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«La conoscenza non è un’opinione» La battaglia degli scienziati

FOLLA ALL’INCONTRO CON IL MICROBIOLOGO E VIROLOGO ROBERTO BURIONI. LE CRITICHE ALLA RETE

13/05/2018
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Corriere della sera

 Alessia Rastelli

Torino - 

«Dobbiamo trasmettere informazione corretta e la forza della verità». Roberto Burioni, medico, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, rilancia dal Salone la sua battaglia in difesa della scienza. Già autore de Il vaccino non è un’opinione (Mondadori, 2016), Burioni interviene in una sala pienissima — fuori, una lunga coda di visitatori che non riescono a entrare — in occasione del libro più recente: La congiura dei somari (Rizzoli).

Finito nel mirino di parte della stessa comunità scientifica per i toni aspri con cui difende i vaccini (secondo gli oppositori, che lo accusano di arroganza, sarebbe meglio essere più dialoganti), qui al Lingotto Burioni riscuote invece molto consenso. Nessun No-Vax a contestarlo ma, anzi, il pubblico lo segue fuori dalla sala alla fine dell’incontro, gli chiede di firmare copie e l’ormai immancabile selfie.

In questi giorni in fiera — anche con apprezzabili autocritiche — si respira un generale clima di difesa della scienza e dei suoi risultati, una sorta di invito alla resistenza in tempi in cui l’auctoritas è sotto attacco in molti campi. Il Salone ha messo in piedi un intero filone, L’età ibrida. Le scienze in un mondo in trasformazione, per far luce su questi fenomeni. L’ha curata Giorgio Gianotto, editor della Treccani, qui in veste di consulente. «L’obiettivo — spiega — è far dialogare umanesimo e scienza, che sono entrambe forme del sapere».

Tra gli ospiti c’è appunto Burioni. Mostra una foto di sé bambino con dietro un’enciclopedia, «scritta da chi se ne intendeva». Mentre oggi, sottolinea, «un alunno cerca informazioni su internet, dove si trova di tutto, anche che la Terra è piatta e non gira». Questo, sommato al già noto effetto Dunning-Kruger, secondo cui «il somaro non sa di essere somaro — avverte —, può produrre ricadute gravi, specie in medicina. L’Italia è il quinto Paese al mondo per casi di morbillo, dopo Ghana, Burkina Faso, Togo e Sudan». La nostra mente, aggiunge, «non si è evoluta per dare giudizi corretti ma utili a salvare la pelle. Associamo un meccanismo causa-effetto a fatti conseguenti, ma non per forza collegati. Se affido l’auto al meccanico e quando la riprendo non parte, non è detto che lui l’abbia rotta, ma siamo portati a pensarlo. Il metodo scientifico, invece, controintuitivo, corregge questi meccanismi, amplificati oggi dai social media». Su Facebook, nota, vincono emozione e disintermediazione, «ma non possiamo farci nulla. I tempi sono cambiati: tutti ci scrivono e dobbiamo farlo anche noi medici. Ecco perché ho aperto il mio profilo e non mi limito solo a dare informazioni corrette, ma cerco di essere convincente e appassionato, secondo il linguaggio di quel mondo».

Ieri al Salone c’era anche il filosofo della scienza Giulio Giorello. «Il richiamo di Burioni all’autorevolezza — osserva — è giusto. A fare le spese delle scelte di alcune famiglie, nel caso dei vaccini, sono i bambini». Quindi analizza le ragioni dell’acuirsi dello scetticismo verso la scienza. «Dietro — premette — c’è una visione come quella di Croce e Gentile che ne ha smorzato la portata conoscitiva. In più, oggi che saltano vecchi privilegi culturali, come mostrano le recenti elezioni, ne fa le spese pure la scienza».

D’accordo sullo scarso radicamento della cultura scientifica in Italia è Laura Boella, docente di Filosofia morale alla Statale di Milano, autrice di Empatie. L’esperienza empatica nella società del conflitto (Raffaello Cortina), di cui discuterà oggi al Salone. «L’atteggiamento anti-scientifico — dice — si inserisce nella nostra tradizione ma anche nel più generale e recente anti-intellettualismo, diffuso non solo in Italia. Dietro, ci sono la crisi economica, i problemi sociali che hanno inasprito gli animi contro le cosiddette élite, inclusi politici ed economisti». Va anche detto, aggiunge, che «le relazioni non sono unilaterali: la stessa élite non è stata in grado di mediare e si è creato un vuoto tra cultura, scienza, economia, sempre più sofisticate, e la popolazione in difficoltà». In questo vuoto, «il senso comune, le emozioni, vincono su dati e statistiche. Un’iniziativa come la pagina Facebook di Burioni può essere un modo per provare a colmarlo».


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