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La scuola boccia il piano Renzi sugli scatti «di merito»

«Buona scuola». Resi noti i dati della consultazione sulla «Buona scuola»: il 60% respinge il piano sugli scatti stipendiali solo per i 2/3 dei docenti in base al merito. Il 46% è per un sistema misto su stipendio e merito, il 14% per l’anzianità. I presidi favorevoli alla «scuola azienda». Contraria la maggioranza di docenti e studenti

16/12/2014
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

a maxi-consultazione pro­mossa dal governo sulla «Buona Scuola» ieri ha con­se­gnato un risul­tato impre­ve­di­bile. Il piano Renzi che pre­vede l’aumento dello sti­pen­dio al 66% dei docenti gra­zie ai cre­diti accu­mu­lati in base al merito è stato boc­ciato. Solo il 35% ha votato «meri­to­cra­zia», il 46% si è espresso per un «sistema misto» tra ser­vi­zio e merito. A que­sto biso­gna aggiun­gere chi è rima­sto sulle posi­zioni tra­di­zio­nali: il 14% vuole un sistema basato sull’anzianità.

Una sonora scon­fitta del governo. Era pre­ve­di­bile, dopo le grandi mani­fe­sta­zioni stu­den­te­sche e l’opposizione dei docenti ad una riforma per la quale si è speso il pre­si­dente del Con­si­glio in per­sona. Per­sino una con­sul­ta­zione che doveva dare una veste sta­ti­stica e com­pu­ta­zio­nale alla tra­sfor­ma­zione della scuola in senso azien­da­li­stico e neo­li­be­rale ha regi­strato un dis­senso dif­fuso nel paese.

Nella con­fe­renza stampa cele­bra­tiva tenuta ieri al mini­stero dell’Istruzione a Roma (con un con­certo), si è cer­cato di sor­vo­lare sul senso di que­sti dati, anche se sono state rico­no­sciute «cri­ti­cità». La par­te­ci­pa­zione è stata alta, si è detto. Gli accessi al sito labuo​na​scuola​.gov​.it lo con­fer­me­reb­bero: 1 milione e 300 mila visite; 207 mila «discus­sant» online; 200 mila par­te­ci­panti ai 2400 dibat­titi che avreb­bero coin­volto il 70% delle scuole ita­liane. Dati che suf­fra­gano l’esito prin­ci­pale di un son­dag­gio pub­bli­ciz­zato dalla Rai a reti uni­fi­cate e che ora si è tra­sfor­mato in un boo­me­rang che ren­derà neces­sa­rio, forse, un aggiu­sta­mento del tiro.
Il mini­stro dell’Istruzione Gia­nini ha sot­to­li­neato che l’81% dei con­sul­tati ha espresso parere posi­tivo sulla pro­po­sta di basare lo sti­pen­dio dei docenti sul merito e non sull’anzianità. «Sta qui il valore poli­tico di una con­sul­ta­zione» ha scandito.

Nelle 73 pagine del libretto che riporta i risul­tati si sco­pre che ad essere «molto d’accordo» è l’87% dei diri­genti sco­la­stici, inte­res­sati alla nascente figura del «pre­side mana­ger» che chia­merà diret­ta­mente i docenti per com­porre quella che nel gergo neo­li­be­rale viene defi­nita la «squa­dra». Favo­re­vole anche il 70% dei geni­tori che hanno par­te­ci­pato alla con­sul­ta­zione. «Meno favo­re­voli», o del tutto con­trari, il 64% dei docenti e il 56% degli stu­denti. Anche in que­sto caso si tratta della mag­gio­ranza dei sog­getti diret­ta­mente coin­volti nel lavoro didat­tico. Al di là dell’impostazione del son­dag­gio, che rischia di creare una con­flit­tua­lità tra i diri­genti e le fami­glie, da un lato, e i docenti “con­ser­va­tivi” dall’altro lato, la pro­po­sta ren­ziana non sem­bra avere convinto.

