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La mossa di Renzi “Su scuola e riforme avanti ma senza urgenza”

I numeri del Senato consigliano al premier un surplus di prudenza, in particolare sulla prima riforma in cantiere, quella della Buona Scuola.

04/06/2015
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la Repubblica

Francesco Bei - Goffredo De Marchis

Fermarsi un po’. I numeri del Senato consigliano al premier un surplus di prudenza, in particolare sulla prima riforma in cantiere, quella della Buona Scuola. «Noi — spiega il presidente del Consiglio ai suoi — non vogliamo rinviare. Ma non abbiamo urgenza di fare le corse. Vogliamo un dibattito serio. Se servono tre settimane in più...». Una frenata obbligata di fronte alla marea montante nel gruppo dem.
Il preludio di quello che potrebbe accadere in aula Renzi infatti lo ha potuto vedere nell’assemblea serale dei senatori Pd dedicata alla legge Giannini. Tutt’altro che pacificati dalle velate minacce di questi giorni, gli esponenti della minoranza hanno rialzato la testa. Ringalluzziti dall’indebolimento del progetto renziano dopo il risultato delle regionali.
Un vertice a pranzo tra Bersani, Speranza e i senatori della sinistra — che possono condizionare le politiche del governo — fissa la linea, quella di «non piegare più la testa: perché noi non siamo come Magnani e Cucchi». Una citazione che forse a Renzi non dirà molto, ma per i custodi della Ditta rimanda ai dissidenti del Pci che Togliatti definì sprezzantemente «due pidocchi sulla criniera di un nobile cavallo da corsa ». C’è stata l’offensiva di Miguel Gotor e Walter Tocci che hanno indicato le condizioni dei ribelli: stralciare dal provvedimento l’assunzione dei 100 mila precari e approvarla con una corsia preferenziale, rimandare la riforma, prendersi più tempo e votarla, con tempi certi, prima dell’estate. A sorpresa, raccontano, si è incrinato anche il fronte renziano. Senza usare toni ultimativi ma esprimendo per la prima volta qualche perplessità sulla corsa impressa dall’esecutivo. Il fioroniano Roberto Ruta ha spiegato: «Sono un insegnante e ho difficoltà a votare questa legge. Se mettendo i soldi abbiamo 600 mila professori in piazza un motivo ci sarà». Altri due renziani - Giorgio Pagliari e Giorgio Santini - hanno mosso qualche critica. Musica per le orecchie dei senatori dissidenti. Piccolo campanello d’allarme per il premier, appeso a nove voti di maggioranza a Palazzo Madama. Al Senato devono infatti passare tutti i provvedimenti più importanti: dalla scuola alla Rai, dalla riforma costituzionale alle unioni civili. Come si fa a superare questo ostacolo?
L’apertura di Renzi sui tempi dimostra che, alla vigilia della direzione di lunedì, il premier ragiona al netto dell’arrabbiatura e della tentazione di un repulisti nel partito. Tanto che persino sulla legge che abolisce il Senato elettivo a Palazzo Chigi e nel cerchio stretto dei consiglieri non si esclude un rallentamento. O meglio, un rinvio a dopo l’estate. Però questo è esattamente ciò che chiede la minoranza. «Forse aiuterebbe una riflessione complessiva. Ma sappiamo che non è nella natura del premier», osserva Maurizio Migliavacca. «Ripartiamo dall’unità del Pd. Può darsi che Matteo entri nell’ordine di idee di trovare una soluzione per aiutare il partito », aggiunge il bersaniano Federico Fornaro. Per rinforzarsi in vista della battaglia interna i renziani guardano anche ai movimenti in corso negli altri gruppi, dai quali potrebbero arrivare qualche aiuto. Si parla ad esempio di Verdini e altri due forzisti, di due senatori di Gal, di tre ex leghisti. «In Forza Italia si sta benissimo, sono tutte balle quelle sulla mia uscita», manda a dire il senatore toscano. Al massimo, quindi, sarebbero in tutto sette i senatori “responsabili”: comunque troppo pochi per sopperire a un eventuale “no” della minoranza dem. Anche perché c’è un altro pilastro della maggioranza che sta vistosamente scricchiolando: Area popolare. Divisa tra Lupi, Schifani, Augello e Quagliariello — convinti che sia l’ora di prendere le distanze dal governo — e il grosso dei parlamentari (con il ministro Lorenzin) decisi invece a non mettere a repentaglio la legislatura e le riforme. In mezzo resta Angelino Alfano, che si sta sforzando di mediare fra le due anime.
Nel frattempo Forza Italia, che ieri ha perso 12 senatori fittiani, non sta con le mani in mano. La crisi politica dentro l’Ncd spinge il cerchio magico a fare proseliti. Ieri pomeriggio, in un corridoio di palazzo Madama, Maria Rosaria Rossi, ambasciatrice di Berlusconi, tentava di convincere gli alfaniani Guido Viceconte e Antonio Gentile. Il leghista Jonny Crosio, passando davanti al terzetto, non ha trattenuto la battuta: «Voi Ncd mi sembrate degli autostoppisti in mezzo alla strada alla ricerca di qualcuno che vi carichi ».

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