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L'Unità - se questo è un regime

Se questo è un regime di Nicola Tranfaglia La discussione all'interno della sinistra sul fatto se, dopo otto mesi, il governo Berlusconi ha già configurato un vero regime autoritario o se sta an...

27/02/2002
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l'Unità

Se questo è un regime
di Nicola Tranfaglia

La discussione all'interno della sinistra sul fatto se, dopo otto mesi, il governo Berlusconi ha già configurato un vero regime autoritario o se sta andando velocemente in questa direzione, rischia di essere accademica e persino inutile se non ci atteniamo agli elementi di fatto che caratterizzano l'attuale situazione.
Vediamo di elencare quelli che ci paiono di maggior rilievo. Per accontentare i giornalisti che alzano alti lamenti sui quotidiani e in televisione sugli eccessi di noi apocalittici (la scelta dell'appellativo da parte loro è già significativa) diremo subito che la libertà di informazione è in grave pericolo nel nostro paese.

Il presidente del Consiglio, proprietario di tre televisioni e in grado di controllare la quarta, si è appena impossessato delle altre tre pubbliche. Gode nel Consiglio di amministrazione della Rai di una salda maggioranza e potrà intervenire quando e come vuole sull'informazione politica e di ogni genere: basta vedere come i telegiornali hanno parlato negli ultimi giorni della pacifica manifestazione milanese per la giustizia per avere un'idea più precisa della cronaca politica a reti unificate che irradierà nel paese da adesso in poi. Non mi dilungo sulla carta stampata ma sappiamo tutti che i quattro quinti dei quotidiani e dei settimanali obbediscono alla linea dettata dal governo: ci sono quotidiani che ultimamente non potendo ignorare le manifestazioni che si svolgono ormai in molte città italiane hanno inventato i pensatori "antiapocalittici" o hanno dato grande spazio a convegni con venti persone pur di parlare poco e male di quel che è successo al Palavobis o in altri luoghi. Quanto alla giustizia, dopo aver definito "toghe rosse" tutti i giudici che difendono l'autonomia della magistratura, ora si preparano a far approvare dal parlamento una legge delega che pone i pubblici ministeri sotto il comando dell'esecutivo e indebolisce fortemente l'organo di autogoverno dei giudici. Se a questo si aggiunge l'interferenza diretta della maggioranza parlamentare sui processi in corso a Milano, attraverso le azioni improvvise del ministro Castelli e la delibera degli inizi di dicembre, che detta ai magistrati le regole dell'interpretazione (una delibera che no ha precedenti nella storia repubblicana!), si ha il quadro complessivo di un assalto mortale all'indipendenza del potere giudiziario. Ma l'offensiva del governo non si limita a questi due capitoli che pure sono decisivi per l'allarme democratico che si è diffuso tra gli italiani di ogni colore.
Ci sono altri capitoli che preoccupano non gli estremisti di cui parlano i giornali e gli esponenti della cosiddetta Casa delle libertà, ma quei cittadini che vogliono difendere la costituzione vigente e al democrazia repubblicana.

Penso alla legge delega sulla scuola approvata dal Consiglio dei ministri che disegna un'istituzione divisa in due canali e chiede a ragazzi di tredici anni e mezzo di scegliere tra l'accesso ai licei e la formazione professionale con l'inevitabile risultato che quelli che provengono da famiglie agiate o colte andranno ai licei e gli altri, quelli poveri o disagiati, sceglieranno una strada di cui sarà estremante difficile tornare indietro. Per non parlare di un progetto di formazione degli insegnanti che rischia di rivelarsi come un abbassamento del loro livello culturale e un attentato alle lauree specialistiche delle Facoltà umanistiche e, quindi, alla effettiva applicazione della riforma universitaria, così come era stata pensata. Oppure penso all'attacco portato al movimento sindacale e ai lavoratori con il piano Maroni che non si limita a porre in discussione l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma delinea una futura società fatta di individui atomizzati e in grado di difendersi sul mercato del lavoro solo in particolari momenti della loro carriera o in condizioni eccezionali e lasciati altrimenti a una lotta impari con i loro datori di lavoro. O ancora al disegno di legge Berlusconi-Fini che, di fronte ai problemi dell'immigrazione, sceglie la strada dell'esclusione e del pugno di ferro invece di affrontare i problemi di una società che ha bisogno di nuovi lavoratori e deve creare le condizioni per una convivenza pacifica.

Se a tutto questo (e ad altro ancora che non possiamo ricordare in questo articolo) si aggiunge l'attuale battaglia parlamentare per far approvare il disegno di legge Frattini sul conflitto di interessi, la misura appare davvero colma. Chiunque abbia seguito nelle settimane scorse la discussione sul conflitto di interessi sa che la legge Frattini è fatta apposta per consentire a Berlusconi di continuare ad essere il proprietario di televisioni, giornali, case editrici, cinema, assicurazioni e via dicendo e di essere, nello stesso tempo, il capo del governo senza un'effettiva possibilità di controlli e di sanzioni decisive salvo quelle di un'opinione pubblica già convenientemente controllata dal Cavaliere. Basta vedere come in questi giorni tutti gli esponenti della maggioranza e i mezzi di comunicazione si stringono intorno al capo carismatico per rendersi conto di come siamo ormai vicini all'instaurazione di un regime. Non è necessario, e neppure pertinente, parlare di fascismo, giacché la storia, più che ripetersi, inventa sempre nuove forme di atidemocrazia e di autoritarismo e qui siamo di fronte a un governo e a una compagine politica e sociale che vuole costruire un regime di tipo peronista, populista e plebiscitario, che chiede alle masse di essere corporative ma non politicizzate, che mette in discussione le libertà fondamentali senza nessun rispetto per le conquiste democratiche dell'Italia repubblicana. L'attacco alla prima parte della nostra costituzione è ormai nei progetti di chi vuole costruire un regime presidenziale con un presidente eletto che dispone anche dei poteri di governo: è la seconda fase del progetto Berlusconi e Fini se riusciranno a consolidare l'attuale situazione.

La sinistra ha davanti non il compito di lasciarsi andare a mere disquisizioni ma di raccogliere tutte le forze democratiche, soprattutto fuori dei palazzi, e mettere in piedi un progetto nuovo di alternativa, senza dimenticare l'urgenza di un'opposizione efficace e incalzante in parlamento come nelle strade e nelle piazze.

Sono otto mesi che lo stiamo dicendo in tutti i modi e, a questo punto, mi pare che gli italiani incomincino ad accorgersene.