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La Corte dei Conti blocca il decreto università

"Mancanza di una copertura importante". Vale 7 miliardi di euro e rilancia i premi agli Atenei e alla ricerca. La replica del ministero: "Tra poco avranno tutte le carte"

25/11/2014
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA  -  L'atteso decreto università, che quest'anno vale 7,01 miliardi di euro (+0,8 per cento) e che prevede il finanziamento per la stagione 2014-2015 degli atenei pubblici italiani, è stato fermato dalla Corte dei Conti. Dopo averlo analizzato per una settimana, i tre consiglieri delegati dedicati alle questioni scolastiche e universitarie hanno scelto di non registrarlo, rinviando il decreto al ministero dell'Istruzione. La Corte dei conti, che preventivamente si era confrontata con la Ragioneria generale dello Stato ottenendo conferma alle proprie perplessità, ha segnalato al Miur la mancanza di "una copertura importante" nell'impianto generale.

Quest'anno l'Ffo 2015, che da solo vale il 14 per cento dell'intero bilancio del ministero, contiene una forte spinta propulsiva sull'aspetto premiale, portato al 18 per cento sul totale (con la programmazione triennale, i dottorati di ricerca, il fondo per i giovani e il fondo perequativo la quota destinata alle perfomance delle singole università arriva al 22 per cento). Per quanto riguarda i "premi" agli atenei, il ministro Stefania Giannini ha voluto spingere sulla ricerca: nel 2014-2015 varrà il 70 per cento. Il 20 per cento del premio sarà assegnato sulla base delle politiche di reclutamento. Il restante 10 per cento sarà valutato su criteri di didattica internazionale, ovvero in base a quanti studenti vanno a studiare all'estero con l'Erasmus e quanti studenti Erasmus vengono quindi accolti dalle università italiane.

La quota base del decreto  -  ovvero i finanziamenti destinati in maniera paritaria a tutti  -  è pari al 72 per cento. Per definire la quota base per la prima volta è stato introdotto il concetto di costo standard: un quinto del fondo sarà assegnato (come da legge Gelmini) tenendo conto di questo aspetto. A parità di studenti in corso e di tipologia di corsi di studio situazioni analoghe dovranno costare la stessa cifra. Saranno presi in esame il costo della docenza (di ruolo e a contratto), i corsi di studio (raggruppati per aree disciplinari), i servizi amministrativi e di supporto (incluso il costo del personale tecnico-amministrativo), quindi i costi infrastrutturali e di funzionamento e altre voci specifiche (tutor in aree disciplinari, per esempio). Per tenere conto del differente contesto socio-economico in cui operano le singole università ci sarà un correttivo territoriale. Nell'anno accademico in corso il "costo standard" avrà un peso del 20 per cento, ma crescerà gradualmente fino al 2018.

Il nuovo modello di "finanziamento Ffo" tiene fuori dal conteggio i fuoricorso, gli studenti che non hanno terminato gli studi negli anni previsti, spesso studenti lavoratori. Le organizzazioni studentesche hanno contestato la scelta: gli atenei, per essere considerati virtuosi e accedere a finanziamenti migliori, abbasseranno la selettività degli esami, al fine di diminuire il tempo di conseguimento dei titoli, oppure penalizzeranno i fuoricorso aumentando le tasse.

Il decreto ministeriale è arrivato alla Corte dei conti solo la scorsa settimana e ora deve attendere questo nuovo passaggio richiesto dagli esaminatori amministrativi. Il ministero, nella sua direzione generale per l'università, ha negato che l'"Ffo" abbia problemi di copertura e ha ricondotto lo stop dei magistrati contabili alla mancanza di un giustificativo sulle spese per la ricerca: "Il ministero delle Finanze invierà tutte le carte nelle prossime ore", assicurano al Miur.
 


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