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L'integrazione dei saperi per vincere le sfide della modernità

Di fronte al cambiamento che evoluzione tecnologica, cambiamento climatico, diseguaglianza stanno imponendo, le università devono uscire dalla propria tradizione che vuole le aree disciplinari chiuse in se stesse per intraprendere la strada dell'integrazione dei saperi

25/11/2019
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La Stampa

L'integrazione dei saperi per vincere le sfide della modernità
Gianmario Verona*
Ricorderemo il 2019 come l'anno in cui si è avviata una seconda guerra fredda tra Stati
Uniti e Cina, le turbolenze sul fronte geopolitico, dall'America Latina al Medio Oriente,
all'Asia non si sono arrestate, la Brexit ha manifestato tutta la sua contraddittorietà, i tassi
di interesse bancari sono restati negativi, le deep-fake e il connubio tra intelligenza
artificiale e social media hanno manifestato il loro lato più oscuro.
Ma il 2019 è anche
l'anno in cui abbiamo compreso che non è possibile banalizzare la complessità del mondo
contemporaneo e che, di fronte alla complessità, occorre dare soluzioni coerenti, ovvero
altrettanto complesse. Il 2019 è quindi l'anno della consapevolezza e dell'apertura alla
complessità. A fronte di un mondo occidentale che fatica a crescere, non è più possibile
una risposta politica di chiusura delle frontiere. Il 2019 è l'anno in cui si è smesso di parlare
di uscire dall'euro, ma si discute di come renderlo compatibile con una crescita sostenibile
nei diversi paesi. L'anno in cui si colgono i primi segnali di un mutato atteggiamento a
livello europeo sul tema dell'immigrazione. L'anno in cui l'Europa ha compiuto un passo
nella giusta direzione nel tentativo di regolamentare il digitale attraverso il Gdpr.
Questa
maggiore consapevolezza ha ridato slancio anche alla scienza economica, per sua natura
complessa: basti pensare ai recenti Nobel a Nordhaus per gli studi su come gli strumenti
economici possano contribuire alla politica climatica, e a Banerjee, Duflo e Kremer per
quelli sulla lotta alla povertà.
Ma quanto sta avvenendo a livello macroeconomico vale
anche a livello «micro» ovvero di impresa. L'azienda sembra sempre più rivolgersi non
solo agli azionisti ma ai portatori di interesse, che per essa lavorano o che grazie ad essa
ottengono un beneficio. Negli ultimi anni stiamo difatti vivendo un rinascimento della
nozione di etica imprenditoriale e manageriale e del concetto di sostenibilità.
Questo tipo
di attenzione porta a un'apertura inimmaginabile, ma fa anche emergere nuovi «paradossi»
di complessità: come pagare di più i lavoratori mantenendo prezzi tali da garantire
l'accesso al mercato globale? E soprattutto: come applicare l'intelligenza artificiale e le
tecnologie digitali senza perdere posti di lavoro?
Per trovare una soluzione a questi
paradossi, occorre maturare una nuova cultura e una conoscenza capace di vedere i
vantaggi là dove oggi i più vedono svantaggi. Di fronte al cambiamento che evoluzione
tecnologica, cambiamento climatico, diseguaglianza stanno imponendo, le università
devono uscire dalla propria tradizione che vuole le aree disciplinari chiuse in se stesse per
intraprendere la strada dell'integrazione dei saperi, sviluppando l'abilità al continuo
apprendimento e al pensiero critico. La sfida da vincere oggi è quella dell'integrazione
della conoscenza e per vincerla bisogna aprirsi alla complessità, contaminandosi e
abbattendo barricate. -
*Rettore dell'Università Bocconi


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