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La prof "La paura è tanta vogliamo tornare in classe ma vaccinateci subito"

Facciamo il massimo ma i contagi ci sono È impossibile tenere fermi i bambini al banco per 5 ore

06/01/2021
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la Repubblica

Intervista a Mariangela Galatea Vaglio, docente in Veneto

di Maria Novella De Luca Se deve fare un parallelo con il mondo antico, di cui è appassionata divulgatrice, Mariangela Galatea Vaglio dice che questa pandemia assomiglia, «per gli squilibri sociali a cui porterà, alla terribile peste Antonina», che flagellò il mondo di vaiolo e morbillo nel secondo secolo dopo Cristo. Se parla invece da prof di Lettere, da docente di scuola secondaria di primo grado, alle prese con la missione (quasi impossibile) di gestire didattica e distanziamenti tra ragazzini di 11 e 12 anni, Mariangela Vaglio fa un appello al governo: «Se credete davvero che la scuola sia una risorsa primaria per il Paese, vaccinateci tutti, così come state facendo con i medici. Adesso, non a giugno come prevede il calendario, ossia quando le lezioni saranno finite. Ora. Passiamo ogni giorno fino a sei ore in classi con 25, 28 ragazzi, abbiamo le mascherine, sì, ma non basta. Volete che le scuole restino, giustamente, aperte?

Vaccinate i prof».

Ex ricercatrice di Storia antica alla "Sapienza" di Roma, blogger, scrittrice di saggi e racconti storici, l’ultimo dedicato a Giulio Cesare, Mariangela Galatea Vaglio vive in Veneto, a Spinea, e insegna all’istituto comprensivo di Martellago, vicino a Mestre. «Ho fatto il concorso e mi sono ritrovata in cattedra. Pensavo che l’università mi sarebbe mancata, invece insegnare mi piace e amo il rapporto con i ragazzi. Anche se le secondarie di primo grado sono la vera trincea del sistema».

Professoressa Vaglio, è preoccupata del ritorno a scuola?

«Francamente sì. In Veneto la situazione dei contagi è grave, molti colleghi si sono ammalati, in tanti finiti in quarantena, avevamo classi con ragazzi positivi che da un giorno all’altro passavano dalla didattica in presenza a quella a distanza. Abbiamo seguito procedure rigorose, in strettissimo contatto con la Asl, ma non basta. E lo sappiamo».

Difficile far rispettare il distanziamento a ragazzini di undici o dodici anni?

«Gli studenti si sono comportati bene, credo in questa generazione.

Ma il distanziamento tra i banchi, di fatto, si riduce a 90 centimetri, a ricreazione, per mangiare, i ragazzi tolgono le mascherine, in cortile, com’è naturale si abbracciano, stanno insieme, nonostante i nostri richiami».

Quindi la sicurezza non è garantita.

«Facciamo il massimo ma i contagi ci sono. Aule, classi, corridoi diventano casse di risonanza del virus. Ma provate a tenere degli adolescenti inchiodati al banco, per cinque ore, fermi, zitti e con la mascherina...Visto però che la scuola è un’esigenza fondamentale, lo Stato dovrebbe venirci incontro».

Con una vaccinazione a tappeto?

«Fornendoci intanto delle mascherine Fpp2 che invece abbiamo dovuto comprare con i nostri soldi. E poi sì, una campagna di vaccinazione tempestiva del personale docente e non docente.

Se i ragazzi si infettano se la cavano con un po’ di febbre. Se contagiano gli adulti il rischio è la terapia intensiva. Se fossi immunizzata andrei a scuola con molta più serenità. E in ogni caso serve uno slittamento».

Posticipare la riapertura anche per elementari e medie?

«È necessario. Siamo nella confusione più assoluta. Le colleghe che devono fare gli orari non sanno più dove sbattere la testa, ho visto presidi piangere.

Non è umano così».

Quanto hanno perso i ragazzi con la Dad?

«All’inizio mi sembrava che far imparare qualcosa a distanza ai miei alunni fosse come chiedere all’orchestra del Titanic di suonare Wagner mentre la nave affondava.

Invece, come sempre, la scuola italiana, tanto criticata, ha tenuto duro. Ma la Dad ha messo a nudo le nostre contraddizioni».

Ha cioè allargato le disuguaglianze?

«No, quelle già c’erano. La crisi sociale noi prof la vediamo da 10 anni. Famiglie impoverite,genitori che hanno perso il lavoro e la serenità. Ma la scuola pubblica in presenza ha sempre attenuato le differenze, è una barriera. A distanza, invece, le differenze sociali sono esplose. Avere o meno una stanza dove studiare, un computer o nessun computer, libri a disposizione. Gli studenti non erano più tutti uguali».

Sarà un anno di "stop and go".

Aperture, chiusure. Distanza, presenza. Si sente pronta?

«È da settembre che andiamo avanti così. Ce la faremo. I ragazzi prima di tutto. Non perchè siamo eroi, ma perchè insegnare è un servizio alla società. Per questo, un segno di attenzione verso i docenti sarebbe inziare, subito, una campagna di vaccinazioni».