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La riforma finisce in tribunale

sindacati rappresentativi del settore preparano il primo ricorso unitario della storia. Obiettivo: portare la chiamata diretta dei prof alla Consulta

07/07/2015
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Ora c'è da mettersi d'accordo sui dettagli del ricorso. Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda sono pronti, per la prima volta nella storia del sindacalismo scolastico, a ricorrere unitariamente contro una riforma, quella della Buona scuola che oggi arriva nell'aula della camera per il via libera definitivo e contro la quale davanti Montecitorio ci sarà l'ennesima manifestazione di protesta. Gli uffici legali delle varie sigle si vedranno nei prossimi giorni per fissare i punti chiave dell'impugnativa davanti ai giudici, che avrà due filoni paralleli: il primo punta a portare la legge alla Consulta per vizi di legittimità costituzionale, dal sistema della chiamata diretta dei docenti alla valutazione degli stessi a cui concorrono anche genitori e studenti; il secondo a tutelare, davanti ai giudici ordinari, i diritti dei precari esclusi dalla stabilizzazione, dagli insegnanti di seconda fascia delle graduatorie di istituto ai diplomati magistrali non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Insomma, il tribunale sarà la nuova frontiera della protesta contro la riforma.

«È un'attività non propriamente sindacale», ammette Massimo Di Menna, leader della Uil scuola, «il nostro compito è risolvere i problemi attraverso il negoziato. Nel privato, datori di lavoro come Sergio Marchionne, per rivedere il rapporto di lavoro nelle aziende, sono passati attraverso le trattative sindacali. Nella scuola stiamo invece assistendo a un'assoluta anomalia, un datore di lavoro, il governo, che ignora i rappresentati dei lavoratori. Questo ci spinge a scelte estreme per alcuni noi, impugnare la legge, e unitariamente, davanti al giudice». Dopo lo sciopero del 5 maggio scorso, che ha visto l'astensione dal lavoro di 618 mila dipendenti, «sbaglia il governo a credere che la scuola a settembre si rassegnerà alla riforma», rincara la dose Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, «e noi utilizzeremo tutte le armi che abbiamo a disposizione, compresa quella legale, visto che quella della trattativa ci è negata». Non si può migliorare il sistema scolastico «con provvedimenti che l'intero mondo della scuola ritiene, con solide motivazioni, sbagliati», ragiona Marco Paolo Nigi, segretario Snals-Confsal, «e che noi avverseremo unitariamente». Aggiunge Rino Di Meglio, coordinatore Gilda: «Il governo e il Pd hanno oggi consumato uno strappo insanabile con gli insegnanti, e il mondo sindacale risponderà compatto». La prossima legge «è confusa e illegittima in molti punti, c'è l'intento di comprimere i diritti dei precari e di violare la liberà di insegnamento», dice il numero uno della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo.

Il riferimento è al sistema della chiamata diretta, che assegna al dirigente il compito di scegliere il docente da utilizzare presso il proprio istituto e, dopo tre anni, il potere di confermarlo o meno. Inevitabile il rischio, sostengono le sigle sindacali, che nel giudizio finiscano per pesare anche valutazioni circa il modello didattico e l'orientamento culturale o politico dell'insegnante. Per non parlare del peso che avranno genitori e studenti nella valutazione ai fini dell'attribuzione del premio per il merito, circa 2.500 studenti delle scuole superiori di secondo grado e 14.500 genitori in tutti gli ordini scolastici: soggetti esterni al rapporto di lavoro che incidono su una quota di stipendio accessorio, senza vincoli e parametri oggettivi.

Mentre i sindacati, a cui pure il decreto 150 ancora assegna voce in capitolo, restano fuori. Insomma, questioni squisitamente contrattuali e non solo alla base della prossima battaglia d'autunno.


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