio è salita sul pullman per Catania, poi ancora pullman daCatania a Roma, poi in treno aTorino, infine la corsa in taxi verso la prima delle tre scuole medie che formano la sua cattedra: una a Mirafiori, una dalla parte opposta della città, in Barriera («alla Bobbio - dice - ci sono tanti bambini marocchini e io, con gli studi di arabo che ho fatto, sono felice di questi allievi»), la terza in Vanchiglietta, a metà strada. «Tutti i presidi e i colleghi mi hanno accolta con simpatia, senza nessun pregiudizio». Però certi discorsi li senti. «Non sono rivolti a me, ma c’è chi parla dell’amica che è stata superata da cinquanta prof arrivati dal Sud. Mi fa male. Noi non abbiamo preso niente a nessuno. L’Italia è un Paese e il nostro arrivo è solo la conseguenza di quanto è avvenuto nel Paese con la riforma Gelmini: nel 2008 le cattedre di francese a Ragusa erano 40, l’anno dopo 14. Abbiamo resistito, il “salva-precari” ci ha aiutato un paio d’anni. Dopo stavi ad aspettare col telefono in mano: se la chiamata arrivava era per due giorni di lavoro... La prospettiva era di tornare a fare la cameriera, come negli anni dell’università, buttando via la fatica. Avrei dovuto decidermi a scegliereTorino già tre anni fa, ma ho sperato ancora. Quest’anno in tanti abbiamo capito che l’aggiornamento delle graduatorie era l’ultima occasione ». Così, durante l’inverno, mentre con il fidanzato metteva su casa e organizzava il matrimonio, Anita ha cominciato a ragionare. E a maggio ha deciso. «Un giorno, seduti uno vicino all’altro, gli ho detto: “Vogliamo fare questo viaggio insieme? Dobbiamo credere in noi come coppia, come coppia che si vuole realizzare”. Abbiamo preso coraggio, abbiamo capito che è un sacrificio che si deve fare». A Torino Anita spera di passare di ruolo. Potrebbe essere l’anno prossimo o chissà. L’augurio successivo è il trasferimento, il ritorno. «Adesso sono una “spezzonista”, ma sono contenta così. Quando mi sono lanciata in questa avventura sapevo di non avere un punteggio così alto da aspirare al ruolo. Il mio obiettivo era solo insegnare, fare il lavoro per il quale mi ero tanto preparata. E qui, come sono entrata in classe, giovedì scorso, mi sono di nuovo sentita me stessa, ho recuperato l’identità che negli ultimi anni stava svanendo. Anche se il resto della vita è interrotto»


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