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L'Unità-Opposizione, professionisti e volontari

Opposizione, professionisti e volontari di Furio Colombo Prendo una frase dal discorso con cui Enrico Boselli ha inaugurato, l'altra settimana, il congresso del suo partito, lo Sdi: "La vera oppos...

21/04/2002
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l'Unità

Opposizione, professionisti e volontari
di Furio Colombo

Prendo una frase dal discorso con cui Enrico Boselli ha inaugurato, l'altra settimana, il congresso del suo partito, lo Sdi: "La vera opposizione la fanno i riformisti".

Personalmente mi trovo meglio con la famosa frase di Charlie Brown, che diceva: ho bisogno di tutti gli amici che ho, non posso permettermi di lasciarne fuori qualcuno.

Però mi colpisce che nella frase citata, e che si ascolta con frequenza fra deputati, senatori e leader di partito in tutto l'arco della sinistra, si sovrappongono tre argomenti che invece è utile e logico guardare e commentare uno alla volta per capire di che cosa stiamo parlando.

I tre argomenti, o momenti, o piani diversi del riflettere sul "che fare" sono l'opposizione (come si deve fare e se sia compito esclusivo del professionismo politico), il riformismo (se sia uno stato d'animo, una tecnica come lo Yoga o un modo tipico di tutta la vita democratica, a sinistra, di fare politica), e le elezioni (tipica la frase: "Fate, fate, in quel modo non vincerete mai").

* * *

Dunque l'opposizione. La prima regola è non gelarla, non spingerla via nel momento in cui viene avanti e si manifesta da sola sotto le finestre di chi è chiamato a fare politica dentro i partiti e dentro le istituzioni parlamentari. È sconsigliabile andare in giro a dire, più o meno brutalmente: lasciateci lavorare. E non è molto sensato passare parola e dire "Nanni Moretti e i suoi girotondi sono i Nanni e le ballerine di una egemonia culturale che ormai è morta" (Ugo Intini). E anche: "Non sta a me dar lezioni alle amiche dei girotondi, ma non devono pretendere di svolgere una funzione che spetta ai partiti" (Livia Turco). Oppure: "Il limite di alcuni movimenti che hanno occupato la scena della contestazione al governo è di contenere un forte elemento di delegittimazione dei poli della dialettica politica e parlamentare. La volontà dei promotori era di mettere in evidenza la presunta inadeguatezza di una opposizione parlamentare debole dinanzi a un governo illegittimo e - quasi - illegale" (Umberto Ranieri).

Sono dichiarazioni molto diverse, Intini è sarcastico, Livia Turco è pedagogica, Ranieri vede delegittimazione.

Ma tutti (penso ai tanti altri, anche autorevoli, interventi di questo genere che non ho citato) sembrano immaginare l'opposizione come un mestiere che non si deve fare con troppe mani. Forse è bene offrire, su questo punto, un suggerimento che viene da un po' di esperienza di altri fatti del mondo. Se, quando, si solleva nell'opinione pubblica un vento di sentimenti d'opposizione forti e vivi e motivati e tenaci abbastanza da persistere e anzi crescere nei giorni e nelle settimane e nei mesi, non solo è imprudente fermarlo, ma è meglio sapere subito che è impossibile. Meglio prendere atto che è accaduto qualcosa che ha fatto scattare presenza e partecipazione e ha respinto il nemico mortale, l'apatia.

L'idea che l'opposizione sia un percorso specialistico che deve essere seguito secondo manuale da personale esperto, suggerisce che qualunque partecipazione spontanea può scombinare la strategia e far danno. Il risultato è la solitudine. Il sospetto, e anzi il tormento, che qualunque nuovo arrivo in piazza significhi un giudizio negativo su quel che stai facendo tu in aula, è ingiusto e destinato ad allargare quella solitudine.

L'opposizione (la strategia, lo schieramento, i temi, i modi, i toni) ha un primo grande dovere: far sapere che esiste attraverso le cose che fa, che dice, che inizia, che provoca. Non ci saranno mai abbastanza girotondi, mai abbastanza Palavobis.

La democrazia, come Charlie Brown, ha bisogno di tutti gli amici che può avere.

* * *

Se sia il riformismo la strada della vittoria, è questione diversa. Sentite il parere di Ugo Intini: "Il riformismo è la sinistra che fa i fatti, i fatti possibili. E vince. Il massimalismo è la sinistra che fa le chiacchiere. E perde". Il problema non è se Intini abbia torto o ragione. Il problema è se l'energia e la passione riformista siano state indirizzate nel canale dove quell'energia e quella passione erano attese. Tra le fila dell'opposizione la domanda che circola non è se tu sei o non sei riformista, ma se anche tu sei deciso, con tutte le forze che hai, a non tollerare l'immenso e vantato conflitto di interessi, l'insulto alla giustizia, la violazione della Costituzione e la promessa di vandalizzarla, la presa di possesso dell'informazione, la predicazione di xenofobia, di rabbia, di egoismo cattivo della Lega. Se anche tu ti senti offeso ogni volta che Berlusconi dà la sua versione dei fatti (in essi Enzo Biagi e Michele Santoro diventano "criminosi"), se anche tu senti che è necessario difendere i giudici schierarti insieme con i sindacati e pensi che sia intollerabile l'agire congiunto di un governo di tutti, insieme con l'associazione padronale di una parte e dei parziali interessi.

Ma qui si arriva al problema "elezioni" e a un equivoco che forse viene dal mondo e dal tempo dei tanti partiti, dei tanti continui aggiustamenti, dai tempi del dosaggio proporzionale, che aveva un che di farmaceutico e richiedeva gesti molto misurati in spazi molto contenuti.

Ti domandano continuamente: ma quelli di destra come li raggiungi, come li coinvolgi?

Nel sistema bipolare che contrappone due grandi schieramenti, il consenso si forma attraverso il mutare continuo di sensibilità, di umori, lo scarrucolare da una parte all'altra di delusi e di persuasi, il vasto smuoversi di punti di riferimento, di cose capite, di idee che ispirano in una continua trasformazione simile ai grandi venti che cambiano all'improvviso il profilo delle dune dei deserti.

La stessa vittoria di Berlusconi non si spiega con l'accumulo di cauta e quieta moderazione, non è stata la creazione e definizione di un nuovo territorio politico, come adesso a volte si sente dire. Piuttosto si è realizzata con una vigorosa e continua presenza in scena, con riflettori accesi e toni altissimi, con una campagna elettorale lunga cinque anni, iniziata il giorno stesso in cui è stato inaugurato il parlamento dell'Ulivo.

Il tono morale è stato pessimo, una spinta all'emergere di tutti i sentimenti peggiori, dall'egoismo personale alla xenofobia. Ma la strategia ha mostrato un carattere che si ritrova in tutti i sistemi bipolari. Devono sapere che esisti, che cosa vuoi, che cosa pensi, che cosa proponi e chi sei, per votarti.

Come si vede, tanti dibattiti diversi tornano a un solo punto essenziale: che opposizione stiamo facendo e quanto siamo capaci di far sentire le nostre ragioni gravi e urgenti di opporci?

Non è una prova d'esame per chi è già al lavoro. È la chiamata a raccolta di tutti coloro che hanno ragioni per unirsi. A voce alta e chiara.


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