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La Cgil di Susanna Camusso: lavoro e confederalità

Sappiamo qual è l'importanza del lavoro per le persone, che cosa significa la dignità del lavoro. E' falsa l'infinita propaganda di chi afferma che il lavoro non è più centrale, che gli operai non ci sono più

03/11/2010
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Rassegna.it

di Paolo Serventi Longhi*

"Viviamo una situazione di oggettiva grave difficoltà. Sin dall'inizio abbiamo compreso che la crisi era di tali dimensioni da cambiare parametri consolidati e letture di riferimento e che, però, non ne saremmo usciti in modo tradizionale. E la crisi ha colpito duramente le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati, aggravata dall'assenza di politiche adeguate del governo. Ma direi ancora più duramente perché il vero risultato che in realtà il governo ha raggiunto è quello di dividere il sindacato e di rendere impossibile una mobilitazione di tutti che cambiasse l'azione dell'Esecutivo, e ha reso più debole oggettivamente anche la nostra iniziativa".

Non si nasconde la gravità della situazione Susanna Camusso nel momento in cui la Cgil la chiama alla guida della confederazione. La incontriamo in treno, nella tratta tra Roma e Firenze dove si reca, pochi giorni prima del Direttivo confederale, per una assemblea nella storica fabbrica del Nuovo Pignone. Dobbiamo realizzare per la Cgil il video con il saluto a Guglielmo Epifani e Susanna si rende disponibile.

Rassegna Una situazione difficile per tutti ma per i giovani in particolare.

Camusso Certamente. È un tema che non viene sufficientemente messo a fuoco, quello dei giovani e soprattutto delle giovani donne che rinunciano a cercare il lavoro. Cioè, gli effetti della crisi vanno oltre il problema disoccupazione che è già molto pesante. Abbiamo messo in campo politiche giustamente difensive, come la rivendicazione e anche i risultati sulla cassa integrazione in deroga, ma sono risultati che hanno il difetto di non essere riusciti ad allargare significativamente le tutele ai giovani. È pur vero che ci sono anche risultati importanti, altrimenti non si spiegherebbe la tenuta della nostra organizzazione e la continuità della mobilitazione. I contratti rinnovati, le migliaia di accordi aziendali, il governo della crisi anche con le intese con le regioni sull'utilizzo della cassa in deroga, la contrattazione sociale, piuttosto che altri risultati nei territori per cassaintegrati, disoccupati.

Rassegna Risultati della contrattazione territoriale?

Camusso Sì. Estensione dei servizi sociali, riduzione dei costi dei trasporti, delle tariffe, delle bollette per i più deboli e gli anziani, insomma una risposta alla domanda individuale. Le soluzioni realizzate e quelle possibili sono certamente molto diverse a seconda dei territori, però ci sono primi risultati che dimostrano che con la contrattazione sociale si determina un nuovo quadro sociale che diventa un soggetto della nostra contrattazione. Sono questi due elementi (la contrattazione aziendale, i contratti dove li abbiamo fatti e la contrattazione sociale) che in realtà hanno permesso di mantenere un certo livello di coesione sociale e non di disperazione, pur essendovi ottime ragioni per stati d'animo disperati. Penso ai recenti casi di suicidio di lavoratori e di imprenditori e a forme di lotta utilizzate per richiamare attenzione, che non c'è, ai problemi veri del paese.

Rassegna Ti riferisci alle responsabilità dell'informazione

Camusso Basta leggere i giornali per capire la distanza che c'è tra i problemi delle persone e ciò che occupa la mente del governo e le sue iniziative. Vi sono persone che vivono una difficoltà così profonda da mettere in pericolo se stesse. Si sottovalutano spesso le ragioni che portano ad uno sciopero della fame, ad andare sui tetti delle aziende o degli edifici sede delle istituzioni.

Rassegna Scelte estreme, disperate.

