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La petizione dei prof a Mattarella: i politici usino i social media con «onore»

Su Change.org, la richiesta partita dalle università di Milano: è inutile educare i ragazzi all’uso responsabile delle tecnologie se l’esempio esterno è contrario

04/02/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Come possiamo insegnare educazione civica, rispetto e uso responsabile dei media e dei social media nelle scuole se l’esempio fuori dall’aula va nel senso inverso? Se per primi i politici usano Facebook e Instagram come moderne clave contro gli avversari? E’ la domanda che si sono fatti i 12 firmatari della «Petizione per l’uso responsabile dei social da parte della classe politica»: sono professori ed esperti, principalmente delle università milanesi, da Gianna Cappello, presidente dell’Associazione Italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione, a Pier Giuseppe Rossi, presidente della Società italiana di ricerca sull’educazione mediale, da Marco Gui, direttore «Benessere Digitale», il centro di ricerca sulla qualità della vita nella società in rete, dell’Università di Milano-Bicocca a Rosy Russo, presidente di Parole O_Stili, da Piermarco Aroldi, direttore del centro di ricerca sui media e la comunicazione della Cattolica di Milano a Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit della Cattolica di Milano. Finora la petizione - che è stata caricata su Change.org - ha superato le 2000 firme.

L’articolo 54 della Costituzione

Che cosa chiedono i firmatari al governo e al Presidente della Repubblica? Semplicemente che i politici siano più responsabili, almeno quanto si chiede agli adulti, nella loro comunicazione social. «Nella nostra attività quotidiana di genitori, insegnanti, educatori di vario genere, - scrivono - ci sforziamo di ragionare, fare ricerca, costruire insieme ai giovani delle buone pratiche nell’uso delle tecnologie digitali, in particolare dei social media. Negli ultimi tempi abbiamo assistito, anche da parte di esponenti del governo, a dichiarazioni online affrettate, diffusione di notizie non verificate e soprattutto all’uso di un discorso d’odio che certamente non fa bene al nostro Paese». La soluzione proposta nella petizione è in realtà molto semplice. Non ci vogliono leggi o lacciuoli burocratici, la paletta rossa contro i comportamenti in «palese contraddizione con i più basilari principi di rispetto della persona, ma anche del confronto e dialogo tra posizioni diverse» c’è già nella Costituzione. All’articolo 54 che recita: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge».

L’impegno e il giuramento

«Chiediamo, innanzitutto, -scrivono i professori - che il giuramento prestato dai componenti del governo sia d’ora in poi consapevole anche della valenza che ha oggi questo richiamo costituzionale. Crediamo poi che un impegno formale di uso responsabile dei media, in primis da parte dei membri del governo, sarebbe un piccolo passo avanti nella costruzione di una sfera pubblica più civile, sana e produttiva. In particolare, la sottoscrizione pubblica di un impegno (per esempio quello già ben articolato nel Manifesto della Comunicazione non Ostile) rappresenterebbe uno sprone per tutta la classe politica, dai consiglieri di quartiere ai parlamentari di ogni schieramento».

La formazione dei prof

Oltre all’appello alla responsabilità dei politici, ha spiegato Marco Gui al convegno di lunedì MediaEducation insieme alla ministra Lucia Azzolina, «la presenza continua di esempi opposti da parte di personaggi pubblici rende inutile quello che si cerca di insegnare il classe». Ma non è tutto: «chiediamo anche al governo che si impegni a mettere nel curriculum della formazione iniziale o in itinere degli insegnanti la competenza di insegnamento all’uso responsabile dei media». Una proposta appoggiata anche da Pier Cesare Rivoltella: «oggi i ragazzi vivono moltissimo del loro tempo in quelli che si chiamano “i terzi spazi”, cioè fuori dalla famiglia e dalla scuola, in uno spazio sospeso - quello dei social - che rischia di sfuggire di mano a loro ma anche alla società tutta».


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