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L’istituto italiano di tecnologia, il Cnr e i fondi per la ricerca: posizioni a confronto

Quello che segue è uno scambio di posizioni tra Roberto Defez, ricercatore del Cnr, e le Relazioni esterne dell’Istituto italiano di tecnologia. 

18/09/2017
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La Stampa

L’intervento di Roberto Defez su la Stampa del 13 settembre 2017 dal titolo: «Fondi per la ricerca, un po’ di ossigeno»  

Dopo anni di stenti e di umiliazioni per la ricerca scientifica italiana la ministra Fedeli annuncia a Cernobbio che ha deciso di stanziare 400 milioni di euro per i progetti Prin, ossia per finanziare la ricerca di base italiana. Questa scelta e questi importi non hanno precedenti in Italia. I bandi Prin del Miur (ministero dell’Istruzione Università e Ricerca) sono bandi che finanziano la ricerca fondamentale, sia scientifica che umanistica, incentrata su attività delle Università italiane. Fino ad oggi sono stati finanziati pochissimo e inoltre con un costante trend in calo. Nel 2004 i bandi Prin erogavano circa 130 milioni di euro che poi sono andati scemando fino ad essere impalpabili. Nell’ultimo bando Prin, chiuso nel 2015, sono stati distribuiti 91 milioni di euro, ma solo perché si sono sommati i fondi di tre annualità: ossia i bandi Prin non solo valgono oggi circa 30 milioni di euro l’anno, ma inoltre sono anche episodici.  

Immaginate ora i temporali autunnali che cadono dopo l’interminabile siccità patita sia in primavera che in estate nelle regioni meridionali: provocano disastri e smottamenti. Il terreno riarso e brullo non trattiene le piogge (che spesso sono anche torrenziali) e così ecco frane e allagamenti. Anche il terreno dei laboratori di ricerca, prosciugato di fondi e con giovani generazioni a cui non si riesce a dare il minimo per sostenerli allo studio e alle ricerche, attende questi finanziamenti per sopravvivere. Per queste ragioni i fondi per la ricerca hanno bisogno di essere erogati con tempi e scadenze certe e non decisi ogni volta con leggi di bilancio in maniera estemporanea. Non a caso 250 dei 400 milioni derivano dai fondi accantonati dall’Iit (Istituto Italiano di Tecnologia) che viene finanziato tutti gli anni da 14 anni con circa 100 milioni di euro. Ogni anno quasi cento milioni. Non cambia, non varia, non dipende dalla maggioranza di governo. Tutti gli anni la stessa cifra. Nel caso dell’Iit i fondi in eccesso si sono andati accumulando negli anni: 430 milioni di euro in un conto presso la Banca d’Italia. Oggi 250 di questi 430 milioni dormienti tornano a bagnare le bocche asciutte dei tanti ragazzi che stanno attraversando il deserto (di stipendi e di fondi per fare ricerca) nei nostri laboratori. Gli altri 150 milioni invece (per arrivare a 400) derivano da «pieghe di bilancio» come ci spiega la farmacologa e senatrice a vita Elena Cattaneo a suggello di una lunghissima ed aspra battaglia che ha condotto in maniera «ostinata e contraria» (citando Fabrizio De André) per recuperare fondi alla ricerca scientifica pubblica.  

Pieghe di bilancio. Non sapevo che un bilancio avesse delle pieghe, pensavo avesse delle pagine e delle tabelle, non delle pieghe. E poi, questo, ha delle pieghe piuttosto capienti!  

Si deve sottolineare la scelta della ministra Fedeli di usare tali fondi per Ricerca e soprattutto per la ricerca di base, visto che tantissimi fondi (in testa i fondi Pon) finanziano soprattutto le aziende più che i laboratori di ricerca. Ossia in Italia si assiste al paradosso che invece di essere le imprese a finanziare la ricerca, sono i fondi comunitari e nazionali che finiscono per fare abbeverare le imprese allo stesso pozzo dove cerca di dissetarsi la ricerca italiana. Anzi per i fondi Pon ben il 70% finisce alle aziende e solo un misero 30% alla ricerca pubblica. La scelta dalla ministra Fedeli è tanto più encomiabile perché avviene in un momento non proprio florido per l’intero Paese. 

Ma torniamo all’acqua, alle frane e agli allagamenti. Nessuno tema che i 400 milioni siano un’alluvione. La Francia eroga circa 500 milioni di euro l’anno tutti gli anni per la ricerca di base e tali fondi non includono la ricerca umanistica quindi sono circa 20 volte superiori ai fondi erogati con l’ultimo Prin. Nel Regno Unito il sistema è più complesso, ma i fondi annui sono 600 milioni di euro, ossia 24 volte più dell’ultimo Prin nazionale.  

Non si capisce ancora se questi 400 milioni finiranno in un solo bando, oppure se verranno spalmati su più anni (sì, perché i fondi in Italia si «spalmano»). Per oggi ci accontentiamo di avere una boccata d’ossigeno, ma da domani si dovrà fare in modo da rendere strutturale questa buona notizia.  

