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L'università ibrida

La sfida è quella di integrare i supporti tecnologici nella cornice della convivenza umana, far circolare e fiorire il pensiero critico, l'approfondimento scientifico, la riflessione sul ruolo stesso delle istituzioni

07/10/2020
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Il Sole 24 Ore

Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi

Dopo l'esperienza primaverile della didattica online e dopo la chiusura estiva, le università riaprono i battenti delle lezioni con una modalità definita blended: docente in aula con parte degli studenti (che si alterneranno con turni settimanali di presenza), mentre la lezione viene contemporaneamente diffusa in streaming per chi è a casa, così da evitare sovraffollamenti in aula. È una soluzione ibrida che cerca di salvaguardare l'esperienza “fisica” dell'università, limitando i rischi di contagio.

Nelle prime settimane di settembre, gli edifici più o meno spopolati di Sapienza, Bicocca o Alma Mater Studiorum si sono animati di tecnici informatici magici che hanno predisposto postazioni telematiche nelle aule. I docenti sono stati chiamati a raccolta e istruiti sulle nuove procedure da seguire: alcuni di noi più civici e motivati, altri più preoccupati e malmostosi.

Percorso impegnativo

Si prospetta un percorso impegnativo per non dire faticoso: paragonate una lezione in presenza, partecipata e dinamica, con docente deambulante e basata sull'interazione, direbbe Lévinas, “volto a volto”, a una lezione statica, con docente seduto in cattedra, con mascherina, seduto davanti alla postazione telematica, che deve rivolgersi contemporaneamente a uno schermo e a una piccola platea di presenti … Su tutto questo, come già avvenuto dai nidi ai licei, la minaccia di chiusure e quarantene per allievo positivo al Covid. Alcuni si sono chiesti (chi pubblicamente, chi nei corridoi di scuole e facoltà) se il gioco vale la candela, se non abbia più senso continuare, ancora per un po', in remoto. È come se le nostre postazioni casalinghe, dalle quali abbiamo “interagito” a partire dallo scorso marzo, ci chiamassero con canti di sirene telematiche e noi, fedeli al valore di un'università viva e di un insegnamento che è presenza e incontro, dovessimo mettere i tappi.

Di nuovo, come altre volte dall'inizio della pandemia, ci troviamo di fronte a un problema di convivenze (tra parti di noi e tra queste e la collettività) e alla necessità di riflettere sul rapporto con la tecnologia. Ancora una volta, come è accaduto per le terapie online durante il lockdown, i computer, gli schermi e le piattaforme streaming si rivelano un aiuto fondamentale dotato anche di valore relazionale.

Proteggerci e proteggersi

E ancora una volta ci pongono di fronte a un dilemma, alla preoccupazione di modificare, con le migliori intenzioni, l'esperienza antica dell'universitas come raduno e scambio, anche fisico, di saperi. Proprio per questo sono importantissimi quei 25-30 studenti che, turnando in presenza, rappresentano tutti gli altri che, per proteggerci e proteggersi, ci seguono online! Siamo infatti convinti che, davanti alla necessità di mettere in atto misure di protezione nei confronti di un virus che continua a dilagare, la soluzione ibrida, nonostante il poco lusinghiero retaggio etimologico (dal latino hybrĭda cioè “bastardo”, fonte Treccani) sia la più intelligente.

Perché senza abbassare la guardia sulla sicurezza non rimuove il valore e il significato del corpo studentesco e del corpo docente. Sarà compito nostro trovare soluzioni creative per tenerla viva, l'Accademia. La sfida è quella di integrare i supporti tecnologici nella cornice della convivenza umana, far circolare e fiorire il pensiero critico, l'approfondimento scientifico, la riflessione sul ruolo stesso delle istituzioni culturali in questi tempi giustamente definiti da Judith Butler anti-intellettuali. Noi, con mascherina ma occhi aperti e attenti, siamo già al lavoro accompagnati dal nostro mantra: “docenza con prudenza ma con presenza”.


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