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“La scuola insegni a immaginare”

Per cambiare il mondo si deve partire dalla fantasia dei bambini Parola di Rob Hopkins, pioniere dei borghi ecosostenibili e attivista per il clima: “Aveva ragione John Lennon, ascoltiamolo”

09/12/2020
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la Repubblica

 Enrico Franceschini

“ILONDRA

magine”, canta John Lennon nel brano diventato un inno globale: immaginate che non ci siano l’inferno e il paradiso, che non ci sia nulla per cui uccidere o morire, che tutta la gente viva in pace. E poi conclude: «Si potrebbe dire che io sia un sognatore, ma non sono l’unico, spero che un giorno vi unirete a noi e il mondo sarà un’unica entità». Ebbene, qualcuno ci sta provando a immaginare un mondo migliore e ha scritto un manuale per spiegare come si fa a realizzarlo. Si chiama Rob Hopkins, è un ambientalista inglese di 52 anni, fondatore del Transition Movement, il movimento nato nel 2010 a Totnes, delizioso borgo del Devon dove lui vive e in cui ha lanciato l’idea delle “città sostenibili”: pannelli solari su tutte le case, soltanto mezzi pubblici e biciclette, un orto dietro ogni casa, alberi da frutto lungo le strade da cui ognuno può cogliere nutrimento. Dieci anni più tardi sono sbocciate in mezza Europa tante Transition Towns sul suo modello, una anche in Italia, a Monteveglio, in provincia di Bologna. I tempi devono essergli sembrati maturi per la mossa successiva: Immagina se… ,

il libro uscito da poco in Inghilterra e pubblicato nel nostro paese da Chiarelettere. Immagina se potessimo vivere in modo diverso, è il concetto di fondo: più che mai attuale, dopo che il modo in cui abbiamo vissuto finora ha provocato disastri come il cambiamento climatico e la pandemia da Covid 19. «Dobbiamo riprendere un vecchio slogan del ’68», dice Hopkins, «l’immaginazione al potere».

Lei esorta a “immaginare” un mondo migliore, Hopkins: si sente un sognatore come John Lennon?

«Ilmessaggio della canzone miè sempre piaciuto, ma l’ispirazione per il libro viene da una frase della celebre saggistae attivista canadese Naomi Klein: ilcambiamentoclimatico è un fallimentodell’immaginazione. Ho pensatoche servirebbe un’iniezione di fantasiaper reinventare il mondo. E nel miolibrosuggerisco come alimentarla».

“I have a dream”, per citare Martin Luther King.

«Esattamente.Unodeiproblemi del mondod’oggi è che non cisono politici capacidi farci sognare: leader come LutherKingo BobKennedy,ingrado dientusiasmare con unpensiero radicalmentenuovo».

Se la transizione descritta dal suo libro fosse già avvenuta, non avremmo avuto la pandemia che ha paralizzato il pianeta?

«Comeminimoavremmopotuto affrontarla meglio. Non era difficile immaginarechela continuaviolazione dellanatura da partedell’uomo avrebbeprovocatounapandemia comeil Covid19, ancheperchéera già successoin precedenza. E succederà di nuovo,senoncambiamo.Cosìcome nonera difficileimmaginare che servissero più forti strutture sanitarie per essere pronti al peggio».

Qualche progresso c’è stato: da Greta Thunberg a Extinction Rebellion fino all’ultimo documentario di David Attenborough, la difesa dell’ambiente è un’opinione sempre più diffusa.

«Sì, maè ancora insufficiente. Basta guardare alle presidenziali Usa: gli americanichehannovotato per Trump, circa metà diquelli andati alle urne, sono ancora convinti che il cambiamentoclimaticosia un’invenzione della sinistra».

Di cosa c’è bisogno, affinché il mondo segua i consigli del suo libro?

«C’è bisognodi più desiderio.Quando NeilArmstrong andò sulla Luna,il mondoera prontoperchépolitici comeJohn Kennedy, la letteratura, il cinema, avevano già suscitato la voglia dellacorsa allo spazio. E per creare una voglia simile rispetto all’energia sostenibile, alle città verdi, alla lotta contro l’inquinamento,serve un atto di storytelling, una migliore e diversa narrativa. Che si accende soltanto con l’immaginazione».

Una delle sue esortazioni è prendere i giochi sul serio.

«Nelsenso chegiocareè una cosaseria mai bambininonlofanno quasipiù. E anchenoiadulti dovremmoimpararea giocare,che è il modo migliore di immaginare ilfuturo. Come sifaceva da piccoli, dicendo: facciamo che eravamo dei pirati, o degli astronauti, o deicowboy».

Un’altra è che l’immaginazione va insegnata come una materia scolastica.

«In realtà è già stato fatto, proprio in Italia, negli asili e nelle scuole di Reggio Emilia,chedalprimo dopoguerrasono diventatiun esempiostudiato in mezzomondo peril tipodi educazione aperta,creativa e immaginativa che riuscivanoa dare. Gli adulti in grado di nonfarsi manipolare da politici populistinascono sui banchi di una scuolache li sprona a mettere in dubbio, a ragionare conla propria testa,a immaginare una realtà migliore».

Viene in mente lo slogan del ’68, l’immaginazione al potere.

«Sononatoun mesedopola rivolta studentescadel maggiofrancese di quell’annoindimenticabile e credoche la sua lezione non si sia esaurita. Il ’68 fu una rivoluzione culturale, ora ne serveun’altranon meno dirompente, se vogliamobattere il populismo, il sovranismo, il nazionalismo. È chiaro cheun progressismotimido ecauto nonha gli strumentiper farlo. Serve un altro slogan sessantottino: dobbiamo essere realisti e chiedere l’impossibile».

Qualcuno direbbe che è l’ennesima utopia.

«Tutti gli studi scientifici più autorevoli dicono cheabbiamo 10-15anni di tempopercambiare sistemaprimache siatroppo tardi. Per creareun mondo diverso da quello odierno, in cui forse viaggeremodimeno,masaremopiù felici, meno ansiosi e più sani. In cui spenderemodimenoper compitidi poliziae di più per soccorrere le periferie emarginate in cui nasce il crimine. In cui i trasporti saranno tutti gratuiti, le città verdi e i lavori dignitosi e gratificanti, con meno catene di supermercati e piùmercati rionalidi prodotti locali. Non ci arriveremo a piccoli passi, bensì soltanto con una nuovavisione, un grande sforzo di immaginazionecollettiva. Che deve partire dall’alto, dai leader politici, ma anche dal basso, dai piccoli comportamentiquotidianidi ognuno dinoi. L’immaginazione al potere è la cartapersconfiggere iDonald Trump dioggiedi domani».