Cer­chiamo allora di capire la ragione di que­sto rove­scio. Il piano Renzi sulla scuola pre­vede l’abolizione degli scatti sti­pen­diali e l’introduzione di cre­diti per meriti didat­tici, titoli o inca­ri­chi nella buro­cra­zia sco­la­stica. Il totale di que­sti «cre­diti» gene­rerà l’aumento degli sti­pendi. Il primo scatto verrà matu­rato 4 o 5 anni dopo l’assunzione e andrà a regime entro tre anni. Que­sti aumenti riguar­de­ranno solo il 66%, cioè i due terzi. A que­sta discri­mi­na­zione sull’intero corpo docente, se ne aggiunge un’altra all’interno di que­sto 66%. I meri­te­voli non saranno sem­pre le stesse per­sone. Pur «eccel­lenti» nel loro lavoro dovranno pas­sare il testi­mone a qual­cuno che corre più veloce di loro. Secondo alcune pro­ie­zioni, cir­co­lanti tra sin­da­cati e gior­nali spe­cia­liz­zati, que­sto mec­ca­ni­smo por­terà a tagli sulle retri­bu­zioni pari tra i 200 e i 331 milioni di euro. Se è vero che qual­cuno per­ce­pirà fino a 9 mila euro in più all’anno, tutti per­de­ranno da 45 a 72 euro al mese. Dopo avere bloc­cato i con­tratti, ora l’austerità si finan­zia con i soldi dei docenti e con la corsa alla «meri­to­cra­zia». Del resto, lo stesso son­dag­gio tra­duce le per­ples­sità sul rischio di tra­sfor­mare la scuola in un super­mer­cato dei crediti.

Per capire tali per­ples­sità biso­gna leg­gere le con­sul­ta­zioni svolte nelle ultime set­ti­mane da perio­dici spe­cia­liz­zati e dai sin­da­cati. Un son­dag­gio di «Oriz­zonte Scuola», ad esem­pio, ha regi­strato l’88% di «No» alla riforma «meri­to­cra­tica». In un’altra con­sul­ta­zione pro­mossa dalla Gilda i «No» sono stati l’84,3%. La chia­mata diretta dei presidi-manager è stata respinta con il 76%. Oltre 4 mila lavo­ra­tori della scuola, com­preso il per­so­nale Ata disco­no­sciuto dalla riforma Renzi-Giannini, si sono espressi nega­ti­va­mente nell’indagine «la scuola giu­sta» della Flc-Cgil. Il ten­ta­tivo di que­ste con­sul­ta­zioni è stato quello di ricom­porre una «comu­nità» sco­la­stica che invece il governo vuole divi­dere nella cro­ciata per la rifon­da­zione del «patto edu­ca­tivo».
In una con­sul­ta­zione tesa a fide­liz­zare dall’alto il pub­blico rispetto a deci­sioni già prese è emerso il soste­gno all’altro punto chiave: la chiu­sura delle gra­dua­to­rie in esau­ri­mento (Gae) e l’assunzione di 148 mila docenti pre­cari a set­tem­bre. Soste­gno anche alla gestione dell’organico fun­zio­nale che per la riforma spin­gerà i neo-assunti a muo­versi di città in città alla ricerca di un posto e alla mobi­lità tra le cat­te­dre. Il son­dag­gio dà corpo al futuro di que­sti docenti: alle scuole pri­ma­rie dovranno ser­vire per gestire le sup­plenze. Nella secon­da­ria sarà fun­zio­nali al recupero.

Nes­suna parola sui circa 100 mila pre­cari esclusi dall’assunzione a set­tem­bre. Per la Corte di giu­sti­zia euro­pea devono essere assunti quelli che hanno 36 mesi di ser­vi­zio con­ti­nua­tivi negli ultimi cin­que anni. Il governo ieri ha riba­dito la linea: per loro c’è il con­corso nel 2016 (40 mila posti). Gli altri dovranno sal­tare il turno e restare disoccupati.


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