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L'Invalsi fa bene

Insomma sbrigati, fannullone, qui c’è la meritocrazia, metti le crocette oggettive, venti minuti per quaranta domande.

23/06/2011
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Anteo Crocioni

Invalsi è proprio un bel nome. Fa molto Carosello pubblicitario. Mi fa venire in mente le pasticche e le caramelle alla menta ed eucalipto, dolci e balsamiche, che fanno bene alla gola. “Scusa, ho un po’ di raucedine, mi daresti un’Invalsi?”. Ma potrebbe anche essere, più seriamente, un ansiolitico registrato al SSN, oppure un calmante per il mal di testa. Insomma, con un’Invalsi, si sta meglio. Invece alla mia collega Bellobianco e al collega Serpelloni l’Invalsi ha procurato ansie e mal di testa. La Bellobianco è una collega all’antica, di quelle che “ l’insegnamento è una missione”. Serpelloni, invece da quando la moglie è scappata con un campione thailandese di taekwondo, ha poca voglia di tornare a casa, la sera, perché si sente solo. Così la Bellobianco e Serpelloni, mentre i colleghi accampavano pretesti per andarsene (“ho il cane dal veterinario, devo andare a prenderlo…”) si sono messi, la sera di qualche giorno fa, a incasellare nel computer della scuola i dati dei test Invalsi per la scuola media. Armati di thermos di caffè e di relativi biscotti, hanno fatto mezzanotte per valutare oggettivamente i risultati degli alunni.

 L’alunno Descentini, soprannominato Talpone, perché sta sempre con la testa sul banco, palpebre mezze chiuse, aveva degli ottimi risultati. Sin qui, la Bellobianco era pedagogicamente entusiasta: “Ecco che in vista degli esami Descentini ha dimostrato impegno, lo sapevo che si sarebbe messo a studiare!” Il dubbio si è insinuato quando l’alunna Gargaretti, sempre prima della classe, ha avuto un esito tanto mediocre da far pensare che si fosse improvvisamente rincitrullita. Emozione da esami? Stress da studio? Con questi dubbi sono rientrati a casa, ma forse Serpelloni no, si mormora che la notte vada nelle sale gioco a puntare contro il campione thailandese di taekwondo ubriacandosi di sambuca.

Tutto si è spiegato il giorno dopo. Email del ministero: tutte le griglie di valutazione sono sbagliate. Scusate il disturbo, tutto da rifare. Descentini ritorna il Talpone di sempre, la Gargaretti ridiventa allieva modello. Serpelloni continua a bere sambuca.

 I colleghi stanno a scuola  ancora sino a mezzanotte, per rimettere a posto i dati nel computer, tanto la Gelmini dice che non c’è alcun danno, chi protesta lo fa perché è comunista. Ma i colleghi non riescono a correggere, perché quella email dell’Invalsi, contorta e sgrammaticata, non si capisce. “Se il risultato è ventuno, va tutto bene”, se ” tra diciotto e venti, rivedere”, “se è sedici sicuramente sbagliato”, qualcuno da Napoli scrive “se è quarantotto, morto che parla”.  Viene convocato il collega Sommersi Cocchi che, avendo un dottorato in ermeneutica, forse può interpretarla.  Ma non ci riesce  e davanti allo sfinito e sconfortato Sommersi Cocchi si decide di chiamare Roger Abravanel, esperto della valutazione oggettiva, quello che se una scuola non ottiene risultati oggettivi, oggettivamente la chiudiamo. Standard nazionali per tutti, attraverso test oggettivi e precisi. Vero/falso, falso/vero, metti la crocetta, un due tre, se non sai la risposta mettila lo stesso, sarà un punto in meno, ma se non rispondi sono due meno. Insomma sbrigati, fannullone, qui c’è la meritocrazia, metti le crocette oggettive, venti minuti per quaranta domande. 

Ma Abravanel non si trova, non è in casa.  Che sia andato in sala giochi a bere sambuca? 

 

da ècole

 

 


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