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La carica dei 2.400 presidi per superare l'anomalia delle "reggenze" provvisorie

L'ANNO SCOLASTICO 2017/18 PASSERÀ ALLA STORIA PER IL NUMERO RECORD DI DIRIGENTI MANCANTI. SONO INFATTI 1.748 GLI ISTITUTI IN CUI NON CI SONO QUESTE FIGURE. MA IL MINISTERO HA CHIESTO DI POTER FARE UN CONCORSO DOPO SEI ANNI DI VUOTO

09/10/2017
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la Repubblica

Massimiliano Di Pace Roma

Dopo il tunnel del record delIl le reggenze (1.748 nell' anno scolastico 2017/18), si intravede la luce di una possibile loro riduzione a partire dal 2019, grazie al nuovo concorso per dirigenti scolastici. Infatti il ministero dell'Istruzione ha fatto sapere che ha richiesto al Mef l'autorizzazione per assumere 2.425 nuovi presidi nel corso dei prossimi 3 anni. Ma come si è giunti a questa situazione di 1.748 scuole senza presidi? «Sono 6 anni che non ci sono concorsi dichiara Giorgio Rembado, presidente dell'Anp, l'associazione nazionale dei presidi. L'ultimo ha avuto luogo nel 2011, e questo per la riduzione della spesa pubblica, che non ha consentito altre immissioni a ruolo, con il risultato che il pensionamento progressivo dei dirigenti scolastici ne ha assottigliato il numero». Infatti, i presidi, secondo i dati del Ministero dell'Istruzione, sono passati dai 7.655 del 2012 ai 6.793 del 2017.

A questo si è aggiunto un continuo trasferimento delle competenze relative all'organizzazione del concorso, come spiega Pino Turi, segretario generale della Uil scuola: «Il trasferimento dal Miur alla Scuola nazionale dell'amministrazione del compito di organizzare il concorso per dirigenti scolastici, e il successivo ripensamento, con la restituzione al Miur della competenza, ha impedito l'organizzazione del concorso negli ultimi anni».

Roberta Fanfarillo, coordinatrice nazionale dei dirigenti scolastici di Flc-Cgil, ricorda però che un certo numero di reggenze è inevitabile: «Sono 354 le scuole con meno di 600 alunni, per le quali la legge prevede la reggenza; vi sono poi 300 dirigenti scolastici distaccati in altre amministrazioni pubbliche, e meno di 20 nel sindacato, che vengono sostituiti nelle rispettive scuole da reggenti».

Ma quali sono le conseguenze delle reggenze per gli utenti della scuola? «Una peggiore organizzazione della scuola risponde Rembado dell'Anp -. Un preside in media gestisce 1.000 studenti, 130 dipendenti, e 5 edifici. Raddoppiando questi numeri per effetto di una reggenza, il preside si trova a gestire una medio-grande azienda, senza avere gli strumenti per farlo».

Lo conferma Paola Serafin, responsabile nazionale dei dirigenti scolastici per la Cisl scuola, che aggiunge: «La gestione di una scuola in reggenza è più faticosa per via dello spostamento continuo a cui è costretto il preside, dovendosi muovere tra istituti diversi, tanto più che questi oggi sono costituiti da molti edifici, per via dell'accorpamento di scuole, come dimostra il fatto che rispetto agli anni '90 si è passati da 18mila alle circa 9mila attuali». Certo è che, a detta di molti, lo Stato ha risparmiato con le reggenze: «Dato che l'indennità per una reggenza è pari a circa il 20-25% dello stipendio di un preside sottolinea Rembado di Anp è evidente che attribuire una scuola ad un reggente costa molto meno che assegnarla a un nuovo preside».

