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La lettera del precario sul palco del Primo maggio a Bologna: serve coraggio per rilanciare la ricerca

"Chiediamo politiche di investimento, il nostro settore dovrebbe essere considerato un asset strategico per il rilancio del Paese"

02/05/2019
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la Repubblica

Michele Sciacca

Un Paese che non investe in ricerca è un paese senza un futuro. Ogni paese che si dimostri ambizioso e soprattutto voglioso di rimanere al passo dei paesi leader mondiali quali Usa, Cina, Russia, Germania ed altri, fonda la propria politica economica e sociale su due aspetti fondamentali: l’istruzione e la ricerca. L’istruzione serve a formare costantemente nel tempo le varie figure professionali, comprese le classi dirigenti del paese. La ricerca è uno strumento nelle mani di coloro che sono stati istruiti e si occupa di studiare tutto ciò che nel breve e nel lungo periodo serve a mantenere alto il progresso tecnico, sociale ed economico del paese.

La ricerca Pubblica quindi può essere considerata un volano per uscire dalla crisi economica,per rendere il nostro Paese competitivo in questo terzo millennio. Ma negli ultimi 20 anni abbiamo assistito al continuo definanziamento di tutti i settori della conoscenza ed in particolare della ricerca pubblica. I vari governi l’hanno considerata al pari di tutta la pubblica amministrazione, non investendo in questo settore come invece ha fatto il resto d’Europa. Nello stesso periodo di recessione globale, alcuni Paesi hanno proseguito le politiche di investimento nei settori principali di istruzione e ricerca, l’Italia se n'è guardata bene. Ma la ricerca non è un settore che si accende o si spegne come una lampadina, perché è portata avanti dalla passione dei propri lavoratori della conoscenza.

La conseguenza di tale politica ha prodotto l’oramai atavica problematica dei precari della conoscenza. Basti pensare che al Consiglio Nazionale delle Ricerche, il più grande ente pubblico di ricerca, circa il 40 per cento del personale in servizio al 2017, aveva un contratto di lavoro a tempo determinato o “flessibile”. Nel 2017 è stato definitivamente approvato dall’allora governo Il d.lgs. n.75/2017 meglio noto come decreto Madia, che all’articolo 20 definisce le linee guida per il superamento del fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione e dunque negli enti di ricerca. Contestualmente, anche grazie alla forte mobilitazione messa in campo dalle Organizzazioni sindacali con i Precari uniti, il Governo ha previsto in Finanziaria i fondi necessari per il superamento del precariato.

Il decreto Madia ci ha suddivisi in categorie e sottocategorie, con percorsi di stabilizzazione differenti, sebbene noi sentiamo di appartenere ad una sola categoria, quella dei lavoratori della ricerca pubblica. Nei vari enti di ricerca lo spirito del decreto Madia è stato parzialmente o totalmente disatteso, con la conseguenza che colleghe e colleghi, precari da anni, attendono ancora di veder riconosciuta la loro dignità e i loro diritti di lavoratrici e a lavoratori. Nonostante che grazie al loro lavoro, alle loro competenze, attraverso il loro progetti di ricerca abbiano contribuito a portare importanti risorse umane ed economiche nei propri enti. Ricercatrici e ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi che, nonostante i loro contratti siano già scaduti o siano in scadenza, continuano ogni giorno il loro lavoro, affinché la ricerca non si interrompa, affinché i progetti possano continuare, affinché la Ricerca italiana non si trovi in imbarazzo con i partner esteri. Nonostante ciò ad oggi riceviamo solo promesse, smentite poi dai fatti.

Noi non siamo e non vogliamo sentirci un “problema da risolvere”, bensì una risorsa da tutelare e difendere. Dovremmo rappresentare il motore attraverso il quale rilanciare il nostro Paese, il fiore all’occhiello di uno Stato che dovrebbe arrestare l’emorragia di cervelli in fuga all’esterocon la speranza di un futuro migliore. Risorse preziose, competenze e professionalità, formate in Italia e “consegnate” ad altre nazioni. Perché sebbene noi ci sentiamo cittadini europei e del mondo, siamo altrettanto convinti che andare fuori dai confini del nostro Paese debba essere una libera scelta e non una necessità dettata dall’assenza di prospettive.

Al Cnr grazie alla forte e costante mobilitazione messa in campo dalla FLC CGIL, dalla FIR CISL e dalla UIL SCUOLA RUA con il movimento dei Precari Uniti, dopo anni di lotta, nel dicembre del 2018 (finalmente) si è provveduto a stabilizzare purtroppo solo la metà dei precari. Ad oggi, nonostante esistano gli strumenti di legge, al Cnr un migliaio di precari attende ancora, così come centinaia di aventi diritto negli altri enti attendono la stabilizzazione.
Il Presidente della Repubblica ha ricordato più e più volte di recente quanto sia importante investire nella formazione, nella cultura, nella ricerca scientifica, da ultimo solo pochi mesi, ha dichiarato: la ricerca è una porta che apre il futuro.

Affinché quella porta possa essere aperta, noi Precari Uniti Cnr, insieme ai precari di tutto il comparto della conoscenza continuiamo e continueremo a chiedere con forza al nostro Paese coraggio e lungimiranza. Chiediamo di utilizzare tutte le risorse a disposizione per continuare e completare il processo di stabilizzazione delle lavoratrici e lavoratori precari. In tal senso si è anche impegnato il Governo nell’intesa sottoscritta il 24 aprile con le Organizzazioni sindacali del comparto istruzione e ricerca! Chiediamo quindi di dare concretezza agli impegni presi, di passare dalle parole ai fatti, di procedere all’assunzione con contratto a tempo indeterminato di tutte le colleghe e i colleghi aventi diritto secondo il decreto Madia. Chiediamo che i contratti di lavoro, scaduti o in scadenza, delle colleghe e dei colleghi in attesa di stabilizzazione vengano rinnovati. Con determinazione chiediamo alla classe politica di avere il coraggio e la lungimiranza di attuare politiche di investimento efficaci in tutti i settori della conoscenza. Serve un impegno significativo, concreto, non di sole parole, in un settore, la Ricerca Pubblica, che dovrebbe essere considerato asset strategico per il rilancio del Paese. Coraggio e lungimiranza.

*Michele Sciacca è un ricercatore specializzato in chimica fisica dei sistemi biologici


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