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“La scuola siamo noi”, dicono gli studenti

Intervista a Danilo Lampis, coordinatore nazionale Unione degli Studenti

09/09/2015
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Danilo Lampis è il coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti medi. In occasione dell’apertura dell’anno scolastico gli abbiamo posto alcune domande su come gli studenti si stiano preparando. Il movimento degli studenti medi è stato uno dei protagonisti della reazione sociale contro la riforma voluta dal governo Renzi.

Lampis, l’anno scolastico è già iniziato in alcune zone d’Italia. Altrove le lezioni ricominceranno la prossima settimana. Docenti, studenti e famiglie dovranno affrontare gli effetti della cosiddetta “buona scuola”. Dalla parte degli studenti come si giudica il nuovo anno?

Sarà un anno scolastico pieno di problemi, perché così ha voluto il governo. Al di là del caos delle ultime settimane sugli organici e le immissioni in ruolo, il governo si scontrerà con delle scuole indisponibili all’applicazione di una riforma non voluta e fortemente osteggiata per quasi un anno. Il merito della riforma ormai è chiaro a tutti, ma c’è stato anche un problema di metodo. Nessuno può avere la presunzione di toccare la scuola, settore delicato, complesso e importante per la vita di milioni di persone, senza mettersi in discussione e ascoltare le voci di quelli che non solo la vivono ogni giorno, ma ne conoscono i problemi e hanno da tempo avanzato innumerevoli proposte. Per questo, temo che le scuole saranno ingovernabili, pronte inoltre ad alimentare una riscossa democratica nei prossimi mesi. Infatti, come determinato nel corso dell’assemblea del movimento della scuola tenutasi a Bologna il 6 settembre, si avvierà un percorso referendario sulla legge 107, quantomeno sulle parti più importanti che possono essere abrogate. Lo studio dei possibili quesiti avverrà nelle prossime settimane e ci sono tutte le intenzioni affinché si apra una nuova stagione referendaria che coniughi diversi temi. È il momento di aprire una nuova stagione di protagonismo: l’attacco che abbiamo subito in quest’ultimo anno da parte del governo è stato generale. La risposta non può dunque che essere generale e fondata sulla partecipazione.

Se dovessi indicare la priorità fondamentale per voi studenti a cosa faresti riferimento?

La principale priorità che individuiamo è quella del diritto allo studio. Nonostante vi sia una delega sul tema, non si è voluto aprire un dibattito nel merito e non si è investito, né previsto di investire, su questo capitolo. Abbiamo percentuali di dispersione scolastica (media nazionale 17%) e di NEET, ovvero i ragazzi e i giovani che non studiano né cercano lavoro (una media nazionale che supera il 26 %, secondo l’OCSE) elevate, e risulta inderogabile un piano complessivo sul diritto allo studio e il welfare studentesco, con particolare attenzione al Mezzogiorno. Occorre ragionare su un reddito per i soggetti in formazione, similmente a quanto viene fatto in alcuni Paesi d’Europa, per garantire l’autonomia sociale dell’individuo nella determinazione del proprio percorso di studio e di vita, liberandolo dal ricatto della propria condizione sociale ed economica di partenza. In generale, pensiamo che sia difficile oggi più che mai individuare una scala di priorità dei diversi bisogni. Qualche mese fa abbiamo elaborato un documento frutto di centinaia di assemblee studentesche, nel quale tracciavamo delle idee per dare risposte alle sette priorità per gli studenti medi

Ecco, le priorità degli studenti medi sono particolarmente importanti. Elenchiamole

Intanto, un nuovo diritto allo studio col fine di raggiungere la piena gratuità dell’istruzione; un’alternanza scuola-lavoro, finanziata e qualificata; finanziamenti per il rilancio dell’autonomia scolastica; una riforma della valutazione in chiave democratica; investimenti sostanziosi sull’edilizia scolastica; un ripensamento radicale dell’autonomia scolastica; una riforma dei cicli scolastici, dei programmi e della didattica. Sono soltanto alcune delle questioni più importanti dalle quali ripartire. Abbiamo però bisogno di risposte radicali generali perché non si può più accettare la stato di cose presente a tutti i livelli.

Un altro anno, un’altra impennata del caro scuola. Più volte l’Unione degli studenti ha denunciato questo fenomeno come uno dei tanti attacchi al diritto allo studio, diritto di cui, tra l’altro come hai sottolineato tu, nemmeno si parla nella buona scuola. In che modo, secondo te, si può arginare il problema? E cosa chiedete al MIUR?

Anche quest’anno l’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori ha registrato un cospicuo aumento nel costo dei materiali scolastici: l’1,5% in più rispetto al 2014, per non parlare dei libri di testo e vocabolari per i quali la spesa arriva a 531,70 euro annui per studente. Per quel che riguarda il ‘corredo scolastico’ il rincaro sarà del 2% rispetto all’anno scorso che, sommato all’aumento dello 0,4% per libri e dizionari, ci consegna una spesa media di 999,20 euro per studente. L’Unione degli Studenti organizza ogni anno i mercatini del libro usato in tutta Italia. Quest’anno ne abbiamo organizzati più di 30, distribuiti su tutto il territorio nazionale: una chiara denuncia delle inefficienze dello Stato rispetto alla garanzia del diritto allo studio.

