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La scuola sopravvissuta

di Michele Serra

16/09/2020
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la Repubblica

La vera domanda da farsi, sulla scuola pubblica italiana, è come sia possibile che ancora esista, e operi, dopo una ventina d’anni nei quali tutto ciò che è pubblico è stato trattato come zavorra (dopo essere stato trattato come clientela nei decenni precedenti: da un abuso all’altro).

La scuola pubblica italiana è, in questo senso, un miracolo. Ben prima che il Covid pretendesse misure eccezionali, erano le misure normali a incontrare ostacoli notevoli. Dai soffitti che crollano alle palestre risalenti all’epoca di Sparta, dalla faticosissima gestione di cattedre e supplenze alla cronica mancanza di fondi, per giunta in parte stornati alle scuole private in qualche modo equiparate, alla faccia della Costituzione, dagli stipendi miserabili (tra i più bassi d’Europa) per un corpo insegnante magari problematico, e sindacalizzato spesso malamente, ma nel complesso volonteroso e con qualche eccellenza: è mancato solo un bombardamento al napalm, o un’invasione aliena.

La scuola pubblica italiana è un caso quasi stupefacente di resilienza. Ha retto l’urto di una dimenticanza, o perlomeno di una sottovalutazione politica, ripeto decennale. Non esiste governo che abbia davvero creduto, quattrini alla mano, alla centralità della istruzione pubblica e anzi alla sua priorità assoluta: prima la scuola, poi tutto il resto, ovvero prima i ragazzi, poi tutto il resto, prima il futuro, poi tutto il resto. La scuola pubblica italiana è una sopravvissuta. Onore alla sua forza misteriosa.