E' d'accordo su questo punto Fanfarillo di Flc-Cgil: «È di 308 milioni il risparmio che lo Stato ha ottenuto dal 2011 ad oggi, in termini di differenza di costo tra un preside e un reggente». Il problema delle reggenze dovrebbe ridursi, visto che il 20 settembre è uscito in Gazzetta ufficiale il regolamento del prossimo bando per dirigenti scolastici, per il quale il Miur ha chiesto al ministero dell'Economia la previsione di 2.425 posti. Dopo che il Mef risponderà il bando potrà essere pubblicato. I sindacati, pur accogliendo positivamente il regolamento, non nascondono perplessità.

«Avremmo preferito un concorso per l'idoneità, da cui attingere i presidi per colmare i posti vacanti, piuttosto che un bando per l'assegnazione di un numero di posti dice Turi della Uil scuola. Questo anche per ridurre il contenzioso, che ha caratterizzato i precedenti concorsi».

Per Fanfarillo della Flc-Cgil il regolamento presenta luci e ombre: «Il fatto che il concorso sia nazionale, invece che regionale, è un miglioramento rispetto al passato. Ma la procedura è molto lunga». Sulla stessa lunghezza d'onda è Serafin della Cisl scuola: «Il percorso è troppo complesso, e non sarà facile gestirlo, visto che è da attendersi un elevato numero di domande per il concorso, visto che per gli insegnanti è l'unica possibilità di carriera».

Rembado dell'Anp ritiene fondamentale prevedere un numero adeguato di posti: «Se il concorso deve eliminare il fenomeno delle reggenze dovrebbe prevedere 2.600 posti. Infatti, agli attuali 1.200 posti vacanti, bisognerà aggiungere i pensionamenti dei prossimi 3 anni. C'è il rischio che il numero sia inferiore per motivi finanziari, con la conseguenza che nel 2018/19 vi sarà un nuovo record di reggenze, visto che il concorso non durerà meno di 15-16 mesi».

L'anno scolastico 2017/18 è comunque partito meglio dello scorso anno. «Una delle novità positive di questo anno annuncia Turi della Uil scuola è che si sono ridotte di 10mila unità le cattedre da coprire con supplenze, essendo passate da 25mila a 15mila. Certo restano, i problemi della mobilità interregionale, poiché il 40% dei docenti si è avvicinato alla propria residenza grazie all'accordo sulla mobilità, e cattedre ancora scoperte a inizio anno scolastico». Il fenomeno delle cattedre scoperte pare essere dovuto al ritardo di alcuni uffici scolastici, che non sono riusciti a gestire le offerte di supplenza cartacee. Un altro aspetto che caratterizza l'anno in corso è il riconoscimento dell'inefficacia della chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi, uno dei cardini della legge sulla Buona scuola: «Visto che Io scorso anno molti docenti chiamati dai presidi si sono spostati ammette Serafin scuola que- st'anno i presidi hanno creduto meno alla procedura».

Gli stipendi restano i più bassi di tutta la Pa oltre al concorso, i presidi attendono il rinnovo contrattuale, come tutti gli altri dipendenti pubblici. Per l'avvio delle trattative occorre attendere l'atto di indirizzo del Governo e lo stanziamento di risorse da parte della legge di stabilità. Nel frattempo i sindacati stanno mettendo a punto le loro richieste. La Uil scuola punta a ridefinire il profilo professionale del preside, per assicurargli una capacità di operare coerente con l'autonomia degli istituti scolastici, oltre che ad un'armonizzazione dei salari, essendo questi diversi a seconda dell'anno in cui è iniziato il servizio. L'obiettivo della Cisl scuola è equiparare lo stipendio dei presidi a quello dei dirigenti del comparto ricerca e università, visto che il loro stipendio è il più basso nella dirigenza pubblica, essendo compreso nella fascia di 2.400-2.800 euro netti mensili. Anche la Flc-Cgil punta a questa equiparazione, che è attesa dal 2000, anno in cui i presidi sono stati qualificati come dirigenti, e chiede che alcune questioni, come la valutazione e la mobilità del preside, così come l'attribuzione di reggenze e altri incarichi, sottratte alla contrattazione dalla legge Brunetta, tornino ad essere oggetto di trattativa. (m.d.p.)


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