Stiamo dunque correndo il rischio di costruire un’istruzione e una scuola disuguale?

Serve una legge nazionale che appiani le differenze tra le regioni e imponga dei livelli essenziali delle prestazioni che le Regioni dovrebbero garantire in termini di servizi erogati. Per questo ci mobiliteremo anche a livello territoriale, spingendo le Regioni a sforare il patto di stabilità sui temi del diritto allo studio e del welfare, poiché pensiamo che garantire realmente l’accesso ai saperi possa essere una questione strategica anche per i territori in difficoltà. Rivendichiamo leggi regionali all’avanguardia, che garantiscano il comodato d’uso per i libri di testo, borse di studio, trasporti gratuiti, reddito di formazione, orientamento scolastico, formazione permanente e tanto altro. Esiste un’Europa che investe sull’istruzione, sulla ricerca e sullo sviluppo: il nostro Paese deve inseguire gli esempi positivi, invece che scegliere la via della compressione dei diritti, dell’attacco ai salari, della competizione e della precarizzazione del lavoro. O si investe sull’istruzione, con l’obiettivo della gratuità dei percorsi di studio, sul welfare e sul lavoro di qualità, o le nostre generazioni continueranno a fare le valigie per scappare dal nostro Paese.

Dopo mesi di mobilitazioni, scioperi, proposte del tutto inascoltate, cosa faranno adesso gli studenti?

A Riot Village, il campeggio studentesco che organizza ogni anno la Rete della Conoscenza, l’Unione degli Studenti e Link-Coordinamento Universitario, abbiamo discusso tanto sull’anno appena trascorso, evidenziando i limiti e le potenzialità emerse. Abbiamo impostato una nuova ondata di mobilitazioni, fin dal primo giorno di scuola. Il 23 settembre terremo aperte le scuole o animeremo le piazze del Paese assieme agli insegnanti e ai genitori in occasione della notte bianca per la scuola pubblica, volte ad aprire nella cittadinanza la questione scuola. La prima data di mobilitazione generale studentesca sarà quella del 9 ottobre, seguita da una settimana di attivazione territoriali sui temi del welfare e del reddito. Il 9 torneremo in quasi 100 piazze del Paese su questi tre pilastri di ragionamento, dai quali inevitabilmente discendono tante rivendicazioni specifiche: conoscenza, reddito, democrazia. Noi, generazione senza voce usata come grimaldello dal governo per varare riforme che vanno contro i nostri bisogni, vogliamo potere nelle nostre scuole e università, nelle nostre città, sui nostri percorsi di studio e di vita. Per questo riteniamo centrale anche la mobilitazione del 17 ottobre, la giornata mondiale per l’eradicazione della povertà nella quale come ogni anno Libera e il Gruppo Abele si attiveranno per il reddito di dignità e il rifinanziamento dei servizi pubblici. Sarà per noi una giornata in connessione con la tre giorni di mobilitazione europea lanciata da Blockupy per il 15-16-17 ottobre a Bruxelles. Infine pensiamo che proprio all’interno delle scuole si giochi la partita più importante. La nostra ambizione è quella di coniugare la contestazione dell’applicazione della riforma, con la creazione di forme alternative di partecipazione, decisione, didattica, valutazione. Vogliamo dimostrare, anche attraverso la rappresentanza studentesca, quanto si possano praticare delle alternative al modello imposto dal governo se si è capaci di comprendersi e riconoscersi a vicenda tra le diverse componenti della scuola.

Dal 2005 esiste una legge d’iniziativa popolare alternativa alle linee guida del governo, depositata in Parlamento ma lasciata nei cassetti senza essere discussa. Adesso la proposta di rilanciarla, attualizzandola ai nuovi bisogni. Come si può contribuire a questo percorso?

Abbiamo partecipato all’assemblea indetta dai comitati della LIP, la Legge di iniziativa popolare, tenutasi a Bologna il 5 settembre. La proposta è veramente interessante: si tratta di riscrivere interamente il disegno di legge, sul solco di quella scritta 10 anni fa, attualizzandone però i contenuti a partire dal nuovo contesto e dai nuovi bisogni. Valutazione, diritto allo studio, riforma dei cicli, organi collegiali, istruzione e formazione tecnica e professionale, scuola dell’infanzia: questi e altri sono i temi che costituiranno l’ossatura della nuova proposta di legge che sarà scritta con un percorso includente, fondato sulla partecipazione. Noi parteciperemo alla scrittura di questa nuova proposta di legge e crediamo che la prospettiva debba essere quella di affiancarla al percorso referendario che si aprirà nei prossimi mesi. Ci tengo a precisare quanto ci sia tutta la volontà di rendere aperta la scrittura di questa nuova legge. Ci si è divisi in gruppi di lavoro e nelle prossime settimane dovrebbero venire comunicati i referenti per ognuno di questi, scelti alla fine dell’assemblea. Dopo si potrà partire, connettendo alle lotte una nuova fase di discussione ed elaborazione quanto mai necessaria.