Camusso Eh sì. Ma non solo. Sono realtà che ci dicono qual è l'importanza del lavoro per le persone, che cosa significa la dignità del lavoro. E di come sia falsa l'infinita propaganda di chi afferma che il lavoro non è più centrale, che gli operai non ci sono più, tutte affermazioni che hanno condito la nuova ideologia del paese, una ideologia, appunto, falsa. Ci sono invece le persone, quelle vere, per le quali il lavoro è dignità e diritti, per le quali l'assenza del lavoro è la perdita del senso del futuro, della stessa vita. E forse la difficoltà maggiore che noi abbiamo è di non riuscire pienamente a rappresentarla un'idea di futuro come una prospettiva concreta per le persone.

Rassegna Hai qualche speranza sul fronte dell'unità sindacale? Ci sono elementi anche rispetto all'apertura del confronto con le imprese e il governo di riunificare il sindacato attorno a una piattaforma nuova?

Camusso L'unità sindacale è, per la Cgil, il suo dna, una scelta fondamentale. Nessuno potrà convincerci che si può avere una prospettiva nella quale non ci sia l'unità sindacale. Certo, stiamo attraversando una stagione che non ha precedenti. Per due ragioni: perché la grande crisi dell'unità, quella che portò al pluralismo sindacale e alla fine della Cgil in un unico sindacato, aveva in sé i connotati di un paese che si trasformava, era caratterizzata da grandi opzioni ideologiche. Oggi, in realtà, ciò che ci divide è l'idea di rappresentare il lavoro, in termini anche di rivendicazioni, di capacità di cambiamento, di non subire supinamente le imposizioni del potere politico. E' difficile davvero superare ciò che ci divide in questa stagione. È una divisione molto profonda, peraltro voluta da molti soggetti in campo, dallo stesso governo che ha sostenuto la logica degli accordi separati. Quindi pensare che ci sia a breve un cambiamento, una ricostruzione dell'unità, mi pare difficile, anche se stiamo lavorando insieme in tutti i livelli della contrattazione, i contratti nazionali, i patti aziendali, la contrattazione territoriale e sociale. Non lasciamo nulla di intentato e i risultati si vedono.

Rassegna Sono molti gli accordi unitari?

Camusso L'assoluta prevalenza dei contratti sono unitari, così come della contrattazione di secondo livello. Certo, indubbiamente bisogna farsi una domanda – noi ce la siamo fatta e continuiamo a farcela– sul come si fa a gestire il sindacato in una divisione così forte. L'esperienza, la somma degli anni, dei decenni passati, le grandi speranze di unità, penso alla Flm, di unità breve e poi i bruschi ritorni indietro, ci dicono che ci vuole una determinazione comune sulle regole della democrazia sindacale. Noi pensiamo a una legge ma sicuramente vi deve essere, a premessa, una determinazione comune, su quali debbano essere le regole di fronte alle opinioni differenti, affinché i momenti di divisione che ci sono, abbiano la possibilità di trovare composizione nel confronto con i lavoratori e nelle regole che ci si dà, sia per quanto riguarda il riconoscimento della rappresentanza sia per le soluzioni contrattuali.

Camusso Come sempre sarà il Rassegna Una possibile ricomposizione passa forse anche per la capacità della Cgil di rapportarsi alla necessità di cambiamento che la parte degli imprenditori più avveduta chiede alla confederazione?

confronto e la discussione che determinerà i risultati. Credo che un elemento per noi sia importante: che il fronte delle associazioni d'impresa è passato da una condizione in cui sosteneva che il governo faceva bene, a riflessioni sul fatto che risposte adeguate alla crisi non ce ne sono e che bisogna ragionare su come se ne esce e quindi anche su ciò che le parti sociali possono fare. Questo confronto è sicuramente un confronto utile. Produrrà o non produrrà risultati? Lo vedremo, perché indubbiamente scontiamo un tempo perso nel quale si è preferito pensare che il governo facesse delle cose positive, ma credo comunque che sia interessante provare a confrontarsi (non a caso tra gli argomenti vi sono ricerca e innovazione, i percorsi per il futuro) e a interrogarsi su come si governa l'uscita dalla crisi.

