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La Sapienza dopo 7 secoli è donna

Roma, Antonella Polimeni è stata eletta alla guida della più grande università d’Europa

14/11/2020
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la Repubblica

Lorenzo D'Albergo

ROMA — Ci sono voluti più di sette secoli. Per l’esattezza 717 anni, un’attesa interminabile. Da ieri, però, c’è finalmente una donna alla guida della Sapienza. Antonella Polimeni, preside della Facoltà di Medicina e odontoiatria, è la nuova rettrice della più grande università d’Europa. Conquistando il 60,7% dei voti dei colleghi docenti e dei rappresentanti degli studenti e del personale, è riuscita a infrangere il soffitto di cristallo del primo ateneo romano.

Uno sbarramento fin qui insormontabile. Nel 2014, Tiziana Catarci riuscì a farlo soltanto tremare. Oggi direttrice del dipartimento di Ingegneria informatica e sei anni fa prima candidata donna nella storia della Sapienza, alle urne fu costretta a cedere il passo al medico Eugenio Gaudio. Ieri il nuovo avvincendamento. Vittoria al primo turno: adesso a capo dell’università fondata nel 1303 c’è Antonella Polimeni. Per il prossimo sessennio, fino al 2026, ci sarà una Magnifica al vertice di un’accademia da 11 facoltà, 120 mila studenti e più di 4.700 professori.

L’investitura, a proposito di prime volte, è arrivata al termine dello scrutinio di più di 4 mila preferenze espresse online — causa Covid non sono state allestite urne fisiche — e di una campagna all’insegna del fair play . La rettrice e gli altri due concorrenti, il sinologo Federico Masini e il matematico Vincenzo Nesi, negli ultimi mesi hanno visitato tutti i dipartimenti presentando i rispettivi programmi, senza mai il bisogno di alzare la voce.

Poi la Polimeni, nonostante si dica che la corposa comunità di Medicina della Sapienza non sia mai stata completamente favorevole alla sua elezione, ha preso il largo. Dopo Gaudio e Frati, un altro camice bianco. «È una docente con grande esperienza di governo — commentano i colleghi che l’hanno votata — e conosce bene i meccanismi della Sapienza». Per Antonella Polimeni l’università non ha segreti: da studentessa è stata rappresentante, poi componente del nucleo di valutazione, preside di facoltà e consigliera di amministrazione.

Adesso la sfida più urgente: la battaglia al coronavirus. Da un lato in ospedale, nel Policlinico universitario Umberto I. Dall’altro negli uffici del rettorato. Dopo la seconda ondata dei contagi, l’ateneo dovrà rialzare la testa e con questo tutto l’indotto che lo circonda. Si va dalle copisterie ai bar, sino alla galassia di appartamenti rimasti sfitti a causa dell’emergenza sanitaria che ha rispedito le ragazze e i ragazzi fuorisede a casa. Insomma, una fetta importante dell’economia della capitale è stata congelata dalla pandemia. La Sapienza è uno degli asset più importanti della città e non è un caso che ieri i primi a fare gli auguri alla rettrice, seguiti da ministri e parlamentari, siano stati la sindaca Virginia Raggi e il governatore Nicola Zingaretti.

Entrambi si sono complimentati con «la prima donna a ricoprire la massima carica accademica della prima università di Roma». Restando nella città eterna, prima del rettorato di Antonella Polimeni, c’è stato quello dell’ex ministra Paola Severino alla Luiss. A fare da apripista, però, fu Bianca Maria Tedeschini Lalli. Nel 1992, scelta alla guida di Roma Tre, divenne la prima donna su 58 rettori di tutt’Italia. Poi è arrivato il turno di Venezia, Milano Bicocca, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, dell’università della Valle d’Aosta e di quella per stranieri di Perugia. Una rivoluzione che ora torna a Roma, alla Sapienza.


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