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L’ordinaria, la speciale e la…differenziata

di Pippo Frisone

25/02/2019
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ScuolaOggi

La proposta di dare attuazione alla cosiddetta “autonomia differenziata”, a richiesta delle regioni con la modifica  nel 2001 del titolo V della Costituzione, è stata rinviata. Il Consiglio dei Ministri  che doveva licenziare il ddl che recepiva  le Intese  con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, di fronte alle sopravvenute perplessità  del Movimento 5 stelle, si è concluso con un nulla di fatto.  L’allarme suscitato dalle varie bozze che in questi giorni circolavano in tutta segretezza ,  le reazioni e i ripetuti appelli, compreso quello  dei sindacati lanciato in piazza S.Giovanni  il 9 febbraio, han fatto da scudo al precipitare degli eventi che volevano dare attuazione ad un punto qualificante del contratto di governo Lega-5 stelle(art.20). Procediamo con ordine.L’ Emilia Romagna chiede l’autonomia differenziata su 15 delle materie cosiddette concorrenti tra Stato e Regioni mentre Lombardia e Veneto, dove c’era stato un referendum,  chiedono più autonomia su tutte e 23 le materie. Quali sono queste materie lo prevede l’art.117 riformato, sulle quali lo Stato controlla e detta i principi generali  mentre alle Regioni è affidata l’attuazione pratica: Rapporti internazionali e con la UE delle Regioni – Istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e formazione professionale  –  Ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all’innovazione per i settori produttivi – Tutela della salute – Alimentazione – Ordinamento sportivo –Protezione civile- Governo del territorio – Porti e aeroporti – Reti di trasporto e navigazione – Previdenza complementare e integrativa –Coordinamento finanza pubblica e tributaria – Valorizzazione beni culturali – Casse di risparmio-Casse rurali -Aziende di credito a carattere regionale –  Enti di credito fondiario e agrario regionale. Su tutte queste competenze concorrenti, l’art.116 della Costituzione prevede che le Regioni possano chiedere  condizioni particolari di autonomia, tramite Intesa  con lo Stato, approvata a maggioranza assoluta delle Camere.  E più avanti,  l’art.119 prevede che la legge dello Stato istituisca un fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Dove il dibattito si è maggiormente  incentrato è stato proprio sulla regionalizzazione del sistema dell’Istruzione. Da una parte le Regioni Lombardia e Veneto, dall’altra tutto l’associazionismo studentesco, le organizzazioni sindacali uniti in un fronte comune e contrario per arrivare fino alla Cei.     Tra le forze politiche contrarie, oltre a quelle dell’opposizione si sono aggiunte le perplessità dei penta-stellati.  Il passaggio delle competenze sulla scuola  dallo Stato alle Regioni, avrebbe come prima conseguenza sul reclutamento i  concorsi regionali e poi organici regionali, contratti di lavoro regionalizzati. Regionalizzare la scuola, significa destrutturare l’attuale sistema educativo e formativo nazionale, approfondendo ulteriormente  il divario oggi esistente,  tra scuole di serie A e scuole di serie B. E’ questa la denuncia che traspare nel documento-appello-unitario di tutte le sigle sindacali. Significa anche frammentare il diritto all’istruzione degli studenti, le condizioni contrattuali e organizzative dei docenti, il reclutamento, il sistema di valutazione, significa anche condizionare e mettere sotto controllo politico  l’autonomia  delle scuole e degli  stessi organi collegiali. Ma il nodo vero, soprattutto per Sanità e Scuola, è il cosiddetto residuo fiscale che le regioni in questione vorrebbero trattenere per sé. Se nella scuola il costo-medio  per studente a livello nazionale è di € 537 mentre in Lombardia è di € 443 e in generale più basso al nord che al sud, la differenza nel caso della Lombardia  di  € 94, verrebbe trattenuto e speso all’interno della regione. Stesso ragionamento per la Sanità pubblica, già largamente regionalizzata.                                                             In assenza di una legge sui livelli essenziali delle prestazioni, il rischio che si realizzi una secessione strisciante, ribattezzata “la secessione dei ricchi”,  è oramai dietro l’angolo.                               Dopo l’autonomia ordinaria, quella delle regioni a statuto speciale, adesso anche  quella  differenziata, forse sono un po’ troppo per uno Stato sempre più malfermo come il nostro che privato di un sistema unitario nazionale dell’istruzione,  oltre ai  principi e valori che restano a salvaguardia dell’integrità  e dell’unità della Repubblica italiana rischia di perdere anche la propria anima.


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