Rassegna Le vicende dei metalmeccanici e della Fiat rendono tutto più complicato?

Camusso Certo, occorre tenere conto di ciò che è accaduto nei metalmeccanici ma non esclusivamente nei metalmeccanici, anche nei pubblici, ad esempio, con l'idea sbagliata secondo la quale bisogna ridurre la capacità contrattuale per affrontare questa stagione. Noi pensiamo esattamente l'opposto, noi pensiamo che la contrattazione resta lo strumento fondamentale, anche se la contrattazione va innovata. Non basta limitarsi a difendere ciò che avevamo perché la pura difesa indebolisce. Il messaggio che abbiamo dato e che non può essere equivocato è che noi possiamo e abbiamo bisogno di nuove regole. Ma che non abbiamo bisogno né saremo disponibili a un'idea di contratti fatti di deroghe perché l'idea di nuove regole, anche di innovazione, prefigura l'ampliamento e l'efficacia della contrattazione, la difesa dei diritti.

Rassegna Una linea sindacale, quella della Cgil, decisa dal recente Congresso.

Camusso Il nostro XVI congresso ha avuto molte caratteristiche ma una sicuramente va evidenziata: quella di avere molto lavorato sul concetto della confederalità e sul rapporto che c'è tra la politica confederale e il territorio, con un'idea di centralità del rapporto con il lavoratore e il pensionato, un rapporto che prende vita dal lavoro, dal sociale, dalla cittadinanza. Il tema del territorio continua a tornare, ed è sicuramente ancora un punto di debolezza perché la frantumazione che è intervenuta nel mercato del lavoro sta rompendo lo stesso tessuto sociale. I canali tradizionali di organizzazione che noi avevamo si sono man mano indeboliti così come la nostra capacità di presa sul territorio e di rapporto con i singoli, di integrazione tra la tutela individuale e la tutela collettiva come elemento che rilancia la contrattazione e aggrega di più le persone. Su questo abbiamo sicuramente tantissimo lavoro da fare, anche riscoprendo l'azienda, il territorio, la filiera come luogo in cui è possibile ricomporre il mercato del lavoro. Perché se possiamo dire, giustamente con orgoglio, che abbiamo mantenuto un'alta sindacalizzazione nei luoghi di lavoro, non altrettanto possiamo dire che in quei luoghi abbiamo incluso le figure precarie. La vera sfida, quella dell'innovazione della contrattazione e delle regole che ci dobbiamo dare, è esattamente questa: come includere tutti, come dare voce e organizzare i giovani o i più anziani, i soggetti verso la pensione ma non ancora in condizione di andarci, che hanno perso il lavoro. Il problema è proprio quello di allargare la rappresentanza.

Rassegna I precari, i giovani, i più anziani, i professionisti, cioè il mondo del lavoro nella sua globalità.

Camusso Sì, perché il mondo del lavoro si è articolato. Dentro questa articolazione cambiano anche le centralità perché è cambiata la dimensione d'impresa, perché è vero che ci sono nuove attività, perché bisogna ripensare l'organizzazione, perché si è creata una progressiva frattura tra il luogo forte e gli appalti e i servizi. Anche le condizioni di lavoro sono profondamente cambiate. C'è il contratto nazionale che va applicato ma stanno cambiando i rapporti di forza: con l'emersione, ad esempio, dell'esternalizzazione della pubblica amministrazione, ma anche con la nascita delle cooperative sociali e delle nuove imprese dei servizi. Nell'insieme di questo mondo ci sono persone che hanno una struttura forte (il contratto nazionale, la contrattazione aziendale) e molti ai quali il contratto non parla. Allora, insieme all'essere sul territorio e ricomporre appunto l'insieme dei diritti, l'altro grande tema è far sì che la contrattazione parli anche a loro.

* Direttore di Rassegna Sindacale

 

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