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L’università. A luglio torna la laurea dal vivo ma le lezioni resteranno online

Il documento del ministero dell’Università e della ricerca indica nei primi giorni di luglio la possibile ripartenza degli esami in aula, a partire da quelli che prevedono numeri contenuti, e delle discussioni delle tesi di laurea

19/04/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — Ci sono da riaprire i laboratori e le biblioteche delle 65 università pubbliche italiane e dei 23 enti di ricerca. Dal 4 maggio. Per riportare nella sua sede naturale la ricerca, oggi intubata — ma non ferma — nelle stanze dei singoli dottorandi, degli studenti. Quindi, nei primi giorni di luglio, ripartiranno gli esami in facoltà e le discussioni "in presenza" delle tesi di laurea.

È pronto, sì, il Piano università e ricerca. Il ministro Gaetano Manfredi dalla sua casa di Napoli sta leggendo le indicazioni delle tre associazioni di riferimento — Conferenza dei rettori, Consiglio universitario, Consiglio nazionale degli studenti — e cercando soluzioni di dettaglio per un mondo largo che, fin qui, è riuscito a convivere meglio di altri con l’emergenza clinica. Si parte da una certezza: fino alla fine del semestre accademico, vuole dire il 31 luglio, non ci saranno più lezioni dal vivo. Non si riuscirà a riportare in sicurezza i dipartimenti — studenti a un metro uno dall’altro — entro l’estate.

Il documento del ministero dell’Università e della ricerca indica nei primi giorni di luglio, poi, la possibile ripartenza degli esami in aula, a partire da quelli che prevedono numeri contenuti, e delle discussioni delle tesi di laurea. I due momenti fondamentali per la vita di ogni ateneo sono andati avanti, in questi giorni, da remoto. I rettori, tutti, dicono con un successo inaspettato: «Abbiamo aumentato il numero degli studenti ai corsi», assicura Eugenio Gaudio, guida della Sapienza di Roma: «Siamo oltre quota centomila ». Gli studenti organizzati mostrano uno scenario più vario: «L’avvio delle lezioni da remoto è stato rapido, ma diverso da ateneo ad ateneo », racconta Camilla Guarino, studentessa dell’organizzazione Link: «Con la didattica a distanza le differenze tra le università si sono allargate ». Un problema centrale è quello degli esami scritti e collettivi: non tutte le accademie hanno modelli informatici che consentono di farlo con la certezza che non si copi. Poche hanno iniziato gli scritti (Bicocca e Pavia, per esempio). La stessa Sapienza ha elaborato un protocollo che prevede l’utilizzo di due computer.

Ecco, adesso ogni ateneo — osservando le indicazioni del Comitato tecnico scientifico che oggi affianca il governo — dovrà fare una pianificazione degli esami possibili e accertarsi se vi sono stati studenti che, per ragioni di connessione, di tempo da dedicare al lavoro, sono rimasti lontani dalle lezioni online. Quindi, dovrà attivare un forte recupero. «Ci siamo mossi con il principio di non far perdere un giorno di lezione e non regalare ritardi ai nostri studenti », dice il ministro Manfredi.

Il piano, sì, illumina anche la ripresa dell’Anno accademico 2020-21, fine settembre-inizio ottobre. La volontà è quella di riaprire le università italiane, «restituirle alla loro naturale vita di relazione e scambio». Ci sono tre ordini di problemi, però. Non si potranno, con ogni probabilità, garantire le distanze minime nei corsi di studio più affollati. In particolare a Lettere, Economia e Ingegneria. In particolare negli atenei più grandi. Poi gli studenti stranieri: non c’è certezza che a inizio autunno possano tornare in Italia. E, ancora, i pendolari a lunga percorrenza: potrebbero avere difficoltà a muoversi. «Per i primi sei mesi l’opzione delle lezioni online dovrà essere tenuta in alto da tutti gli atenei», dice Manfredi. Sia in modalità sincrona che in streaming .

La lezione prevalentemente mattutina sarà sostituita da un calendario "9-18" che consentirà di sfruttare l’intera giornata evitando affollamenti in aula e nei trasporti: «Si potrà fare didattica anche il sabato e la domenica», sempre il ministro. «Nessuno aumenterà le rette», assicura Manfredi, «quest’anno siamo riusciti a colmare la perdita di iscrizioni che seguì la crisi aperta nel 2008». Il timore del mondo universitario è che il crollo economico a settembre falcerà le intenzioni di molti neodiplomati. E per il sostegno di università e ricerca, per ora, il governo non ha indicato cifre. 


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