La replica dell’Istituto italiano di tecnologia (15 settembre 2017)  

Nell’intervento del ricercatore Cnr Roberto Defez si compara la dotazione ordinaria di ITT, (cioè la dotazione che tutti gli enti hanno per pagare stipendi e infrastrutture) con i fondi addizionali competitivi come il Prin, aperti a tutti gli enti attraverso bandi competitivi. E’ indubbio che i fondi competitivi siano pochi, ma non ha senso metterli a confronto con la dotazione ordinaria degli enti, tantomeno con quella del solo IIT. I 100 milioni di IIT (che con la spending review 2016 sono 96 e nel 2017 saranno 94) sono fondi ordinari pari a circa l’1% dei fondi pubblici in ricerca e università (circa 9,5 miliardi nel 2016), e a circa il 6% se si considerano solo gli enti di ricerca. Con tale dotazione IIT sostiene le sue infrastrutture e il suo personale (1560 persone). A titolo di esempio il Cnr, il maggior ente di ricerca italiano, ha una dotazione ordinaria di 563 milioni (bilancio 2015), circa il 7% dei fondi pubblici complessivi (30% dei fondi per gli enti di ricerca). Tale dotazione consente all’ente di far funzionare la sua grande infrastruttura con un personale pari a 869 amministrativi, 2375 tecnici, 5128 ricercatori. Non è difficile calcolare che il finanziamento procapite è comparabile. Per quel che riguarda le disponibilità liquide di IIT, si tratta di risparmi effettuati nella fase di avvio. Nei primi due anni (2004-2005) è stato elaborato statuto, organizzazione e missione. I primi spazi nel complesso di Genova sono stati messi a disposizione nel 2006. Per 40 mesi sono stati effettuati i lavori di demolizione e ricostruzione dell’edificio. Il primo laboratorio è stato inaugurato nel 2007 l’ultimo nel 2010. Nel frattempo sono iniziati i lavori di costruzione dei laboratori nella rete nazionale in una decina di sedi fino a 45 mila mq di oggi. Il personale è passato da poche unità nel 2006 a qualche centinaio nel 2010 sino a oltre 1000 nel 2012. La spesa è cresciuta coerentemente con questo sviluppo che segue i tempi del codice appalti oltre a quelli di tipo tecnico e del reclutamento. In base alle regole contabili dello Stato le risorse non impiegate sono rimaste in un conto infruttifero di tesoreria presso la Banca d’Italia. Questa gestione delle risorse pubbliche di IIT è stata monitorata dai Ministeri vigilanti Mef e Miur e dalla Corte dei Conti. Mettere a disposizione del Miur una parte cospicua del risparmio di gestione pregresso è il risultato di questo rapporto di collaborazione istituzionale fra IIT e i Ministeri vigilanti.  

La controreplica di Roberto Defez (16 settembre 2017)  

Nella nota su La Stampa del 16 settembre, l’ente IIT mi cita personalmente facendomi dire cose che non ho scritto e non penso. La nota IIT paragona due enti, IIT e CNR, con ruoli e funzioni totalmente diversi essendo il secondo un ente pubblico dello Stato e il primo una fondazione di diritto privato. In questo paragone viene messa a confronto la dotazione ordinaria statale per pagare il personale e le strutture al CNR e quanto IIT riceve dallo Stato. Per IIT vengono messi in computo 1560 unità di personale (inclusi studenti e personale precario) e circa 100 milioni ricevuti dallo Stato ogni anno. Per il CNR vengono conteggiati 8372 dipendenti tutti a tempo indeterminato, senza includere studenti, precari ed ospiti. 

Secondo tali numeri, esposti da IIT, ogni unità di personale IIT riceverebbe dallo Stato Italiano 64102 euro, contro i 67247 euro che invece riceve ogni unità CNR solo per ogni dipendente assunto a tempo indeterminato. Questo calcolo è sbagliato. Esso infatti considera come unità di personale al pari dei ricercatori, oltre 800 unità (borsisti, studenti) per IIT, mentre nel computo del CNR che opera in circa 500 sedi in Italia e che ha ruoli istituzionali (analisi dei terremoti, della meteorologia o di esplorazioni in aree remote) le unità di personale citate si riferiscono ai soli dipendenti. E’ fuorviante dividere il denaro che IIT riceve dallo Stato per le unità di personale includendo studenti e post-doc, e non farlo per il CNR (sono forse 20mila i borsisti CNR). Questo meccanismo a fisarmonica di conteggio del proprio personale si contraddice quando IIT si fa valutare da ANVUR (l’agenzia che valuta la qualità della ricerca) dove dichiara che la ricerca viene svolta da soli 156 ricercatori. Ma allora quali sono i numeri da paragonare? Se si vogliono paragonare solo i ricercatori dei due enti, ogni ricercatore IIT ha come dotazione ordinaria 615 mila euro (96 milioni diviso 156 ricercatori IIT) ed il CNR 109 mila euro (563 milioni diviso 5128 ricercatori CNR). Si aiuta meglio il lettore consentendogli di fare paragoni omogenei.