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La Locandiera non parla ad Abdel

Le difficoltà quotidiane degli insegnanti in classe: la grande e costosa riforma non serve, ci vuole qualche aggiustamento operativo. E molto buon senso

22/04/2014
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Corriere della sera

Eraldo Affinati

Mohamed? Presente. Emil? Eccolo. Daniele? Gli hanno rubato lo zaino. Santino? Dorme. Rakman? Sta al bagno. Davide? Fuma una sigaretta giù al portone. Lorenzo? Entra dopo. Ibrahim? Aspetta, lo chiamo al cellulare... È la prima ora del lunedì. I ragazzi fanno fatica a carburare. Ogni scuola rappresenta un mondo e non si può generalizzare. Tuttavia quest’anno sono andato in giro per l’Italia, ho incontrato centinaia di studenti e decine di professori, da Milano a Reggio Calabria: molti problemi ritornano senza soluzione di continuità dai licei agli istituti professionali e non riguardano soltanto gli addetti ai lavori.

Gli obiettivi dell’istruzione nazionale e i problemi dei singoli studenti

Quali dovrebbero essere gli obiettivi dell’istruzione nazionale? Trasmettere la tradizione, sviluppare le competenze, ripristinare i valori nel mare magnum del web, formare la coscienza dei futuri cittadini. Ma Ivan, appena iscritto in prima superiore, ancora non parla italiano. Vanessa non mantiene l’attenzione più di un minuto. Giorgio, certificato dislessico, sbaglia tutte le vocali, avrebbe bisogno dell’insegnante di sostegno. Florin è un genio in matematica, finisce il compito in mezz’ora, poi comincia a infastidire i compagni. Claudio si è fatto una canna. Marcella ha problemi grossi in famiglia, nell’ultimo consiglio di classe l’hanno inserita nei Bes. Bisogni educativi speciali. Come se li avesse soltanto lei! Entrate in sesta ora, più o meno alle dodici e trenta, in una classe come questa. Nascondetevi dietro di me per evitare di essere colpiti dai cartoccetti in volo. È un biennio superiore. Siamo dentro il cerchio di fuoco. E quinci il mar da lungi e quindi il monte. Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno. Per Achmed è uno strano idioma, ma rispetto a lui Roberto non dispone di molte carte in più. In certe classi spiegare Leopardi è come scalare il Nanga Parbat, senza l’ausilio di corde e attrezzi.

Spiegare Leopardi o Goldoni tra smartphone e sbadigli

Per illustrare a Giorgio e Ioan gli occhi ridenti e fuggitivi di Silvia dovresti intanto riuscire a metterli a sedere insieme agli altri. Ammesso e non concesso che ci riesca, magari con il supporto di Andrea e Riccardo, da te designati quali aiutanti di campo, dovrai farti ascoltare per davvero, non per finta. Altrimenti sarebbe troppo facile. Ogni volta è una nuova avventura, anche perché non devi realizzare la performance di un giorno solo. Ben più impegnative sono le sfide che ti attendono. Come hai già scritto altrove: sei lo specialista dell’avventura interiore. L’artigiano del tempo.Il mazziere della giovinezza. Scendi nella fossa. Parli coi fantasmi. Lotti coi draghi. Sfidi le streghe del precetto. Incarni ciò che è stato e ciò che sarà, in quanto consegni una sapienza sottratta all’oblio scommettendo sul futuro di un ragazzo che sembra già perso. Gli scolari s’attaccano agli smartphone quasi fossero escrescenze fisiche. Sembra incredibile eppure ne sei certo: questi ragazzi, in un fondo oscuro che noi adulti siamo chiamati a scoprire, hanno ragione. Mentre illustri la potenza fantasmagorica di quella tomba ignuda, d’improvviso ti accorgi del tuo anacronismo. In una società devota alla bellezza, alla sanità, alla ricchezza, di fronte alla caduta di tutte le gerarchie di valore, nella rovina di ogni tensione esegetica, in un contesto critico completamente azzerato, al punto che le recenti scomparse di Ezio Raimondi e Cesare Segre ti sono sembrate tonfi di tronchi secolari sul fiume imputridito, dovresti ricondurre gli adolescenti che hai di fronte sull’argine sicuro della verità storica, della qualità estetica, della responsabilità etica. Su quale fondamento puoi contare per combattere il disincanto di Elia, gli sbadigli di Luca, le pernacchie di Romoletto?