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«La salute dei bambini in mano ai genitori Chi meglio di loro?»

Intervista a Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, componente del Comitato tecnico scientifico, il Cts

26/08/2020
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Corriere della sera

di Margherita De Bac

ROMA Perché devono essere i genitori a preoccuparsi che il figlio entri a scuola senza febbre?

«Sarebbe assurdo che questo compito fosse demandato ad altri. La titolarità del bambino, se così vogliamo chiamarla, è del papà e della mamma», si sorprende che questo concetto debba essere spiegato e sia oggetto di polemiche Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, componente del Comitato tecnico scientifico, il Cts».

In diversi documenti usciti in questi mesi di preparazione alla ripartenza della scuola viene espresso il principio della corresponsabilità che porta fra l’altro alla promozione dell’automonitoraggio casalingo della temperatura.

«Proprio così, la salute dei minori è nelle mani della famiglia e chi meglio dei genitori può essere in grado di capire se il bambino o il ragazzo stanno bene? In altre parole la buona salute non dipende da un unico parametro che è la febbre sopra i 37.5 gradi, ma dalla valutazione di coloro che vivono accanto ai figli e li conoscono bene».

Perché non prevedere che la misurazione della febbre venga eseguita all’ingresso a scuola, non sarebbe stato più sicuro?

Rilevare la temperatu-ra fuori da scuola non ha senso Non si può mettere un guardiano, né medica-lizzare tutto

«Ma stiamo scherzando? Se lo immagina un signore X che si mette all’ingresso con la pistola e fa da guardiano? Non si può medicalizzare tutto, non si deve e poi se in entrata lo scolaro mostra una temperatura normale nel giro di due ore la situazione può cambiare. Una singola misurazione non attesta benessere duraturo. Ecco perché insisto sul ruolo centrale della famiglia che sa distinguere, sa intuire il motivo di un’indisposizione, un mal di pancia, un insolito senso di stanchezza osservati all’interno delle mura domestiche. Molto meglio di un termometro».

Lei dunque da pediatra non comprende come mai ci si debba soffermare sulla questione dell’auto monitoraggio e si faccia anche di questo uno spunto di polemica?

«No, proprio non lo capisco. È come dover raccomandare ai conducenti di non guidare a sinistra. Da che mondo è mondo sono la madre e il padre che si prendono cura dei figli e che decidono se mandarli a scuola o no quando hanno l’influenza, la tosse, il male di gola. Non è che in tempi di Covid-19 si pretende da loro qualcosa di diverso. Rispetto alla normalità dovranno semplicemente tener conto che esistono i tempi di convalescenza e che è ragionevole, se l’alunno non sta bene, non mandarlo in classe con tosse e raffreddore come avrebbero fatto prima».

Sul sito del ministero dell’Istruzione alla domanda perché far misurare la temperatura agli alunni a casa e non a scuola si risponde che è una regola importante a tutela della salute propria e altrui, un gesto di responsabilità .

La famiglia sa intuire il motivo di un’indispo-sizione o di una stanchezza meglio di un termometro

«E si aggiunge che questa semplice misura di buon senso previene la possibile diffusione del contagio che potrebbe avvenire nel tragitto casa scuola, sui mezzi di trasporto, quando si attende di entrare in classe. Si tratta di un patto di alleanza educativa».


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